recensione la stanza

Pinter alla finestra

Recensione a La Stanza Teatrino Giullare

Realizzato per la manifestazione Living Things — Harold Pinter organizzata e prodotta dal CSS Teatro Stabile di Innovazione di Udine, La Stanza, prima fatica drammaturgica del Premio Nobel 2005  per la Letteratura, nell’allestimento di Teatrino Giullare diviene ancora più claustrofobica e spiazzante. Con una scelta registica forte e coraggiosa, che, prendendo alla lettera il testo di Pinter, lo estremizza, la compagnia emiliana rinchiude la storia in una scatola-stanza, riducendo, per così dire, il boccascena a un’unica piccola finestra attraverso la quale il pubblico può spiare, intuire, immaginare gli eventi e i personaggi. Sei personaggi, per due bravissimi attori: Giulia Dall’Ongaro ed Enrico Deotti, con incredibile versatilità, danno voce e corpo alle figure che abitano La Stanza costruendo un’impeccabile e minuziosamente studiata partitura gestuale e vocale che ricorda la magia del teatro di marionette. Grazie all’uso di maschere e al sottile, ironico gioco metateatrale con la quale vengono talvolta deformate, svelandone la posticcità, Teatrino Giullare gioca con il testo pinteriano muovendosi lungo un crinale tra favola e realtà, surrealismo tragicomico e rapporti ambigui per restituire un’originale eppure fedelissima messa in scena dell’opera con la quale il grande scrittore ha debuttato.
Esistenze umili in una giornata qualunque fatta di solitudine, chiacchiere vane e impercettibili ossessioni, scorrono aldilà della finestra in un crescendo di relazioni che diventano lentamente ma inesorabilmente enigmatiche e sinistre. E più il senso di minaccia cresce, più i personaggi divengono pure sagome: la signora Rose  Hudd, inquilina della stanza che teme di perdere, chiude le tende della finestra nel momento in cui l’ordinaria tranquillità viene dapprima incrinata dall’arrivo di una coppia interessata proprio a quella stanza, per poi essere totalmente sconvolta dall’apparizione di un uomo di colore, cieco, che conosce segreti e passato di Rose. La situazione precipita, così, in un finale tragico e fulmineo, che lascia molti interrogativi destinati a restare irrisolti.

Un testo sicuramente ostico, complicato, per una messa in scena rischiosa perché un’ora di spettacolo tutto nascosto dietro una piccola finestra poteva facilmente divenire noioso ma che dimostra di saper sfruttare un’idea originale al meglio. Calibrando bene ironia e inquietudine, Teatrino Giullare riesce a mantenere viva l’attenzione del pubblico, riaccendendone contemporaneamente sia l’infantile ricordo del teatro di figura che l’inevitabile e inconscio voyerismo.

Visto a Primavera dei Teatri, Castrovillari

Silvia Gatto