Vedere voci

Recensione a Bios Unilimited – OHT, vincitore del premio Nuove Sensibilità 2008.

Bios Unlimited

In The Brooklyn Follies, Paul Auster introduce “Bios Unlimited”, una compagnia assicurativa che pubblica libri sui dimenticati. Le storie e i fatti di queste persone comuni vengono inserite nel continuo narrativo, la narrazione della vita. Questi libri sono testimoni che “tutti gli uomini contengono svariati uomini dentro loro stessi e molti di noi passano da uno all’altro senza nemmeno sapere chi siamo”.
Inizia con questa citazione di Paul Auster lo spettacolo omonimo del giovane gruppo OHT (Office for Human Theatre) composto da Filippo Andreatta, regista e scenografo della pièce, e Francesca Bucciero, ideatrice e compositrice del suono.
Una distesa di bianche ed anonime casette popola il palcoscenico, in un’atmosfera fumosa, a tratti inquietante; si accalcano una accanto all’altra, una diversa dall’altra per dimensioni e imperfezioni. Dagli interstizi emergono frammenti di racconti, dove la presenza umana è solo evocata, mai incarnata: sono frammenti di storie quotidiane, voci; raccontano ricordi, piccoli eventi della giornata di chiunque, aneddoti familiari. Lo spettatore rimane ammaliato dal continuo mutare di una scena che rimane immobile, ma animata di voci che evocano persone, mai presenti sulla scena, e da un continuo gioco di luci che ricorda ambienti cittadini, vicoli bui e ampi vuoti piazzali, con efficace dinamismo e magia.

Una geografia sonora che racchiude le vite di molti che, come in una grande città, si incontrano senza sfiorarsi, incrociando il proprio racconto, sovrapponendo la propria voce. In questa trama sonora, infatti, lo spettatore si affeziona a dei frammenti, immagina persone e luoghi, di cui rimane soltanto una vaga sensazione, come di una storia ascoltata in treno. L’uso sapiente delle luci, disegnate da Arnaud Poumarat, restituisce il dinamismo di queste vite di passaggio.

La sinestesia operata rimanda ad una presenza in assenza, quella di un cantastorie contemporaneo che, lasciando un vuoto, permette il racconto di una memoria collettiva: una pluralità di voci parlano di molti corpi, che abitano questa strana città di inerti casette bianche.


Visto allo spazio Mil, Sesto San Giovanni, (MI)

Anna Serlenga

 

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