Come si trasforma un festival

Foto di Omar Padilla

Intervista a Fabio De Pasquale
Fabio de Pasquale
, direttore tecnico del festival Estate a Radicondoli, ha dato una panoramica di come è stato il festival da quando lui ha iniziato, circa undici anni fa. Molti i cambiamenti negli anni, dagli spazi allo staff, dagli spettacoli alla popolazione del paese.

Com’era il festival alla sua prima edizione?
Difficilissimo, perché ero l’unico tecnico di tutto il festival e mi ritrovavo di fronte ad una situazione vergine. Negli anni precedenti era tutto demandato ai tecnici di ogni singola compagnia e a qualcuno volenteroso del paese che – cominciando a fare teatro a livello amatoriale − dava un mano per il montaggio degli spettacoli. Quindi le difficoltà, all’inizio, erano molte.

Come si è trasformato il festival?
Per me è cambiato “dal giorno alla notte”: ho cominciato da solo e ora siamo in cinque. Ovvio che tutto è proporzionato all’attività del festival, a com’è cresciuto negli anni: oggi siamo in cinque perché si programmano anche quattro spettacoli al giorno, e occorre una copertura totale di tutti gli spazi. La nostra presenza è già indicativa di come si sia trasformato il festival.
A livello strutturale, poi, abbiamo fatto passi da gigante: l’impianto della Piazza della Collegiata, ad esempio, è una struttura importante.

E, a livello umano, come è cambiato?
C’è stata una trasformazione notevole: i primi anni la popolazione di Radicondoli partecipava molto di più. Andavo a chiedere gli oggetti per lo spettacolo porta a porta agli abitanti. Oggi sono un po’ più distaccati.

Anche in rapporto agli spazi?
All’epoca il festival era particolare perché gli spettacoli venivano riallestiti per Radicondoli. Quindi si adattavano agli spazi in cui Nico Garrone li pensava. Lui andava a Teatro durante l’inverno, aveva delle visioni per Radicondoli e decideva dove si sarebbe fatto un certo spettacolo. Quindi, insieme alla compagnia, ripensavamo la scena per il posto in cui volevamo farla.

 

Quale è stato lo spazio più strano dove hai allestito uno spettacolo?
Ce ne sono stati tanti, dal Cappuccetto Rosso di Virgilio Sieni in Piazza San Girolamo per cui si trasformò tutta la piazza e si utilizzarono balconi privati, vi partecipava la banda del paese e un’attrice danzava sopra un’Ape. Gli operai del Comune ci aiutarono con una ruspa – Virgilio mise una danzatrice su una pala meccanica! Ecco come partecipava la gente di Radicondoli.
Un altro luogo strano è stato usato per l’Amleto di Ugo Chiti, che è stato fatto al cimitero. È stato riallestito completamente lo spettacolo e, ripensandolo per lo spazio, è nato qualcosa di completamente diverso. Si è montato un teatro all’aperto con tanto di gradinata e il fantasma del padre di Amleto usciva dalla porta del cimitero, sopra la testa del pubblico, alle sue spalle.

Perché continuare e tornare a lavorare qui?
Perché quando credi in un progetto lo sposi a pieno, lo porti avanti a denti stretti anche se ti mettono i bastoni tra le ruote. Il progetto era iniziato con Nico e l’anno scorso, quando è scomparso, ci siamo sentiti obbligati a continuare. Negli anni i risultati li abbiamo avuti quindi perché non continuare…

Prospettive per il futuro…
Tristi, sarà difficile il futuro. Se cambiano un po’ le cose potrebbe anche essere facile, deve cambiare la volontà che sta a capo di questo progetto. Sopratutto economica, perché un festival del genere costa poco in proporzione a quello che si fa, però c’è bisogno di finanziamenti. Nonostante la crisi italiana, questa è una realtà forte e visibile, efficace, quindi sarebbe un peccato perderla. Si spera di far continuare questo progetto nella direzione che aveva preso con Nico.

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