recensione king size marthaler

Un Marthaler oltre misura con King Size

Recensione a King Size – regia di Christoph Marthaler

Vedere uno spettacolo di Christoph Marthaler è un’esperienza. Non solo perché al regista svizzero verrà riconosciuto quest’anno il Leone d’oro alla carriera alla Biennale di Venezia, ma perché il suo teatro possiede una cifra stilistica raffinatissima e unica; tocca tutte le sfumature di sensazioni umane in maniera mai scontata, ma del tutto originale e anticonvenzionale. Come lo fa?

kingsize_008Molte e bellissime parole sono state spese per il suo ultimo spettacolo King Size ospitato per tre giorni al Teatro Fabbricone di Prato a chiusura della stagione del Teatro Metastasio – si legga Roberta Ferraresi su Doppiozero, Serena Terranova per Altrevelocità, Maria Grazia Gregori su Delteatro in cui si analizzano in profondità le caratteristiche di un regista che ha dato vita a un personalissimo teatro musicale dove al centro vi sono l’uomo e le sue relazioni interpersonali, incluse tutte le loro contraddizioni.

King Size mescola il reale con l’onirico, il paradossale con il cinico, l’ironia con la crudeltà, il grottesco con un humour sottilissimo. Un uomo e una donna (gli strepitosi cantanti e attori Michael von der Heide e Tora Augestad) esplorano, tramite una drammaturgia musicale pazzesca, fatta di arie e canzoni che vanno da Schumann a Wagner, da Mozart a Lapointe, da Berg a Mahler passando per The Kinks a canzoni popolari tedesche, il rapporto di coppia e tutti i sentimenti che si attraversano in una relazione. Ma i due non costruiscono alcun vero rapporto tra loro, non abitano le emozioni che cantano, né le indossano: piuttosto le destrutturano e le annullano in un gioco surreale che sposta continuamente il concetto che si mette a fuoco in quel preciso momento. Ed ecco che è qui che arriva il valore aggiunto: per King Size il regista ha parlato di “variazioni enarmoniche”, ossia della tecnica di composizione musicale che permette di scrivere uno stesso suono alla stessa altezza in due modi diversi e operando così funzioni differenti; applicando questo concetto alle relazioni interpersonali dello spettacolo vengono mostrati comportamenti che portano a continue sconnessioni tra quello che le canzoni esprimono e quello che i cantanti fanno. Non c’è aderenza tra il dire e il fare e forte è la sensazione di straniamento che ne consegue. E se ci si abbandona alla fitta trama di pazzie e di incongruenze di King Size il risultato è uno scollamento di brechtiana memoria.

kingsize_004A rendere addirittura esilarante King Size è la presenza atipica di una signora – la formidabile Nikola Weisse – che con un invidiabile aplombe attraversa la scena mentre gli altri due cantano, si infila nel letto tra i due amanti, mangia la pasta da dentro la borsetta, si arrampica per aprire gli armadi, sosta inesorabile davanti a un leggio che non sorregge alcuno spartito: è lei che dissemina lo spettacolo di brevi e significative sentenze utili per orientarsi nel labirinto surreale che è King Size, dove le ante dell’armadio sono porte d’uscita per gli attori, il frigorifero è irraggiungibile perché posto troppo in alto, gli interpreti sbucano da sotto il letto, entrano tutti insieme in bagno o cantano da dentro il guardaroba. La normalità in Marthaler non è ammessa: dopotutto, come sentenzia l’anziana signora, “se penso tutto correttamente potrei anche smetterla di pensare”.

Gli strepitosi attori (non bisogna dimenticare il pianista Bendix Dethleffsen, anche curatore delle musiche), passano con facilità dal tedesco all’inglese e al francese; le messinscene di Marthaler contengono infatti una lingua poliglotta, non solo in senso letterale: ci sono diversi piani, il linguaggio utilizzato attinge da registri alti a quelli più popolari. Ne viene infatti fuori un’opera per palati raffinati per via delle numerose citazioni che vi sono contenute; ma allo stesso tempo risulta essere molto godibile ed esilarante per gli sfasamenti creati sul piano di realtà/surrealtà e di significato/significante. Proprio qui risiede il genio: nella capacità di realizzare spettacoli che possano abbracciare i diversi gusti del pubblico, accontentando chi pretende di vedere uno spettacolo che faccia riflettere e abbia un certo spessore culturale a chi vuole semplicemente passare una serata leggera e divertente.

E se non l’avete mai visto prenotatevi: l’8 e il 9 giugno King Size torna in Italia, più precisamente al Carignano di Torino; inoltre da segnare in agenda la prima nazionale di Das Weisse vom Ei / Une île flottante che aprirà la Biennale Teatro di Venezia il 30 luglio.

Visto al Teatro Fabbricone di Prato

Carlotta Tringali