stazione leopolda

Fabbrica Europa: la storia, le relazioni, il festival

È stata costruita nella prima metà dell’800 per collegare la città di Firenze con quella di Livorno. È stata utilizzata per promuovere la prima Esposizione Nazionale Italiana e successivamente occupata da un Arsenale d’Artiglieria. È stata adibita a magazzino fino al 1993 e nel 1994 convertita nell’attuale spazio polivalente. Gestita da una società di Pitti Immagine, da oltre vent’anni ospita manifestazioni culturali, esposizioni, sfilate, concerti, spettacoli. Con un’estensione di circa seimila metri quadrati, la Stazione Leopolda è il simbolo del festival, come sottolineano i direttori artistici di Fabbrica Europa, Maurizia Settembri e Roberto Bacci, che abbiamo intervistato in occasione della XXI edizione. Due conversazioni che mettono in luce, da un lato, il rapporto con la città, e dall’altro il legame indissolubile con la Leopolda. E se Maurizia Settembri ci restituisce la storia di Fabbrica Europa, dagli inizi a oggi, facendoci intravedere anche il futuro (leggi qui l’intervista), Roberto Bacci porta la sua esperienza tra Pontedera e Firenze (leggi qui l’intervista), affrontando una riflessione sui luoghi, e sulle relazioni, umane oltre che artistiche.
leopolda2Un duplice sguardo per una co-direzione, «una macchina complessa», come sottolineato da Luca Dini, presidente della Fondazione, che nel segnalare le possibilità di cambiamento, guarda al domani: «è un festival vivo, che deve rispondere ai bisogni e alle domande degli artisti, di chi lavora. Credo che, da ora in poi, debba essere più europeo. E produrre, prendersi il tempo di lavorare con gli artisti».
Rimarca, Dini, la necessità di «risposte politiche dal territorio, più chiare, e di un rapporto più forte, con la città e con i suoi luoghi, perché Fabbrica Europa fa parte dell’identità di Firenze». E auspica l’amplificarsi delle relazioni, nazionali e internazionali: «Deve essere un festival per la città, per l’Italia e per l’Europa». Un passaggio dal locale all’internazionale approfondito nelle due conversazioni che proponiamo, e che vogliono inaugurare una serie di interviste ai direttori artistici dei festival italiani, da nord a sud. Per raccontare l’identità e la storia, per comprendere le progettualità, le reti di relazioni. Per restituire, o cercare di restituire, ciò che accade al di là delle giornate festivaliere, ciò che sta dietro, e intorno, al palco.

Nutrire e creare relazioni: la vocazione di un festival – Intervista a Roberto Bacci

Una “casa” per gli artisti di tutta Europa – Intervista a Maurizia Settembri

Roberta Ferraresi  e Rossella Porcheddu