est ovest

Intramontabile Falk

Est Ovest

Recensione a Est Ovest – scritto e diretto da Cristina Comencini, con Rossella Falk.

Una famiglia di oggi con le sue dinamiche umane, condizionata da una società in continua evoluzione: nonni soli, figli assenti e nipoti che sembra parlino un’altra lingua. Bugie ed ipocrisie per mantenere intatta una patina di “bella famiglia unita” che in realtà nasconde insicurezze, paure, dolore. Riunita in occasione del compleanno della nonna, la famiglia svelerà gradualmente verità, spessori umani ed emozioni che anche i personaggi nascondono a loro stessi.

Il dramma è Est Ovest, scritto e diretto da Cristina Comencini alla sua seconda esperienza teatrale (dopo il successo di Due partite del 2006). Commuove la splendida Rossella Falk nel ruolo centrale di nonna Letizia, la storica componente della Compagnia dei Giovani e riferimento del teatro italiano, viene salutata di cuore dal pubblico che la omaggia con il calore degli applausi al suo ingresso in scena. Dirompente e delicata, pungente ed avvolgente, sul palco è nettamente l’interprete più fresca e vitale, l’unica a possedere una recitazione che coniuga spontaneità e sapiente tecnica. Falk come colonna portante dell’intero spettacolo che la Comencini apertamente dichiara “confezionato su misura” per lei.

I confronti e le debolezze in cui incorrono le dinamiche di questa famiglia italiana trovano parallelismi e differenze nei medesimi rapporti della famiglia ukraina di Oxana, – ad est come ad ovest – , la badante di Letizia, l’elemento di stimolo, simpatia e presenza costante interpretata da Merita Xhani. Il cast è eterogeneo – per età, esperienza e professionalità – , ma spicca la maestria di Luciano Virgilio.

R. FALK L.VIRGILIO
La Comencini non osa scostarsi da una linea teatrale tra il tradizionale e il semi-televisivo, sceglie la semplicità di un linguaggio scenografico naturalistico e spazialmente innocuo. Spettacolo da cui emergono soprattutto la linea narrativa e l’espressività della Falk. Discutibile, forse, la scelta di amplificarne la voce attraverso un microfono quando, non in scena, recita con la Xhani; così facendo, infatti, si instaura un dialogo non realistico tra i personaggi, il cui linguaggio si discosta nettamente dal resto dello spettacolo.

 

Il valore del testo è nelle memorie assieme alle battute finali di Letizia. Attraverso la sua voce resta concreto il senso del dolore, la durezza di affrontare la vita quando si sceglie, con coraggio, di togliere i paraocchi che oggi rendono l’Uomo sempre più un’automa: egoista, pigro, isolato e volontariamente ignaro di ciò che gli sta intorno e di quel che accade davvero dentro se stesso.

Visto al Teatro Manzoni, Milano

Agnese Bellato