recensioni spettacoli roma

Rassegna stampa 10 – 16 dicembre

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

STAGIONI TEATRALI 2012/2013

Su John Gabriel Borkman traduzione di Claudio Magris, regia di Piero Maccarinelli (Teatro Toniolo, Mestre 7 – 9 dicembre)
“John Gabriel Borkman”. Ibsen nostro contemporaneo di Mario Di Calo (Corriere dello Spettacolo, 10 dicembre)
La violenza ctonia di Ibsen
di Giambattista Marchetto (Bon vivre, 14 dicembre)

Su Un ispettore in casa Birling regia di Giancarlo Sepe (Teatro Diana, Napoli 5 – 16 dicembre)
“Un ispettore in casa Birling”. La Casa del “Delitto” di Stefano Duranti Poccetti (Corriere dello Spettacolo, 11 dicembre)
Quell’ispettore è la voce della coscienza
di Enrico Fiore (Controscena, 12 dicembre)
Al Teatro Diana “Un ispettore in casa Birling” di John Boynton Priestley con la regia di Giancarlo Sepe
di Mario Migliaccio (Teatrocult, 16 dicembre)

Su Le Cirque Invisible di Jean Baptiste Thierrée e Victoria Chaplin (Teatro Duse, Bologna 7 – 8 dicembre; Teatro Comunale Giuseppe Verdi, Pordenone 1 – 4 dicembre)
“Le Cirque Invisible” di Victoria Chaplin e Jean-Baptiste Thierrée ha incantato Bologna di Chiara Giacobelli (NonSoloCinema, 11 dicembre)
Incanto e leggerezza del Cirque Invisible
di Giambattista Marchetto (Bon vivre, 12 dicembre)

Su Arlecchino servitore di due padroni regia di Giorgio Strehler (Teatro Argentina, Roma 4 – 16 dicembre)
Arlecchino servitore di due padroni di Rossella Porcheddu (Che teatro che fa – Repubblica.it, 10 dicembre)
Il segreto di Arlecchino di Laura Novelli (Paneacqua, 11 novembre)
Il teatro nel teatro di Giorgio Strehler di Bruna Monaco (Paneacqua, 13 novembre)

Su Alice Underground regia di Ferdinando Bruni e Francesco Frongia (Teatro Elfo Puccini, Milano 3 – 31 dicembre)
Alice Underground di Luca Ligato (Persinsala, 10 dicembre)
Cartoon e teatro la sorprendente Alice Underground dell’Elfo di Paolo Bignamini (Domenica – ilSole24Ore.com, 11 dicembre)
Alice Underground di Andrea Dispenza (SaltinAria, 12 dicembre)

Su Fratto_X di Flavia Mastrella e Antonio Rezza (Teatro Vascello, Roma 4 dicembre – 6 gennaio)
Rezza/Mastrella: comici attentati all’ordine del mondo di Andrea Pocosgnich (Doppiozero, 12 dicembre)
Fratto_X di Silvia Ianniello (Persinsala, 12 dicembre)

Su Mythos di Elena Bucci e Marco Sgrosso (CTB Teatro Stabile di Brescia, 4 – 23 dicembre)
Mythos di Martina Treu (Stratagemmi, 12 dicembre)
Mythos: le radici della civiltà nella potenza del teatro greco di Felice Carlo Ferrara (Krapp’s Last Post, 14 dicembre)

… altri spettacoli

“La Traviata” dell’ottimo regista, non solo cinematografico, Ferzan Ozpetek di Stefano Duranti Poccetti (Corriere dello Spettacolo, 10 dicembre)
Pinocchio di Babilonia Teatri. Verso un nuovo umanesimo di Laura Gemini (L’incertezza creativa, 10 dicembre)
Altri sguardi su Cechov. Il lavoro corale di Roberto Rustioni di Martina Melandri (Krapp’s Last Post, 10 dicembre)
Praticelli in fiore di Valentina De Simone (Che teatro che fa – Repubblica.it, 11 dicembre)
Ascanio Celestini cammina in fila indiana. Contro il razzismo di Giacomo D’Alelio (Krapp’s Last Post, 11 dicembre)
Infinita-mente in infinito corpo per Familie Flöz di Paola Teresa Grassi (Krapp’s Last Post, 11 dicembre)
La lingua contesa del Friuli di Andrea Ciommiento (Paneacqua, 11 dicembre)
Amleto² (Il popolo non ha il pane? Diamogli le brioche). Sul trono siede e convince Filippo Timi di Vincenza Di Vita (Rumor(s)cena, 11 dicembre)
456 di Valentina De Simone (Che teatro che fa – Repubblica.it, 12 dicembre)
Maldamore
di Valeria Merola (Dramma)
La morte si sconta vivendo: dentro l’Ilva di Taranto L’eremita contemporaneo degli Instabili Vaganti
di Giada Russo (Ateatro, 13 dicembre)
Se l’attore e regista prevale sul filosofo di Enrico Fiore (Controscena, 13 dicembre)
Tiezzi e Lombardi maestri di teatro di Laura Novelli (Paneacqua, 13 novembre)
Le strade possibili per affrontare un classico di Claudio Facchinelli (Persinsala, 13 dicembre)
Vecchia a chi? E se lo dice Antonella Questa “Vecchia sarai tu!” non c’è altro da fare che ridere di Roberto Rinaldi (Rumor(s)cena, 13 dicembre)
“Il nipote di Rameau” di Dennis Diderot – regia di Silvio Orlando di Antonio Tedesco (Teatrocult, 13 dicembre)
Coinvolgimenti sociali: Mind Bombing di In_Ocula
di Alex Giuzio (Altre Velocità, 14 dicembre)
Il regista in scena di Valentina De Simone (Che teatro che fa – Repubblica.it, 14 dicembre)
Viaggio dantesco nel mare di Greenaway di Enrico Fiore (Controscena, 14 dicembre)
Riccardo Goretti si fa in tre: è la nonna, il padre e la madre di Tommaso Chimenti (Corriere Nazionale, 14 dicembre)
Video, mimetica e tragedia per le Troiane di Marco Bernardi di Paolo Bignamini (Domenica – ilSole24Ore.com, 14 dicembre)
Imitationofdeath ovvero la rincorsa disperata di un senso da dare alla propria vita
di Roberto Rinaldi (Rumor(s)cena, 14 dicembre)
A proposito di Wordstar(s): due grandi attori per attraversare il 900 di Andrea Porcheddu (L’onesto Jago – Linkiesta.it, 15 dicembre)
Lo Stupro di Lucrezia di Nicoletta Fabio (Persinsala, 15 dicembre)
Sul nodo drammatico di Lohengrin alla Scala
di Giuseppe Pennisi (Artribune, 16 dicembre)
La cantatrice calva
di Simona Maria Frigerio e Luciano Ugge (Persinsala, 16 dicembre)
Giorni scontati
di Andrea Cova (SaltinAria, 16 dicembre)
Maternity blues: il dolore dalla porta di servizio di Viviana Raciti (Teatro e Critica, 16 dicembre)

INTERVISTE

L’autunno sardo (e performativo) di Signal e Spazio Danza di Renzo Francabandera (Krapp’s Last Post, 12 dicembre)
Ex Lavanderia, Torino. Un luogo per le arti, la danza, al servizio dell’area torinese e non solo. Ne parliamo con Matteo Levaggi di Renzo Francabandera (Paneacqua, 12 novembre)
Il Vangelo secondo Odemà. Una conversazione con Enrico Ballardini, Giulia D’Imperio, Davide Gorla di Mariacristina Bertacca (Ateatro, 13 dicembre)
Intervista a Marco Tullio Giordana di Nicola Arrigoni (Sipario, 13 dicembre)
“Abbiamo divorato il teatro, ora lo vomitiamo. A modo nostro”. Intervista a Industria Indipendente di Simone Pacini (Krapp’s Last Post, 15 dicembre)
Intervista ad Alessandro Sciarroni. Attore e regista, sta avviando un nuovo progetto sull’arte della Giocoleria di Chiara Giacobelli (NonSoloCinema, 15 dicembre)

POLITICHE E APPROFONDIMENTI

Andare a teatro è pericoloso. Francesca Pennini / Speciale danza. Della piattaforma e altro di Altre Velocità (Altre Velocità, 10 dicembre)
Ecco i bandi banditi: chi la occupa questa Casa dei Teatri? di Andrea Pocosgnich (Teatro e Critica, 10 dicembre)
35esimi Premi Ubu: il trionfo della Calamaro e Latella di Tommaso Chimenti (Corriere Nazionale, 10 dicembre)
E loro, quegli attori di una volta, dove sono? di Andrea Porcheddu (L’onesto Jago – Linkiesta.it, 10 dicembre)
Gli Ubu premiano il teatro italiano e portano un riconoscimento speciale al lavoro di Laminarie al Pilastro di Bologna di Massimo Marino (Controscene – CorrierediBologna.it, 11 dicembre)
Saverio La Ruina migliore attore: premio Ubu per «Italianesi» di Paola Abenavoli (Cultural life, 11 dicembre)
“Il Novecento è il secolo nostro”: Paolo Poli e Lele Luzzati in un libro di Andrea Porcheddu (L’onesto Jago – Linkiesta.it, 12 dicembre)
In ricordo di Vittoria Ottolenghi di Silvia Poletti (Myword, 12 dicembre)
Un secolo di utopie in teatro di Nicola Arrigoni (Paneacqua, 12 novembre)
Reggio Emilia, l’addio di Daniele Abbado e ora arriva Gabriele Vacis di Anna Bandettini (Post teatro, 15 dicembre)
Editoria e Teatro: dalla scena al libro di Redazione (Stratagemmi, 16 dicembre)

FESTIVAL E RASSEGNE

Perdutamente
3 – 21 dicembre, Teatro India – Roma
Perdutamente 4 di Alice Calabresi (Che teatro che fa – Repubblica.it, 13 dicembre)
Rimanere o andarsene per sempre? Perdutamente Deflorian e Tagliarini di Salvatore Insana (Krapp’s Last Post, 14 dicembre)
Non qui non ora di Caterina Paolinelli (SaltinAria, 14 dicembre)
Perdutamente 5 di Rossella Porcheddu (Che teatro che fa – Repubblica.it, 15 dicembre)

InContemporanea Parma Festival
→ OvulO – Natura Dèi Teatri (1 – 9 dicembre, Lenz Teatro)
Enea in Italia e Minore della premio Ubu Federica Santoro a Parma di Massimo Marino (Controscene – CorrierediBologna.it, 12 dicembre)
Da “Aeneis in Italia” di Lenz Rifrazioni al metal di Lazyblood: Natura Dèi Teatri si tinge di rosso e di nero di Rossella Menna (Rumor(s)cena, 16 dicembre)

→ Festival Zona Franca (23 novembre – 8 dicembre, Teatro al Parco)
La poetica bambina dei fiammiferi di Chiara Guidi di Mario Bianchi (Krapp’s Last Post, 13 dicembre)

… altre dai festival

Quattro vite possibili per Oscar De Summa: Chiusigliocchi debutta  a Castrovillari di Maddalena Peluso (Il Tamburo di Kattrin, 10 dicembre)
A Digitalife 3, lo spirito critico: il fantasma del Natale futuro di Sergio Lo Gatto (Teatro e Critica, 11 dicembre)
TU_TWO – Due alla fine del mondo di Anna Mazzoni (Persinsala, 12 dicembre)
100 anni nel passato giapponese di Francesca Sacco (Paneacqua, 15 novembre)

 

La rassegna stampa web de Il Tamburo di Kattrin è curata da Elena Conti

I mille giochi della (in)felicità in GMGS di Codice Ivan

Recensione a GMGS_What the hell is happiness? – di Codice Ivan

Una creatura inquietante, nella penombra del centro scena, muove i suoi primi passi; corpo di ragazza, faccia di scimmia, avanza pericolosamente, come una minaccia. Ma l’antitesi teromorfica non è condotta verso derive oscure, quanto piuttosto giocata sui contrasti del mondo (e della società) dello spettacolo, che ricordano più l’ingenuità de Il pianeta delle scimmie che l’iperrealismo degli effetti speciali dei giorni nostri. Già qui è possibile rintracciare la chiave con cui Codice Ivan affronta il tema della (in)felicità, al cuore del nuovo lavoro GMGS_What the hell is happiness?: una vocazione profondamente politica, annientata e rilanciata dall’impostazione ludica che pervade tutto lo spettacolo. Il gioco della rivolta, si potrebbe dire – continuamente rivisto dall’intreccio fra verità e finzione: reali, realissimi, sono i performer (Anna Destefanis e Benno Steinegger), le loro azioni, le loro domande; mentre tutto accade a vista e la magia teatrale è sempre sottolineata e svelata.

Subito segue una sequenza di istantanee in cui si presentano le atmosfere e i gusti, le figure e le idee che si vedranno durante lo spettacolo – una delle soluzioni drammaturgiche con cui la compagnia sviluppa, con freschezza e intelligenza, la partitura che sostiene GMGS: dalla scimmia alla bionda, fino alla ragazza che mangia una mela, la carrellata di immagini-flash sembra inizialmente sfuggire allo sguardo, ma si scopre poi, ritrovandone i profili, che un alone di movimento, di senso, rimane impresso nel buio che precede e segue il quadro successivo, in una sorta di rapidissimo trailer che introduce lo spettatore all’interno della struttura performativa.
Il dispositivo accelera e il racconto si mostra essere quello della creazione e della corruzione: versione biblica o darwinismo che sia – cortocircuito curioso al cuore di GMGS – tutte le narrazioni dell’origine possiedono un’impostazione simile, che prevede la pre-esistenza di un mondo perfetto a cui succede una caduta dagli aspetti similari. Tanto nella tradizione religiosa che in quella scientifica, si intrecciano l’inconsapevolezza (animale o paradisiaca) con la spensieratezza, così come la conoscenza (del bene e del male o tecnica) con un peggioramento di stato. A spiegarcelo è una giovane che trasforma il palco in una grande lavagna: disegna a gessetto le diverse condizioni sul pavimento, che vengono poi proiettate a parete, mentre incalza l’invasione di parole-manifesto, quasi sottotitoli del racconto – non è chiaro per quale motivo – sì disegnato, ma anche parlato in inglese.
In questo spettacolo il testo, in gran parte, non è soltanto detto, ma affidato a dei grandi cartelli in biancoenero che man mano finiscono con l’assediare lo spazio performativo: di matrice chiaramente brechtiana, sono rivisti secondo i dogmi dei giorni nostri – dall'”A cosa stai pensando?” di Facebook agli imperativi degli slogan, dalla comunicazione-lampo degli sms alla meraviglia di sintesi dei loghi. E se, all’inizio, sono utilizzati in vece della parola, a raccontare una sorta di svolgimento narrativo, poi vengono efficacemente deviati in domande, dubbi, interrogativi, in un brusco passaggio dal gioco del racconto a condizioni di feroce attualità. Anche qui si trova uno dei dispositivi drammaturgici efficacemente predisposti per la “cattura” del pubblico: prima, con il racconto biblico-darwiniano, ci si lascia trasportare dai sorrisi – “un tempo ero una scimmia”, “mangiavo solo banane”, “vivevo in un mondo perfetto” – ma poi, quando “le banane non bastano più”, l’uomo dà vita al proprio mondo e comincia a “pensare, lottare, amare”. E qui, mentre i disegni della performer si affastellano cercando di spiegare, con semplicità, la necessità di possesso e tutti i dogmi del capitalismo, anche i cartelli prendono un’altra piega, decisamente più inquietante, rivolgendo domande dirette al pubblico. L’effetto, alla fine, è quello di una gran confusione di segni – linguistici o grafici che siano – perché, come ci dicono dal palco, effettivamente il nostro non è proprio un mondo perfetto, ma una realtà di stratificazioni e ambiguità, inadeguatezza e delirio, tornando sempre, come in un loop continuamente variato, all’insoddisfazione originaria.
La Genesi dell’infelicità con tutti i suoi tracolli, in GMGS, è esplosa in tanti punti di vista e linguaggi: prima il racconto per flash e poi i disegni, una canzone, i cartelli… E poi, ancora, una novella Eva, immersa in un giardino idilliaco (un ritaglio di giornale proiettato a parete) che si anima man mano di uccellini (buttati sul foglio); ma la noia e la volontà di crescita è parte dell’animo umano, così arrivano un cane, un cocktail, una lavatrice, lo stereo… Fino a trasformare il giardino in un party in un appartamento di lusso e la fischiettante Eva in un’aspirante Madonna alle prese col karaoke de La isla bonita, che finisce sommersa da un terremoto di pillole. L’invenzione performativa, anche in questo caso, è tanto semplice quanto efficace: Codice Ivan prepara un’animazione live, in cui la performer interagisce con ritagli di giornale e oggetti proiettati nello spazio, dando vita a un divertente cabaret postmoderno.

In GMGS ci sono tutti gli elementi per uno spettacolo che merita interesse e attenzione: dalle trovate drammaturgiche di cui sopra al tentativo considerevole di costruire un itinerario per il teatro politico nell’epoca di Facebook, dalle belle musiche di Private Culture a un uso originale del video e delle sue interazioni con il performer. A fronte di una ricerca drammaturgica e scenica di tutto rispetto – che sembra illuminare, attraverso la maturazione di alcuni punti, anche nuclei presenti nel lavoro precedente della compagnia – l’unico rischio è proprio quello della condizione postmoderna, tanto decostruita e ricostruita in scena: GMGS non osserva un andamento evolutivo (lineare, rizomatico o caotico che sia), ma, come appunto nella tradizione dell’estetica secondonovecentesca, propone una serie di (pur interessanti e divertenti) variazioni sul tema. Sembra presentarsi come un lavoro “a tesi” in cui, a partire da un dato iniziale, ne vengono successivamente esposte le possibili declinazioni, certo ironiche e intelligenti, reiterando il senso e il modo di quella intuizione primaria. Il rischio della didattica, in tale modalità compositiva, è dietro l’angolo: non solo per l’utilizzo della lavagna (e del modo esplicativo più che narrativo con cui si presenta) o per l’ammiccamento ai cortocircuiti della tautologia, ma soprattutto, appunto, per la potenza del ventaglio di ipotesi di variazioni sul tema che costituiscono la struttura drammaturgica del lavoro. Qui, come si è visto, si esprime una gran ricchezza di opzioni e invenzioni, sceniche e non, ma, compresse come sono a riproporre e ripetere, ognuna a suo modo, la partitura concettuale di fondo, il rischio è quello di omogeneizzarle fra loro e appiattirne le specificità.

Va segnato, ad ogni modo, che GMGS, contiene delle idee (a livello scenico e concettuale) di tutto interesse e, se considerato in relazione agli altri lavori della compagnia (il Premio Scenario 2009 Pink, Me & The Roses e Tank Talk, una performance urbana in cui si ripetono i fatti di Piazza Tienanmen), sembra indicaredelle linee di sviluppo verso cui Codice Ivan sta concentrando le proprie attenzioni: si tratta forse di un lavoro-soglia, di uno spaccato vivacissimo estratto da una ricerca tutta da farsi, capace di tirare le fila dell’indagine sperimentata fin qui e, allo stesso tempo, di indicarne possibili intenzioni. Si può dire che il vero punto di forza del lavoro sia proprio questo: la capacità di portare in scena dei processi ancora in lavorazione, con tutta la vitalità di una ricerca tanto viva quanto solida nelle sue fragilità, che ancora ribolle intorno alla attuale condizione umana.

Visto a Short Theatre 2011, Roma

Roberta Ferraresi