Recensione a Fratto_X – di Antonio Rezza e Flavia Mastrella

Il condizionamento arriva stavolta dalle fotografie che Flavia Mastrella ha scattato nell’autostrada in movimento, e che hanno portato alla realizzazione di ‘fasci luminosi della densità di un petalo di fiore’, uno su tutti il grande divieto suggerito già dal titolo. Le azioni e le parole nascono dalla residenza di Antonio Rezza in questo habitat, residenza che è durata più di un anno, che ha stimolato un violento processo creativo, che ha ospitato il corpo – ma non la voce – di Ivan Bellavista, che si è nutrita, prima del debutto, delle energie di occasionali visitatori, invitati a una serie di prove aperte.
Sono le luci di Mattia Vigo, virate nei toni del rosso e dell’azzurro, a illuminare l’ambiente artificiale, abitato da uomini comuni con nomi comuni, coppie litiganti, giovani vittime dell’ansia, madri asfissianti e poliziotti troppo inclini alle manganellate. Un lavoro sulla coercizione, sulla manipolazione, sull’appropriazione dell’altrui identità, che denuncia l’infermità mentale del pubblico televisivo, che accenna alla malasanità, che desacralizza i simboli religiosi.
Non mancano gli attacchi al pubblico, invitato a parlare e umiliato nella risposta, illuminato in finale di spettacolo da uno specchio riflettente, uno scettro che sembra dichiarare il potere dell’artista, essere disumano, sullo spettatore, costretto a pensare, obbligato ad agire.
Una macchina di ritmo, come descritta dalla coppia di artisti, sostenuta dalle architetture labirintiche della Mastrella (che guarda alle ricerche di Robert Morris, di Fausto Melotti e di Fluxus), e alimentata dai nervi e dal sudore dell’inesauribile Rezza.
Una performance scritta dallo spazio e dal tempo, una mostra continuativa di opere plastiche, un’esposizione temporanea di omologazioni culturali, semplificazioni esistenziali, spersonalizzazioni, umani annullamenti.
Visto al Teatro Vascello, Roma
Rossella Porcheddu