Yoshi Oida

Suggestive Interrogazioni

Recensione a Interrogations – Yoshi Oida

foto di Claudia Fabris

foto di Claudia Fabris

“Qual è il  senso della vita?” chiede il Maestro – Yoshi Oida – e il pubblico, timoroso, ma a volte anche spavaldo, tenta di rispondere all’impossibile questione. Il noto attore e regista giapponese, con fermezza, scruta il pubblico, invitandolo concretamente ad alzarsi e – come nelle interrogazioni a scuola –  cercare di venire a capo alle sue sfide. Egli stesso si  sorprende e diverte di fronte alle risposte che la disponibile e incuriosita assemblea azzarda. Le sue domande (solitamente esposte in francese e tradotte in scena da Rosaria Ruffini) sono spesso insidiose, semplici ma spiazzanti e forse non c’è una giusta risposta a quesiti come: “Una vacca attraversa una finestra: passano le corna, le zampe, il corpo, ma la coda no. Perché?” Basandosi su testi che ha personalmente selezionato dalla tradizione dei Koan cinesi (antichi componimenti di maestri Zen), Oida pone come base dello spettacolo il mettere in discussione ogni cosa: il senso della percezione, il funzionamento di udito e vista, la logica; instaurando un aperto dialogo col pubblico, crea una sospesa atmosfera di riflessione ad alta voce destinata a rimanere insoluta.

Nato negli anni settanta, e ora riadattato, Interrogations continua ad essere uno spettacolo vivo, perché composto da domande di valore incorruttibile e ancora prive di risposta. Spettacolo che è portato a rinnovare organicamente il linguaggio del suo interprete, il quale basa le azioni di collaborazione con la musica sull’improvvisazione di movimenti e suoni. Durante le azioni che intervallano i quesiti al pubblico, infatti, l’accompagnamento musicale è affidato a Dieter Trüstedt, fisico tedesco padrone dei segreti che permettono di far vibrare e dar vita alle sonorità incantevoli e suggestive dei numerosi strumenti musicali portati in scena. Come ad esempio la wind harp inventata dallo stesso  Trüstedt, uno strumento capace di vibrare e risuonare tramite il solo soffio d’aria sulle corde.  Il linguaggio sonoro emerge come principale stimolo mentale e fisico per il performer.

Oida, con passione e concentrazione coinvolge in questa insolita narrazione, chiedendo intelligenza e fantasia al suo pubblico ed utilizzando come principali oggetti di scena alcune sottili bastoni, canne che vengono percosse, o diventano cavalli, pertiche, ante di una finestra, in un gioco nel quale anche l’immaginazione del pubblico ha un preciso ruolo.
Nell’osservare tecniche, approcci formali e spazio – vuoto, con il tappeto a delimitare la sacralità della scena  – è facile pensare a Peter Brook, la cui preziosa eredità può essere intravista in questo delicato e originale spettacolo diretto e interpretato da uno dei suoi storici attori.
Applausi calorosi e sinceri nel ringraziare un grande e noto maestro.

Agnese Bellato

Pensiero attivo

Recensione a Interrogations – Yoshi Oida

foto di Claudia Fabris

foto di Claudia Fabris

In moltissimi, ieri sera, hanno raggiunto il Bastione Alicorno per farsi “interrogare”da Yoshi Oida, indiscusso maestro della scena teatrale internazionale. Sono trent’anni che l’attore-regista giapponese gira il mondo proponendo ai suoi spettatori domande assurde ed illogiche, insieme al musicista-fisico tedesco Dieter Trüstedt, che riesce a creare una ‘colonna sonora’ con gli strumenti e gli oggetti più disparati, e, con la sua presenza discreta, completa il quadro essenziale dell’allestimento.

Interrogations, presentato in prima nazionale in una nuova versione, prende ispirazione dai Koan, quesiti antichissimi che i maestri dei monasteri Zen pongono agli allievi come esercizio di meditazione. Il clima dello spettacolo è molto lontano dal silenzio rispettoso di quei luoghi, anche se molti sono i momenti in cui Oida regala al pubblico, giocando con quattro sottili bacchette di bambù, performance dal sapore orientale, offrendo un sublime esempio di controllo perfetto del corpo e di racconto gestuale. Ma l’aspetto spirituale dei quesiti è accantonato a favore di una rilettura di questi testi in chiave beckettiana. Come ammette, infatti, lo stesso interprete, i Koan hanno suscitato in lui grande interesse proprio per il loro carattere straniante: la stessa forza che ritrova nei testi di Beckett o Ionesco, ma in versione nipponica.
Per esempio, mostrando il dorso della mano, chiede: “questo è il dritto o il rovescio?”.
Non sono importanti le risposte, ma le domande: esse creano il legame, ludico ma forte, tra attore e spettatore. I quesiti sono il filo che unisce i partecipanti all’evento, sono lo strumento che fa scaturire la condivisione di un pensiero. Oida trasporta lo ‘spazio vuoto’ di Peter Brook nella drammaturgia, dove sono le parole stesse a stimolare l’immaginazione e la creatività degli spettatori. In totale libertà perché non c’è una risposta giusta, determinando, così, un clima di spensierata e piacevole partecipazione.

foto di Claudia Fabris
foto di Claudia Fabris

Yoshi Oida, passando dal francese, tradotto in tempo reale da Rosaria Ruffini, a frasi in italiano stentato, recitate con chiara autoironia, costruisce uno spettacolo di difficile descrizione. Forse, come gli allievi dei monasteri Zen che meditano sulle risposte ai Koan, molti impiegheranno anni per capirlo davvero, altri probabilmente non lo capiranno mai. Ma tutti ricorderanno di aver condiviso la rara piacevolezza di un’ora senza regole e logica. Perché, come dice Oida, “ogni giorno conta. Anche oggi”.

Silvia Gatto