recensione frankestein

Frankenstein tra scienza e realtà

 Recensione a Doctor FrankensteinCantieri Teatrali Koreja

 

foto di Omar Padilla

Una scena meticolosamente curata fin nei minimi particolari, un laboratorio tecnologico a metà tra l’ottocento e il tremila, attira lo sguardo dello spettatore che si perde tra gli ingranaggi di meccanismi sconosciuti e le teche in vetro ricolme di strumenti chirurgici e parti anatomiche. L’impatto visivo è decisamente  forte e colpisce anche l’occhio più disattento. È il laboratorio del Doctor Frankenstein, una rilettura del testo di Mary Shelley, messo in scena dai Cantieri Teatrali Koreja – storica compagnia pugliese che da dieci anni opera in Salento e che da qualche tempo si è costituita come Teatro Stabile di Innovazione, un passo importante per lo sviluppo della creatività in un territorio “bisognoso” di nuove risorse.

Francesco Niccolini rilegge il testo dell’autrice inglese ispirandosi ad altre saghe, da Blade Runner a Io, robot: la creatura nata dalla scienza che vuole riscattarsi e avere una vita vera è ormai ricorrente nel panorama fantascientifico. L’inumano che diventa umano, l’uomo che dipende da una macchina: tematiche che sfiorano le realtà più inquietanti della ricerca medica attuale. Il testo scorre in frammenti ripetuti, la stessa scena si replica con piccole varianti, in un loop claustrofobico che descrive un rapporto malato che non trova sviluppo o via d’uscita – il dottore che vuole uccidere la sua creatura e l’impossibilità di farlo. Fabrizio Saccomanno e Fabrizio Pugliese si spingono in un’interpretazione forte, recitano la strana coppia e lo fanno con una pratica attoriale precisa. Il mostro interpretato da Pugliese si distingue per una fisicità spinta da spasmi e tic, accompagnata da una voce tra il tenero e il diabolico, frutto di una psicologia malata.
Il rapporto che si stabilisce tra i due protagonisti è cristallino, ma forse meno chiaro è il percorso drammaturgico e lo scopodei contenuti. I voluti riferimenti all’attualità, ai recenti sviluppi in fatto di morte assistita e di ricerca genetica, rimangono solo accennati senza approfondire tematiche che arricchirebbero l’interessante chiave di lettura della regia, curata da Salvatore Tramacere e dallo stesso Pugliese. Forse l’attenzione all’immaginario fantascientifico sovrasta i rimandi alla realtà che scoloriscono, persi in secondo piano rispetto ad un impianto scenografico decisamente imponente.

Visto a Estate a Radicondoli

Camilla Toso