intervista mimmo conte premio scenario infanzia

La finale del Premio SCENARIO infanzia 2012: intervista a Mimmo Conte

Mimmo Conte (Potenza)
Gilgamèsc

liberamente ispirato alla Epopea di Gilgamesh

drammaturgia e regia Mimmo Conte
con Mimmo Conte, Ye-He (Luca)
luci Rafael Onorato

Fascia d’età: 13 – 18 anni

Gilgamèsc di Mimmo Conte

Cosa caratterizza le diverse fasi del processo creativo in un lavoro teatrale rivolto all’infanzia?
Gilgamèsc parte da una necessità che avevo da tempo: raccontare la vita dei giovani detenuti; un’esigenza sentita anche da Ye-He (Luca), con cui condivido il lavoro in scena. Per questo il progetto guarda all’adolescenza, un’epoca della vita che segna il distacco dall’infanzia e il passaggio all’età adulta, dunque capace di grandi e repentini cambiamenti, di irrequietezza, di sentimenti vissuti in modo assoluto, che teatralmente si traducono in una grande possibilità di sperimentare, di indagare fino in fondo alle cose, di attraversare gli stati d’animo. Bisogna però dedicare un’attenzione particolare – come accade per una platea di più piccoli – allo spettatore a cui ci rivolgiamo. Non si può dimenticare la funzione didattica (non didascalica), dello spettacolo, data la responsabilità che scaturisce dal confronto con un periodo della vita in cui si formano le coscienze, in cui diventi parte in causa nel processo pedagogico. Nel mio caso, poi, trovavo interessante indagare una condizione che secondo me appartiene molto agli adolescenti, sia detenuti che non: il senso di privazione, vissuto con un’autorità istituzionale come il carcere o la scuola piuttosto che i genitori, e il desiderio di seguire i propri sogni. In questa direzione c’è la mia intenzione di sviluppare la storia in parallelo con l’Epopea di Gilgamesh, perché vi ho trovato diversi elementi utili, soprattutto l’amicizia e il disprezzo della morte, l’assenza di un limite alla vita percepito dai protagonisti, Gilgamesh ed Enkidu. Questo mi ha permesso di affrontare il lavoro anche attraverso la figura del mito, degli dei − propri della storia − che entrano spesso nella vita delle ragazze e dei ragazzi sotto forma di idoli mediatici piuttosto che, nel caso di detenuti, personaggi della criminalità organizzata, oppure del compagno di stanza che incute rispetto in tutti. Un percorso di ricerca che è fatto di tanta fisicità, nel nostro caso, ma anche di costruzione a tavolino, per non rischiare di tralasciare nulla, di distrarsi dall’intento di arrivare agli spettatori, di creare un legame “preciso” con loro. È come se lavorassi avendo sempre al tuo fianco lo spettatore a cui parlerai.

Come racconteresti la storia a un bambino dell’età alla quale ti stai rivolgendo con il tuo progetto?
A un adolescente parlerei del lavoro partendo da una domanda: «quando ti sei sentito “in gabbia” per la prima volta? Durante un’interrogazione? All’incontro scuola-famiglia? Oppure quando mamma e papà ti hanno proibito di uscire quel sabato sera? O ancora, al mare quando si ha vergogna del proprio fisico in costume da bagno…». Risposte imprevedibili: i ragazzi ti sorprendono sempre! Dopo cercherei di capire con lui se la situazione a cui ha pensato lo ha davvero messo in uno stato di disagio, probabilmente di contrasto con l’esterno, provando a fare il punto. Poi chiederei: «che cosa avresti voluto fare per ribellarti a quella situazione?». Nuovamente, le reazioni sarebbero le più disparate, anche perché ci sono più risposte possibili per la stessa cosa, più strade percorribili. Infine, gli proporrei di pensare a un amico, fratello, conoscente, che si sia sentito in gabbia o ancora lo sia: un compagno di classe, un parente o magari un detenuto coetaneo; e come questa persona dovrebbe comportarsi per reagire. Ecco, Gilgamèsc è la storia di un ragazzo che si sente in gabbia e, grazie al rapporto che costruisce con l’amico Enkidu, comprende come affrontare insieme a lui quella condizione e come inseguire i propri sogni, cercando di non distruggere tutto ciò che gli capiti a tiro. Prima che il racconto della storia, si tratterebbe di un piccolo laboratorio a tu per tu che, inoltre, mi sarebbe utile per avere più elementi nel progetto di ricerca.

Come si è sviluppato il lavoro rapportandosi alle diverse fasi che caratterizzano il Premio Scenario?
Il punto di partenza è stata la voglia di raccontare la storia che portiamo in scena, che esisteva già prima dell’ipotesi di partecipare al Premio. Scenario Infanzia è stata l’occasione per legare questa istanza all’opportunità di confrontarsi con un gruppo strutturato di professionisti che da tempo sono attenti al pubblico a cui ci rivolgiamo; dunque affrontare il lavoro con una metodologia “imposta” dall’esterno. In tal senso, il percorso cadenzato dalle tappe di selezione, ci ha permesso di indagare e sviluppare in maniera graduale i temi da cui siamo partiti. Infatti, nella fase istruttoria abbiamo lavorato per grandi linee sull’argomento, pur avendo già abbastanza chiaro ciò che sarebbe accaduto in scena e drammaturgicamente. Il passaggio alla selezione ha permesso l’approfondimento del lavoro fisico e di scrittura, mettendo una lente sulle azioni grazie alla possibilità dei venti minuti col pubblico. Per fortuna, siamo arrivati in finale, dove stiamo provando a cementare i venti minuti già proposti e a dedicarci un po’ di più ai dettagli. Certo questo non segna la fine del lavoro di ricerca, che continuerà al di là di quello che sarà l’esito della competizione.

 

Mimmo Conte nasce a Napoli. Nel 2005, fondamentale per la sua formazione è l’incontro con il maestro Emmanuel Gallot-Lavallée, con cui approfondisce l’arte del racconto, la pantomima, le tecniche di melò, rag-time e camuffamento e lo studio sul personaggio. In questa occasione, il suo percorso incrocia quello di Carlotta Vitale, con cui inizia a condividere progetti e visioni e, nel 2008, costituisce la compagnia Gommalacca Teatro. Nel 2009 segue il workshop sul corpo comico e gli stili in scena diretto da Paolo Nani, clown internazionale con cui sviluppa, in particolare, il lavoro sul timing in scena. Nel 2011 torna a lavorare con Emmanuel Gallot-Lavallé, grazie a un laboratorio sul teatro, la presenza e il gesto. Come regista, cura lo spettacolo Il gusto dellintimità, scritto con Carlotta Vitale, vincitore del “Premio Nuove Sensibilità 2010/2011”, promosso da Nuovo Teatro Nuovo, Teatro Pubblico Campano, AMAT|Teatro Stabile delle Marche e Fondazione Teatro Piemonte Europa; il lavoro viene co-prodotto dal Teatro Pubblico Campano e Gommalacca Teatro, con il sostegno del Centro Europeo di Drammaturgia della Provincia di Potenza, debuttando a luglio 2011 nel “Festival Teatro a Corte 011”, diretto da Beppe Navello. Nel 2011 cura la regia dello spettacolo Sempre con me, scritto da Carlotta Vitale e vincitore del “Premio Cecilia Salvia”, promosso dalla Presidenza della Giunta – Autorità per i Diritti e le Pari Opportunità della Regione Basilicata. Per l’infanzia e la gioventù partecipa, come attore e co-autore, a due spettacoli che trattano i temi dell’Italia risorgimentale e a un lavoro ispirato agli scritti di Gianni Rodari. Da diversi anni si occupa, con Carlotta Vitale e sempre per Gommalacca Teatro, della formazione in ambito giovanile e sociale con attenzione all’handicap e all’inclusione, all’interno di centri diurni per disabili e ragazzi a rischio e, in particolare dal 2011, all’interno dell’Istituto Penale per Minorenni di Potenza. Attualmente, è impegnato nel biennio di formazione della Scuola di Mimo Corporeo diretta da Michele Monetta, presso l’ICRA PROJECT di Napoli.

Ye-He (Luca) nasce in Cina e all’età di 5 anni si trasferisce in Italia. Attore in formazione, inizia nel 2009 il suo percorso teatrale all’interno dell’Istituto Penale per Minorenni di Bari, in cui incontra Lello Tedeschi del Teatro Kismet Opera e lavora con la compagnia Fibre Parallele, portando in scena Jukebox Kamikaze. Nel 2010, attraverso la Comunità Ministeriale di Potenza, inizia a lavorare come volontario alla parte tecnica per la compagnia Gommalacca Teatro. Intraprende il laboratorio di esercizio teatrale tenuto dalla compagnia sul testo Misura per misura di William Shakespeare, che si conclude nel 2011 con due studi sul lavoro shakespeariano, presentati nella rassegna Estetica del Virtuale – Festival Città delle 100 Scale di Potenza. Dallo stesso anno a oggi continua il suo percorso formativo all’interno della Scuola di Teatro della Città di Potenza. Dal 2011 è parte attiva del nucleo artistico della compagnia Gommalacca Teatro.

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