Quad al cubo

Recensione a deFORMA_09, di TAM Teatromusica

foto di Claudia Fabris

foto di Claudia Fabris

Atmosfera fortemente concettuale per lo spettacolo deFORMA_09 della compagnia TAM Teatromusica. La performance ideata da Michele Sambin riporta alla mente un immaginario fantascientifico. Quattro personaggi si muovono sul piano orizzontale, spinti o trascinati, da una fune; li sovrasta in aria, lo scheletro elastico di un parallelepipedo, la cui forma si trasforma continuamente. L’ambientazione è surreale, geometrica e rigida. È una danza meccanica che porta l’eco lontano di un altro mondo. Le quattro figure si muovono su rotte prestabilite, collegate indissolubilmente agli angoli della figura: marionette in balia di una geometria  intelligente, o forse sapienti geometri?
La danza compiuta dai quattro ballerini richiama gli studi di Beckett su Quad – una coreografia studiata su funzioni matematiche che stabiliscono le entrate e uscite degli attori, i loro spostamenti sugli assi di un quadrato, senza mai farli passare per il centro; quest’ultimo è, infatti, il punto focale della performance, lo zero generatore. In questo caso gli attori  tendono ad esso, lo sfiorano, si avvicinano, perché al centro risiede il punto generatore del suono. Quattro microfoni catturano i rumori prodotti dal movimento e dal fiato dei performer, i suoni distorti e modificati (dalla poesia di Kole Leca), vengono riprodotti a creare una partitura vocale intensa e ritmata. Il movimento scandisce e viene scandito dai ritmi che produce. Un lavoro sullo spazio, uno studio sulle tre dimensioni, sul suono, sull’immagine digitale (con le rielaborazioni video e pittura digitale di Michele Sambin).

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foto di Claudia Fabris

In scena il passare del tempo, un lento divenire, un mutamento di forma e, di conseguenza, di concetto. «Forma è il limite che consente di poter definire un qualunque oggetto, idea, concetto, sensazione. Deformare è alterare la forma, darle un significato diverso dal reale» scrive Pierangela Allegro, unica donna in scena.
Visivamente un’opera interessante e stimolante; forse la presenza del testo risuona superflua e straniante. Restare sul piano concettuale avrebbe portato il pubblico ad immaginare oltre le parole.

Camilla Toso

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