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Dalla Russia con Euripide e Antonio Latella

Stabile/Mobile Compagnia Antonio Latella sbarca a Novosibirsk (Siberia) con un progetto su Elettra, Oreste, Ifigenia in Tauride di Euripide

La locandina degli spettacoli

Elettra, Oreste, Ifigenia in Tauride: l’altra faccia dell’Orestea, si potrebbe dire. Legata alla fondativa trilogia eschilea, eppure così lontana; come appunto Euripide, l’autore di questi testi, è sembrato fin da subito distantissimo da Eschilo e da Sofocle. Un’Orestea di uomini comuni e non di grandi eroi, frantumata in scene autonome e nel profilo personale, negli abissi e nelle considerazioni dei singoli personaggi – i tre fratelli figli di Agamennone e Clitennestra – prima o dopo il fatto-chiave (il matricidio di Oreste), mentre la storia “principale” resta sullo sfondo, nella tipica cifra stilistica e concettuale dell’ultimo grande tragediografo classico a noi noto.

Classico si fa per dire: detestato tanto dai colleghi quanto dal grande pubblico, portatore di nuovi valori e costumi (spesso associati dalla critica a un’improbabile bassa estrazione) e perciò accusato di corrompere gli animi assieme a Socrate, che gli fu amico e forse addirittura collaboratore, Euripide fu un autore di grande rottura, che visse sul crinale delle Guerra del Peloponneso. Ovvero fra l’antica Atene, classica e democratica, e il nuovo mondo che, straziato dalla guerra civile e dalla malattia, impoverito di risorse e addirittura privato della propria celeberrima flotta, cede il passo al regno macedone (dove non a caso poco dopo si rifugiò lo stesso Euripide). Visse dunque fra l’equilibrio della classicità, con il suo pantheon di dei e il rigore delle leggi (siano esse della polis o dell’oikos) e il delirante individualismo che ne seguì, nel bene e nel male, con l’avvento di valori socio-culturali del tutto inediti. Qui ci aspetta Antonio Latella, con un “trittico” dedicato all’Orestea, o, meglio, alla sua profonda revisione euripidea. Ora in tournée in Italia con Don Giovanni e Un tram che si chiama desiderio (leggi la recensione), il regista è stato impegnato fino a poche settimane fa nel processo artistico che ha condotto all’allestimento delle tre tragedie. Un progetto di una certa importanza: intanto perché Latella torna, dopo Studio su Medea, alla tragedia classica e allo stesso Euripide, ma soprattutto perché la produzione di questo nuovo lavoro è basata a Novosibirsk, capitale del distretto siberiano in Russia. In seguito alla masterclass condotta in città a febbraio 2011, il Teatro Staryj Dom ha invitato il regista a dirigere la propria compagnia stabile di attori; Latella ha scelto Elettra, Oreste e l’Ifigenia in Tauride di Euripide e, dopo un primo momento di incontro nell’agosto scorso e le prove nel 2012, l’ensemble è giunto al debutto nelle scorse settimane (29 marzo-1 aprile) e attende ora le repliche al New Siberian Transit, festival che è la manifestazione di teatro contemporaneo più importante dell’area.

foto di Andréj Shapràn

Una compagnia stabile di attori e attrici russi incontra un regista italiano per allestire tre tragedie di Euripide: la Grecia antica coi suoi celebri eroi, la Russia di oggi, un artista che ha saputo far incontrare nel proprio lavoro il proprio paese d’origine con la dimensione internazionale, procedendo a progetti e percorsi intrecciati, e che, con la fondazione di Stabile/Mobile, ha scommesso su una compagnia che è la materializzazione di una nuova mentalità culturale, capace (come dice anche il nome) di «trovare una sintesi tra necessità di stabilità e tensione alla mobilità». Il filo rosso che lega queste diverse polarità non si trova (o non solo) nel prezioso “nomadismo” che distingue il radicamento delle produzioni di Latella e della sua compagnia, né nel semplice riavvicinamento alla culla del teatro occidentale con la grande tragedia greca. Piuttosto sembra esserci un nodo che si potrebbe dire “politico” a ritornare tanto in questo progetto così come nei precedenti (Il tram ma anche Francamente me ne infischio, ciclo ispirato a Via col vento), a indicare forse una traiettoria che il regista e il suo gruppo stanno percorrendo da un po’ di tempo: è l’attenzione per il rinnovamento, per il confronto fra le vecchie modalità consolidate e le inedite forze che spingono per il cambiamento. È proprio su questo crinale che ci aspetta, assieme ad Euripide, Antonio Latella.

Oreste, come le sue sorelle Elettra ed Ifigenia, ha perso la propria identità e non è certo accompagnato dalla guida o dal commento del Coro: tutti provengono da un mondo che non esiste più, frantumato nelle individualità che lo continuano a comporre, dilaniato da conflitti e sgretolato in tutte le sue declinazioni (sociali, politiche, ecc.). Come i personaggi di Euripide – ma forse anche come l’autore stesso e Stanley del Tram – sono confusi, dubbiosi, insicuri; ma anche portatori di nuove idee… «Valori indecifrabili» si dice nella presentazione del trittico, ma anche destinati a diffondersi, forse a radicarsi prendendo il posto di quel vuoto, di quel senso di smarrimento? La domanda è aperta.
Questa linea espressa da Antonio Latella nelle note di regia è certamente al cuore dei pensieri e delle azioni dei personaggi euripidei, come di quelli del Tram o di Via col vento; anche dell’opera stessa di Euripide, con tutta la Grecia delle polis pronta a sgretolarsi alle sue spalle, senza eroi e senza dei. Ma è quanto mai pregnante anche ai giorni nostri: certo in Italia, ma anche in Russia, un Paese che in tempi recenti ha visto polverizzarsi la propria struttura (politica, ma anche sociale e culturale). Le società in cerca di se stesse delle grandi nazioni occidentali entrano con forza nel lavoro di Latella: ancien regime e nuove forze si confrontano, chi sull’orlo dell’abbandono, chi pronto ad imporsi. Non c’è soluzione: l’interrogazione che parte dalle note di regia – «vittoria o sconfitta?» – rieccheggia anche nel lavoro di questi attori russi alle prese con la tragedia classica; la risposta è forse nei loro corpi e nelle loro voci, nei loro pensieri, di chi continua a fare teatro per domandarselo e cercare una strada dentro e fuori il palcoscenico.

Roberta Ferraresi