A Castel dei Mondi si pensa al futuro dei Festival

da sinistra: R.Carbutti, A.Nanni, C.Cannella, N.Giorgino, S.Godelli e B.Navello

Mentre le borse mondiali subiscono variazioni febbrili, il nostro governo vacilla e la manovra finanziaria viene continuamente ritoccata, impossibile non chiedersi quale futuro avranno la cultura e quei tanti Festival pullulanti nell’estate italiana. Sicuramente sempre più precario e stressante: ci si augura soprattutto che ci sia quel domani.

The future of a promise, così recitava il titolo del primo Padiglione Panarabo presente quest’anno alla Biennale di Arti Visive di Venezia interrogandosi non tanto su un futuro promesso ormai inesistente – vivendo in un presente da reinventare giorno per giorno –, ma su dove va una promessa. La stessa domanda che si pone la cultura italiana e i tanti operatori del settore rimasti in attesa di fondi predisposti e allo stesso tempo bloccati, che non permettono di avere liquidità e realizzare produzioni, progettazioni o semplicemente pagare le compagnie invitate ai festival.

Si è parlato proprio di questo al secondo incontro, intitolato Nell’estate del nostro scontento, quale futuro dei Festival? curato dalla rivista Hystrio e dalla sua direttrice Claudia Cannella per il Festival Internazionale di Andria Castel dei Mondi. Un titolo già indicativo di una situazione scomoda che ha visto protagonisti il sindaco di Andria Nicola Giorgino, l’Assessore alla Cultura Regione Puglia Silvia Godelli, Andrea Nanni, Beppe Navello e Riccardo Carbutti, questi ultimi tre rispettivamente direttori dei Festival Inequilibrio di Castiglioncello, Teatro a Corte di Torino e Castel dei Mondi di Andria. Segnato da una concretezza molto apprezzabile rispetto alla sommarietà frequente in questi appuntamenti, l’incontro ha visto confrontarsi tre realtà diverse e scendere nei dettagli su scelte e situazioni pratiche.

A cominciare da Beppe Navello arrivato quest’anno a dirigere l’undicesima edizione del suo Teatro a Corte tenutosi in luglio a Torino: un Festival che guarda all’Europa, soprattutto alla Francia, e allo stesso tempo in stretta relazione con il Ministero dei Beni Culturali. La particolarità di Teatro a Corte – che ha visto quest’anno nomi che vanno dagli italiani Fanny&Alexander alle francesi Victoria Thierree Chaplin e Aurelie Thierree – è quella di chiedere agli artisti di confrontarsi con architetture storiche, realizzando spettacoli site-specific e valorizzando ancor di più luoghi artistici di gran rilievo nazionale.

Nonostante abbia questa importante eco, il Festival ha visto ridotti anno dopo anno i finanziamenti pubblici e riesce faticosamente a realizzare una progettazione di ampio respiro: non si è mai sicuri della cifra che si avrà a disposizione; l’unica certezza è che sarà ridotta rispetto all’anno precedente ma non si sa di quanto e di conseguenza è complesso avviare coproduzioni con altri paesi pensando al da qui a un paio di anni. Anche la strada di finanziamenti privati è stata tentata ma con risultati negativi, o quella dei progetti europei che comunque non vanno ad aiutare un bilancio interno precario ma a costituire un fondo per la creazione di un’ulteriore attività di programmazione. La riflessione di Navello si sofferma soprattutto sulla differenza tra Italia e altri stati europei come la Francia o la Germania, dove non sono stati effettuati tagli ai finanziamenti culturali e mentre il nostro Paese investe lo 0,21% del Bilancio, la Francia ne prevede intorno all’1%: una differenza sostanziale.

A spalleggiare Beppe Navello ci pensa l’Assessore pugliese Silvia Godelli, una donna che non si perde in chiacchiere, diretta, chiara e determinata: lei stessa afferma come il contributo pubblico non si possa sostituire con i finanziamenti privati o europei, perché in fondo i pochi milioni diretti alla cultura sono iniqui rispetto a un bilancio fatto di miliardi. Riflessione su cui soffermarsi poiché difficilmente si analizza il quadro generale della situazione, riportando esempi e confronti con le altre spese, mentre invece servono pochi e chiari accorgimenti per mostrare, anche a coloro che non masticano il linguaggio finanziario, come in realtà tagliando molto alla cultura non si risolve il grosso buco di debito pubblico italiano. Cifre che se non vengono contestualizzate appaiono sempre esagerate per dei cittadini abituati a combattere con la quotidianità e le proprie tasche. Soprattutto sembrano alte se vengono strumentalizzate da una politica che non ha come prerogativa quella di sostenere la cultura. La Godelli continua sottolineando come abbia a disposizione circa 15 milioni all’anno e «i cittadini sono contenti per l’investimento culturale, a lamentarsi sono solamente i cugini politici. Se tolgo questi soldi non perdo nulla dal punto di vista finanziario, perdo tutto dal punto di vista del territorio e della civiltà. Crescere in cultura significa crescere in turismo». Se la situazione attuale è felice a livello di crescita culturale e turistica, è però drammatica dal punto di vista finanziario: il vero problema si concentra nel Patto di Stabilità tra Stato-Regioni il quale non permette di erogare soldi che ci sono, facendo tornare così il problema della liquidità di cui si parlava in precedenza.

Per quanto riguarda Castel dei Mondi di Andria non è questo l’unico problema: Riccardo Carbutti, ormai giunto quest’anno alla fine del secondo triennio del suo mandato di direttore artistico, esprime apertamente le sue perplessità circa la difficile gestione organizzativa e contrattuale tra uffici amministrativi comunali e macchina del Festival. Come ci ha poi rivelato poi al termine dell’incontro, un lavoro che continuamente viene rimandato e che rallenta pagamenti, contratti e permessi. Per questo il suo suggerimento è quello di creare un ufficio ad hoc che segua durante tutto l’arco dell’anno la rassegna. Operazione possibile solo grazie a un’ipotetica continuità lavorativa, con la creazione di un teatro, spazio che questa città ancora non ha, e attività alternative come per esempio laboratori scolastici da proporre durante tutto l’anno.

E come insegna Andrea Nanni, neo-direttore del Festival Inequilibrio di Castiglioncello giunto alla sua XIV edizione, fare una programmazione teatrale con attività formative, produzione di spettacoli e residenze per artisti che proseguirebbero per tutto l’arco dell’anno è possibile. Certo non è semplice, soprattutto si deve cercare ancor di più di entrare in rapporto con il territorio e di coinvolgere i privati; privati a cui Nanni ha simbolicamente chiesto di offrire una merenda durante la programmazione degli spettacoli per bambini e un aperitivo per quelli degli adulti. Un contributo semplice e allo stesso tempo un tentativo per far entrare in un’ottica culturale anche coloro che non si occupano del settore.

Se come sottolinea l’Assessore Godelli è improbabile, o quantomeno difficile, riuscire a coinvolgere i privati in Puglia, Carbutti crede invece che con la presenza di un ufficio ad hoc che curi personalmente i rapporti, si possa trovare una nuova strada. Giunto alla sua XV edizione e nato in seguito al riconoscimento di Castel del Monte come Patrimonio dell’Unesco, il Festival è infatti ormai un «marchio di qualità» come sottolinea il Primo Cittadino di Andria Nicola Giorgino che promette presto un teatro alla sua città, confidando molto sul territorio e su sinergie facendo rete piuttosto che affidarsi a finanziamenti europei. Ecco la risposta del sindaco alla pungente domanda della moderatrice Claudia Cannella circa l’utilizzo di alternative al contributo pubblico per non declassare un Festival come quello di Castel dei Mondi che ha visto l’anno scorso 19000 presenze e che quest’anno si aggira intorno alle 15000 (causa l’inutilizzo di uno degli spazi più capienti), dimostrando un sempre maggiore apprezzamento della manifestazione.

Alla fine dell’incontro a rimanere in testa sono comunque le parole dell’Assessore Godelli: ossia quella di sbloccare i soldi della cultura dal Patto di Stabilità, di vedere nei finanziamenti pubblici la vera soluzione e di «guardare alla cultura come una scelta di futuro».

Carlotta Tringali

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