recensione katia ippaso

Una bambola per dormire

Recensione a Doll is mineVitamina T/ Le Onde

Doll is mine - foto di Angelo Maggio

Dormire, abbandonarsi ai propri sogni, passare dallo stato cosciente a quello ingovernabile di pensieri, desideri e paure. Nel sonno, in modo del tutto incontrollabile, un aggrovigliarsi di sensazioni al limite tra piacere e terrore esce da un terreno impervio e ignoto, che trae la sua linfa dalla nostra vita quotidiana per tirarne fuori gli aspetti più reconditi e dimenticati. La notte, con i suoi abiti scuri e il suo silenzio, è il momento privilegiato delle angosce e delle fobie che come serpi strisciano fuori dalla zona buia in cui vengono confinate; la notte è quel frammento di tempo in cui l’uomo è solo con se stesso, costretto ad affrontare i propri fantasmi.

Ispirato liberamente ai testi di letteratura giapponese La casa delle belle addormentate di Yusunari Kawabata e Sonno profondo di Banana Yoshimoto, Doll is mine di Katia Ippaso – presentato in prima nazionale al Festival Primavera dei Teatri – affronta un viaggio notturno per mettere in luce situazioni e uomini che in totale panico non riescono a vivere in solitudine questa parte della giornata dove gli spettri ritornano. Proprio per questo, in Giappone, è molto diffusa la professione di “accompagnare i clienti nel sonno”: nel Palazzo delle belle addormentate alcune fanciulle dormono con uomini che si abbandonano totalmente a delle sconosciute pur di riuscire a godere di momenti di calma. Una calma apparente, poiché è impossibile, come sottolinea la protagonista durante lo spettacolo, «tranquillizzare degli uomini posseduti dalla morte».

La sanguigna Cinzia Villari dà vita, sotto la guida registica di Lorenzo Profita, a un monologo intenso, che alterna momenti di pura dolcezza ad attimi di tensione, dati dall’avvicendarsi degli incontri che vengono narrati, casi di uomini affascinanti che vivono tra la veglia e il sonno o casi di psicopatici che tentano anche di commettere un omicidio o violenza sessuale. Accompagnata in scena dal sassofono e clarinetto di Michele Villari e dalla fisarmonica midi di Roberto Palermo, che hanno la capacità di aumentare il carico emotivo intrecciandosi alle parole dell’attrice, Cinzia Villari fa vibrare delle corde interne dello spettatore grazie a un testo pieno di poesia e che lascia, soprattutto nella parte iniziale, una estrema dolcezza.

Visto a Primavera dei Teatri, Castrovillari

Carlotta Tringali