spettacolo quando c’era pippo premio scenario

La finale del Premio SCENARIO infanzia 2012: intervista a OcchiSulMondo

Quando c’era Pippo di OcchiSulMondo

OSM Dynamic Acting – OcchiSulMondo (Perugia)
Quando c’era Pippo

tratto dal diario di Giulia Re, partigiana e staffetta

con Greta Oldoni, Samuel Salamone
e con Daniele Aureli
drammaturgia
Daniele Aureli
scene, luci e audio
Matteo Svolacchia
regia
Daniele Aureli, Matteo Svolacchia

 Fascia d’età: 10 – 17 anni

 

Cosa caratterizza le diverse fasi del processo creativo in un lavoro teatrale rivolto all’infanzia?
Per la prima volta abbiamo affrontato uno spettacolo teatrale rivolto all’infanzia, ma il nostro processo creativo non ha avuto modifiche sostanziali nell’approccio al lavoro. È stata piuttosto la tematica trattata che ci ha portato a rivolgerlo a un pubblico più giovane, perché siamo certi che siano loro i primi destinatari di questa storia. La vicenda che raccontiamo è una storia realmente accaduta negli anni 1943/1945, tratta dai racconti di Giulia Re. Le sue parole ci hanno suggerito di lavorare con sincerità, e così abbiamo fatto. Abbiamo, perciò, scelto di mettere in parallelo la giovinezza rubata di allora con quella di oggi, le analogie e le differenze di due generazioni tanto lontane, ma allo stesso tempo così vicine per bisogni e necessità: far conoscere la storia di una guerra attraverso il punto di vista di due ragazzi che l’hanno vissuta. Due persone che hanno combattuto, senza armi, per conquistare e difendere qualcosa in cui credevano. Vorremmo, con questo lavoro, prolungare l’eco di un tempo in cui era reato ascoltare la radio, in cui era difficile sognare ed essere felici, eppure, c’era qualcuno che non aveva paura, o almeno ci provava.

Come racconteresti la storia a un bambino dell’età alla quale ti stai rivolgendo con il tuo progetto?
Milano, 1943. Una guerra mondiale rinchiusa dentro uno scantinato.
Quando c’era Pippo
narra la vita di Giulia Re e di Emilio Oldoni, due giovani che cercano di amarsi e di vivere la propria libertà durante un periodo di privazioni e di terrore. Due ragazzi che si rifugiano in una cantina e dentro quelle mura parlano dei loro desideri, dei loro sogni e delle loro paure. Ma la guerra che è fuori, incombe silenziosa nella loro vita quotidiana. Lo spettacolo prende in prestito la vita e i racconti di Giulia Re per dar valore a tutti coloro che in un modo o nell’altro hanno lottato durante la seconda guerra mondiale con i mezzi a disposizione. Tutte le persone rimaste anonime che non possono raccontarsi e che a volte non vengono ricordate.

Come si è sviluppato il lavoro, rapportandosi alle diverse fasi che caratterizzano il Premio Scenario?
Lo spettacolo, nelle varie fasi, ha subito dei cambiamenti notevoli. Una delle caratteristiche del nostro lavoro in compagnia è “non affezionarsi alle scelte”… Ovvero, siamo pronti a ricominciare da capo ogni volta, rimettendoci a provare da zero, se ciò che abbiamo non ci convince o se qualcosa non funziona.
Le diverse fasi di avvicinamento alla finale ci hanno permesso di lavorare sui molteplici aspetti che la storia di Giulia Re ci stava suggerendo. La prima fase ci ha permesso di analizzare i racconti, di mettere a fuoco ciò di cui volevamo parlare: la memoria di un tempo che lentamente si sta perdendo; abbiamo perciò messo in scena un baule e due protagonisti anziani che ci introducevano alla storia.
Durante la seconda fase abbiamo registrato un’intervista di circa 3 ore con Giulia, facendole varie domande e facendoci raccontare alcuni episodi. Durante lo sviluppo drammaturgico ci siamo resi conto che ciò che ci affascinava di quelle parole era la vividezza dei ricordi che ci stava raccontando. Le parole che abbiamo ascoltato e riascoltato sembravano quelle di una ragazza che ripercorreva quei momenti. Abbiamo quindi capito che il cuore della storia era dentro, in profondità… E lì siamo andati: dentro la storia, fino a ritrovarci all’interno di uno scantinato nel 1943 con due ragazzi giovani, due ragazzi che si sentivano clandestini nella loro città, due ragazzi che avevano paura ma soprattutto avevano una gran voglia di vivere e di cambiare il mondo.
Il lavoro poi è stato meticoloso e di precisione. Abbiamo tagliato battute, asciugato movimenti e reazioni e lavorato sul silenzio e sull’essenziale. Come quando si ha una scultura: in principio si ha la forma, poi si deve dare la vita, togliendo tutto ciò che non serve, pezzo per pezzo, e solo infine si può lisciare il marmo.

Daniele Aureli
Matteo Svolacchia

 

Compagnia OSM Dynamic Acting – OcchiSulMondo
La Compagnia OSM (OcchiSulMondo), nata nel 2005, è impegnata nella ricerca di una azione espressiva semplice e dinamica. OSM è composta da danzatori e attori provenienti da esperienze formative e professionali diverse, maturate in realtà nazionali e internazionali. Quello messo in scena da OSM è un Teatro Dinamico che cerca di fondere diversi generi basati sul linguaggio del corpo e sul significato del movimento nello spazio vuoto, attraverso lo studio delle azioni fisiche e dei processi emotivi.
Il nostro personale processo di studio si orienta in modo trasversale su piani differenti: lo spazio vuoto, il corpo, la drammaturgia. La compagnia ha incontri periodici di studio e formazione con: Jurij Alschitz, Francis Pardeilhan, Massimiliano Civica, Loris Petrillo, Salvo Romania, German Jauregui.
Spettacoli OSM: Ultimo Round (2005); Cloch-Art (2007); 1viaggio.1incontro (2009 – Vincitore della vetrina IN Anticorpi XL 2010); 2feel romeoegiulietta (2009); Le babbucce del buon re (2010); Le pupe (2011); Primo studio di IOMIODIO (2011 – Semifinalista Premio Scenario 2011 – Finalista Napoli Fringe Festival 2012).

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