Riflessioni dalla Vetrina della giovane danza d’autore

Si sono viste ben 26 creazioni in tre giorni a Ravenna alla Vetrina della Giovane Danza d’Autore: arrivano dalle diverse Regioni d’Italia e sono state scelte da una rete fitta di operatori che sostengono e animano il progetto di Anticorpi XL, coordinati da Selina Bassini e Monica Francia dell’Associazione Cantieri di Ravenna. Non si possono non nominare i 18 componenti – così tanto è cresciuto negli anni il primo network indipendente italiano dedicato alla danza – che quest’anno hanno anche ricevuto il Premio Danza&Danza 2010 per la categoria “Operatori” e sono: Anticorpi; Aterdanza (Emilia Romagna) / Amat (Marche) / Arteven; CSC Bassano Opera Estate (Veneto) / Mosaico-danza Interplay; Fondazione Circuito Teatrale (Piemonte) / Teatro Pubblico Pugliese (Puglia) / Associazione Punta Corsara (Campania) / Associazione ArtedanzaE20; Circuito Danza Lombardia (Lombardia) / Artu (Liguria) / Indisciplinarte (Umbria) / Scenari Visibili Ri Crii (Calabria) / Fondazione Teatro di Pisa; Armunia (Toscana) / Circuito F.V.G.; Bonavventura Teatro Miela (Friuli V.G.). La loro caratteristica principale, riconosciuta anche dal premio, è quella di offrire la possibilità alla nuova generazione di coreografi italiani di confrontarsi direttamente con gli operatori e di esibirsi in rassegne specifiche create per l’occasione, come le serate Anticorpi eXpLo in cui vengono mostrati alcuni dei lavori più interessanti scelti a questa vetrina e proposti nelle varie regioni in modalità differenti; Danza&Danza riconosce proprio questo «lavoro certosino di monitoraggio, selezione, tutoraggio» e il «suo ruolo di scouting artistico» di cui ancora il Ministero si deve accorgere.

Da questa vetrina sono emersi negli anni coreografi oggi arrivati a risultati di ampio interesse nazionale o internazionale (si pensi ad Ambra Senatore, presente spesso in Francia, ma anche a MK, Michela Lucenti, gruppo nanou, Francesca Proia o Dewey Dell, per citarne alcuni). Questi e altri artisti hanno mostrato i loro primi passi e progetti proprio all’interno della vetrina; da un percorso di accompagnamento iniziale sono poi riusciti a trovare la loro strada e guardare alla rete Anticorpi XL con un affetto quasi parentale. Alcuni di loro ammettono pubblicamente quanto sia stato importante il confronto con degli operatori e studiosi, grazie ai quali spesso si sono potuti superare dei limiti coreografici o approfondire spunti interessanti trovando il coraggio di iniziare un nuovo e proficuo cammino con la propria significativa cifra stilistica.

Oggi il network si è ancor più ampliato e continua a proporre un metodo di circuitazione dei giovani lavori, ma non si ferma qui; il suo è un processo in continua evoluzione che cerca e studia il modo migliore per accompagnare e tutelare i giovani danzatori in questo difficile e buio momento culturale. Ci si chiede quale sia la buona pratica per eccellenza: per esempio se fare o meno una lista delle serate eXpLo – ossia rendere noti, al termine della tre giorni di vetrina, i lavori più maturi e quindi inseriti nei possibili assetti di questo elenco, da cui poi il singolo operatore sceglie che cosa proporre al proprio pubblico. Le situazioni di regione in regione sono infatti differenti: l’attenzione per la danza d’autore sta sì aumentando, ma rimane comunque uno scarto di interessi o di educazione – nel senso di conoscenza e comprensione – degli spettatori verso un certo tipo di lavoro. Allo stesso tempo alcuni coreografi lamentano però di non circuitare abbastanza pur essendo inglobati in questa lista, poiché a chiamarli sono sempre gli stessi partner della vetrina: in questo modo è impossibile promuovere la loro ricerca. Gli equilibri rimangono molto delicati in quanto risulta difficile trovare una stabilità che sia concorde per tutti. Per questo il network ogni anno si impegna a migliorare questi scambi per renderli più proficui; i vari confronti tra artisti, operatori e critici rappresentano quindi punti di crescita fondamentali per il buon esito del progetto.

Non è semplice tirare le somma della vetrina ravennate, soprattutto perché lo sguardo con cui si osservano questi lavori deve sempre tenere conto del contesto in cui sono presentati, una sorta di rifugio protetto che ammette sbagli e dà loro un’ulteriore possibilità di sviluppo. Passi che sono giovani, alcuni alla prima esperienza, e che spesso il primo interesse di indagine è rivolto verso il sé, una delle caratteristiche più evidenti rimane però una auto-referenzialità diffusa, uno sguardo rivolto verso l’interno e al proprio io. Ad eccezione del lavoro di Helen Cerina e Claudia Giordano (Marche) – che con Dulcis in Pomerio affrontano in maniera originale un’ideale storia urbanistica fatta di zuccherini da ricomporre e far crollare – e dell’emozionante, seppur in versione qui ridotta, Waiting for suite-hope di Chiara Frigo (Veneto) – interpretato insieme a Marta Ciappina, sulle speranze riposte nel nostro oggi – gli altri coreografi preferiscono indagare i moti interiori dell’animo umano e la sfera della propria intimità.
Per fare questo alcuni si servono di fogli di sala complessi che invece di avvicinare o di far entrare l’osservatore nel lavoro, hanno un effetto completamente opposto: è questo per esempio il caso della bravissima Michela Minguzzi (Emilia-Romagna), che ha presentato con Upside down uno studio convincente per la qualità del movimento e per la sua collocazione in uno spazio aperto (il parco esterno del Museo Mar di Ravenna), ma forse limitante per la cripticità concettuale, sicuramente da sviluppare ulteriormente.

Giorgia Nardin - foto di Sofia Fernandez-Stenstrom

Moltissimi i soli visti e seppur giovani o giovanissimi, la gran parte di questi danz’autori possiede una valida consapevolezza tecnica, ma che spesso non basta per completare una mancanza drammaturgica coreografica alla base.
Tra i soli più interessanti ricordiamo quello della bravissima Francesca Foscarini (Veneto) che con Cantando sulle ossa abbandona un movimento meccanico e rigido in un urlo corporeo liberatorio; l’ipnotico Cascare dal sonno, lavoro di un’intensità concettuale e fisica di Glen Çaci (Marche) in cui il minimo e ponderato gesto del coreografo trascina nel turbinio dei pensieri prima espressi da una voce off e poi da un soundscape coinvolgente; il curioso There and then di Giorgia Nardin (Veneto), in cui la danz’autrice attraversa uno status che va dalla sfera privata a quella pubblica, chiamando a sé gli spettatori, fissandoli negli occhi e provocando un leggero disagio; l’immagine espressiva di Erika Di Crescenzo (Piemonte) in La Bagarre, mentre scende una scalinata, seduta, con in mano una piccola fisarmonica, trascinando il suo corpo con la sola forza dei piedi all’interno del Museo Nazionale di Ravenna.

Paolo Amerio e Angela Rabaglio - foto di Audrey Apers

Non esclusivamente soli in questa vetrina, ma altri sono i progetti che hanno gettato un piccolo seme di un lavoro sicuramente in crescita e in via di definizione. Come Spaghetti CO. – Avete ancora fame? di Alice Gosti (Umbria) dove insieme ad altre due performer in scena (Devin McDermott e Ahn Nguyen), la danz’autrice ricrea un interno familiare anomalo e soffocante, in bilico tra ironia e malessere. Più strutturato è DO NOT, maybe del duo Paolo Amerio e Angela Rabaglio (Piemonte): partono dalla costruzione di una storia nata all’interno di un astratto e raffinato ambiente di un tennis club, per poi approdare in una sfera più intima dove dai movimenti rapidi e coordinati si passa ad altri rallentati e sospesi.
Abbandonato il bianco candido e abbagliante di DO NOT, maybe si ritrova invece un’atmosfera sognante o incubotica in due lavori tra loro molto opposti. Il primo è Episodio 7 di NNChalance (Emilia-Romagna) dove Eleonora Gennari e Valeria Fiorini eseguono passi interrotti, sincronie spezzate in un non-luogo inquietante, in cui luci intermittenti mostrano o nascondono figure anomale. L’altro è il minimale e poetico Family Tree/Frammento #1: Volta, vincitore del Premio Prospettiva Danza 2011, di Riccardo Buscarini (Emilia-Romagna) e parte del progetto più ampio di Chiara Bersani: si spia una stanza dell’interiorità chiusa e protetta dove non ci sono ruoli ben precisi ma semplicemente corpi in comunicazione tra loro. Di natura volutamente disturbante è invece il lavoro Hush; hear me di Massimiliano Barachini, Elena Giannotti e Jacopo Jenna (Toscana): una costruzione coreografica intrecciata a un suono e un effetto luci al limite della percezione umana che mette a dura prova la propria resistenza, anche per la sua reiterazione prolungata.

Grimaco_Movimentiumani

Inoltre, da ricordare, i lavori più riusciti che coinvolgono direttamente gli spettatori, coscienti o inconsapevoli e di passaggio, in un contesto quotidiano come il divertente Agenzia Dancing Days di Emanuele De Donno e Luca Pucci (Umbria) che inverte delle etichette stereotipate proponendo balli di gruppo “anziani” su musica elettronica “giovane”; IxI No, non distruggeremo la Libreria Feltrinelli di CollettivO CineticO (Emilia-Romagna), dove i performer bendati con mazze da baseball alla mano eseguono le indicazioni date da una tastiera suonata dal pubblico e Precari Equilibri di Grimaco_Movimentiumani (Piemonte) in cui due danzatrici invadono gli spazi privati di persone in viaggio su un autobus urbano.

Questi i progetti che hanno incuriosito di più e di cui aspettiamo di vedere una maturazione e ulteriori sviluppi, grazie anche a questo importante ente che è il Network XL.
In questa carrellata torna in mente però continuamente il titolo dello spettacolo della Frigo Waiting for suite-hope, auspicabile anche per una danza che possa sì crescere e sviluppare una propria ricerca, ma anche interessarsi al sociale e agli accadimenti esterni. Affinché «un gesto possa generare un altro gesto», rubando le parole dette del Professor Alessandro Pontremoli, e non lasci la danza d’autore sola davanti a uno specchio.

Visto alla Vetrina della Giovane Danza d’Autore 2011, Ravenna

Carlotta Tringali

 

 

 

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