Una rilettura molto personale

Recensione a SenzaParole di Andrea Adriatico, liberamente ispirato a Samuel Beckett.

Senza Parole

Carlo Masi

Andrea Adriatico, regista e fondatore di Teatri di Vita, propone una personalissima rilettura di Atti senza parole. I testi di Beckett divengono fonte d’ispirazione e di stile per uno spettacolo mimico e sonoro che fonda le sue radici sulla scoperta di un’interessante associazione intima con l’essenza dei due brani. L’operazione risulta piuttosto rischiosa perché la suggestione visiva che si viene a creare è alquanto distante da quella che è l’idea originaria dell’autore. L’atmosfera indefinita e straniante, che caratterizza la drammaturgia mimica di Beckett, viene sostituita da una dinamica che affronta un argomento piuttosto comune e concreto nella vita attuale, ossia l’attrazione tra due persone e il rapporto di potere che si viene a creare e che può spezzarsi prematuramente. Un uomo (Carlo Masi) si muove al comando di un fischio in uno spazio diviso in sei quadrati di luce, occupati da pile di piatti e, successivamente, da materassi. A controllare il fischio è una donna (Rossella Dassu) che pian piano attira a sé l’uomo, guidandolo, da uno spazio all’altro, in un lento e ritmato spogliarsi. Pur tentando di restare il più possibile universale, astraendosi dalla specificità di una situazione con due protagonisti e una vera e propria storia, Adriatico circoscrive il meccanismo di stimolo e repressione della volontà – contenuto nel primo atto mimico di Beckett – ad una tematica come quella della sessualità, che difficilmente riesce ad uscire dalla sua stessa scatola o permettere allo spettatore di scavare ed immaginare altri orizzonti possibili.

L’associare il crudele gioco sulla volontà ad un rapporto concentrato e delimitato all’attrazione è un processo che cattura comunque efficacemente, facendone esplodere la carica e le potenzialità in un ripetitivo e a volte lento procedere goccia a goccia. L’alternarsi di luce e buio che delimita gli spazi sembra sottolineare ulteriormente la cura dei movimenti e dei dettagli. La ripetitività dei momenti che fa crescere l’intensità dell’azione è accompagnata da un’interessante scelta di musiche, che vengono poi utilizzate in un particolare epilogo: una suggestiva videoinstallazione di Roberta Bononi che riprende testi e scene dello spettacolo per fermare in un’unica immagine l’essenza del lavoro del regista.

Visto a Teatri di Vita, Bologna

Maria Conte

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