#appuntidiunfestival pt.3

Dopo due giornate di intensa programmazione teatrale in cui si sono succeduti fino a sette spettacoli a sera, nell’ultima data di Spring Forward è stato possibile riacquisire il tempo necessario – e minimo – per una visione che non equivale necessariamente a trangugiamento.

Nel percorso itinerante che caratterizza il festival bassanese, il primo appuntamento è stato alla Chiesa di San Bonaventura con lo spagnolo Pablo Esbert Lilienfeld. Il danzatore e coreografo, già incontrato lo scorso anno nella cittadina veneta in occasione di Choreoroam 2011, è presente quest’anno a Bassano per una duplice occasione: come performer di Folk-s, l’ultimo lavoro di Alessandro Sciarroni, e nello sviluppo di un suo progetto autonomo, Edit. In quest’ultimo spettacolo Esbert indaga il processo del montaggio cinematografico ripercorrendo, in un’unica performance, la costruzione di cinque sequenze distinte: cinque stazioni audio e video che si rivelano indipendenti l’una dall’altra solo in post-produzione.
Il passaggio al CSC Garage Nardini porta al confronto con la poetica di Mor Shani in Flatland. Anche il coreografo israeliano – attualmente impegnato in Olanda – aveva precedentemente preso parte a Choreoroam, e il lavoro ospitato al festival mette in luce lo sviluppo della ricerca gestuale avviata dall’artista nel corso della residenza bassanese, nel 2010.
La danzatrice e coreografa Chiara Frigo, dopo aver presentato Suite-Hope lo scorso anno ad OperaEstate, in una affascinante versione site specific per Palazzo Pretorio di Cittadella, porta sul palcoscenico del Teatro Remondini una delicata riflessione sull’umanità e sulla speranza. Le due danzatrici in scena (la stessa Frigo e Maru Rivas Medina) indagano l’interstizio che separa due persone, costruendo un parallelo tra la loro presenza, fisica e vitale, e quella di fragili sagome di omini di carta. Dall’enunciazione di debolezze e segreti – dal valore universale – si sviluppa una partitura coreografica volta a recuperare il contatto con l’altro. Una danza come rivalsa, una riflessione sulla condivisione intesa come possibilità di considerare l’altro anche come sostegno.

A chiudere la serata, il gruppo castigliano La Veronal con Moscow, una breve ma intensa riflessione sul tema della paura. Alla perfezione tecnica della danza classica e della ginnastica artistica, La Veronal si accosta utilizzando un linguaggio ironico, con declinazioni grottesche, per sperimentare una gestualità fortemente espressiva volta al capovolgimento della rigidità di queste pratiche.

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