Recensione Le Invisibili

“Le invisibili” storie di donne

Recensione di Le Invisibili – Teatro Stabile d’Abruzzo

"Le Invisibili" - di Emanuela Giordano e Lidia Ravera

Saira, Nasreen, Nassera, Tasneem, Mumtaz, Shanaz e Sabra sono sette giovanissime ragazze provenienti da paesi a noi lontani, sono cittadine indiane, pachistane e nepalesi. Ognuna di loro ha portato sul palco del Teatro Valle di Roma la propria storia. Si presentano al pubblico con tutta la leggerezza e la freschezza tipiche della loro età. Con abiti lunghi e morbidi, capelli raccolti in lunghe trecce, voci sottili e occhi vispi e intelligenti si raccolgono su una pedana di legno che diventa come un grande letto dove le ragazze si raccontano, si confidano: un luogo intimo su cui si proietta lo sguardo dello spettatore un po' voyeur. Una si sta per sposare e il suo unico pensiero è riuscire a non deludere il futuro marito;

la seconda è preoccupata perché la sua dote è troppo piccola; un’altra ancora racconta il suo desiderio di continuare a studiare; un’altra lavora tappeti e mentre tesse canta così che il tempo passi più in fretta. Tutte stanno andando incontro al matrimonio. All’improvviso vengono catapultate nelle nuove famiglie dove quel qualcuno che le avrebbe dovute accogliere e proteggere, lancia dell’acido corrosivo sul loro volto. Donne bruciate vive, picchiate, maltrattate, sfruttate, violentate. In molti paesi del mondo lo stesso destino le unisce da generazioni, convinte di essere meno di niente, di non avere diritti, di non poter cambiare il proprio destino ma di doverlo subire. “Tieni gli occhi bassi, sempre grata, timidamente. Al matrimonio, al marito ti abituerai”: questi i consigli di una madre a sua figlia che sta per diventare moglie, perché il pericolo è il maschio.

Le invisibili racconta queste storie senza volerne fare una semplice rappresentazione del dolore, che sarebbe stata troppo facile, troppo scontata. Le scelte registiche di Emanuela Giordano riescono a trasmettere in pieno l’atmosfera di quelle serate tra amiche, fatte di confidenze, rivelazioni e risate. Si ricrea in scena un’intimità tutta femminile. Le loro chiacchiere di adolescenti diventano poi fatti di cronaca che devono essere documentati, fermati nel tempo in una forma scritta affinché non si possano dimenticare. Questo il ruolo della narratrice esterna al gruppo delle giovani (interpretata da Maddalena Crippa) che in parallelo, in uno spazio laterale delimitato da un semplice gioco di luci, immagina le vicende delle ragazze. La Crippa svolge un ruolo di testimone: si documenta, scrive e cancella cercando di assemblare pensieri, considerazioni e poesie. Dimostra la difficoltà di raccontare le storie di una femminilità violata, di essere l’occhio esterno, l’elaboratrice occidentale di questi abusi venuti alla luce.

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Non è teatro del dolore, non di denuncia dell’ingiustizia ma vuole essere teatro della conoscenza. Informa il pubblico di una realtà che ancora persiste e che non può essere accettata. Il teatro che diventa luogo sacro dove si svolge il rito della condivisione e della preghiera. Pregare insieme “perché nulla valga come cosa immutabile” e affinché nessuna donna più sia costretta a stare zitta per tutta la vita ma possa rivendicare sempre la propria dignità e il proprio diritto all’emancipazione.

Visto al Teatro Valle, Roma

Valentina Piscitelli