Avere trent’anni sì, ma solo se si è a Dro

foto di Samuele Stefani

Un manichino con la mano puntata alla testa, come se avesse una pistola, fa il segno di uccidersi: in realtà ha solo trent’anni, è ancora giovane. È questa la grande immagine appesa alle mura della suggestiva Centrale Fies di Dro, in provincia di Trento: il modello anatomico creato dal gruppo teatrale Pathosformel, per il suo ultimo lavoro La prima periferia, è rappresentativo del festival di arti performative arrivato quest’anno proprio al suo trentesimo anniversario. A trent’anni si entra in pieno diritto nell’età adulta, si dovrebbero avere delle responsabilità, ma soprattutto si dovrebbe avere chiarezza sulla propria esistenza, chi si è, che ruolo si ha nella società, dove si sta andando e porre delle basi, che siano stabili, per iniziare a costruire non il futuro, ma il proprio presente. Ma questo manichino non sembra essere felice della sua età, tutt’altro: forse proprio perché oggi a trent’anni si chiede di esser equilibrati, di portare alla svolta la propria vita. Ma con i tempi che corrono nel nostro presente, e i giovani lo sanno bene – ma sembrano saperlo solo loro –, è duro ritrovarsi nell’età in cui tutti si aspettano una stabilità, è duro ritrovarsi ad avere trent’anni.

Drodesera – come viene chiamato – ospita nella sua settimana di festival – che va dal 23 luglio al 1 agosto – diversi gruppi teatrali della nuova generazione, ossia artisti che sono in pieno attraversamento/avvicinamento/superamento dei trent’anni: una cifra che pone un marchio su dei prodotti, artistici, che parlano della realtà vista da un trentenne e quindi una realtà ancora da migliorare ma su cui soffermarsi a riflettere. Le compagnie presenti nel primo fine settimana di festival affrontano temi quali la ricerca di un contatto tra chi riesce a sopravvivere in un mondo post-umano che sembra abbandonato come in I will survive di Garten, l’evoluzione e quindi come saranno i nostri avi nel futuro con L’origine della specie di Teatro Sotterraneo, la comunicazione del nulla e il paradosso esistenziale in NO-SIGNALdi Teatrino Clandestino e il meraviglioso nei gesti quotidiani in Wunderkammern di Virgilio Sieni. Chi si allontana dal mondo dei giovanissimi è Romeo Castellucci che, con la sua Societas Raffaello Sanzio, mostra con lo studio Sul concetto di volto nel Figlio di Dio (Vol.1) un mondo dove Cristo guarda indifferente la sofferenza dell’uomo o il gruppo veneto Anagoor che con Wish me luck si addentra nella dorata esistenza di Fortuny e dei suoi tessuti veneziani.

La Centrale Fies – luogo raggiungibile solamente con una navetta che rende ancora più auratica e suggestiva tutta la sede – ospita questa rassegna tra le montagne, con sale attrezzate e perfette per assolvere il compito di spazi scenici. L’atmosfera è frizzante e lo dimostrano la grande affluenza di pubblico e la convivialità che unisce operatori, artisti e appassionati intorno ad un gustoso bicchiere di vino trentino o ad una crêpe: ci si ritrova dopo gli spettacoli, se ne discute, si commenta e si balla anche grazie ai diversi dj che ogni sera animano la notte. Dro punta ai giovani e ai trentenni che, ancora in fase di crescita, hanno possibilità di migliorare la propria ricerca, trovare un confronto presentando i loro studi o lavori artistici già completati ad un pubblico attento e critico. E allora il manichino può trovare una gestualità diversa: il suo dito puntato alla tempia potrebbe anche suggerire la sua intelligenza. Tutto dipende da che punto di vista lo si guarda.

Visto a Drodesera festival, Dro

Carlotta Tringali

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