Viviamo in un regime della rassegnazione? di Ugo La Malfa

Viviamo in un regime della rassegnazione?
Articolo di Ugo La Malfa

La Stampa Anno 112 – Numero 72 – Giovedì 30 Marzo 1978

Viviamo in un regime della rassegnazione? La Voce Repubblicana di oggi pubblica un editoriale ispirato da Ugo La Malfa intitolato «Regime della rassegnazione?» sulle proposte fatte da La Stampa (tra le altre quella di eleggere Aldo Moro alla presidenza della Repubblica) il 28 marzo scorso. Non entriamo nel merito delle proposte che Arrigo Levi ha lanciato dalle colonne de La Stampa; alcune di tali proposte sono discutibili, altre degne della maggiore attenzione. Ma non è questa, per il momento, la questione principale. Ci pare che Arrigo Levi abbia voluto, con le sue proposte, indicare la necessità che il regime democratico, di fronte alla sua continua degradazione, della quale il sequestro dell’on. Moro è l’ultimo grave segno, dia un’indicazione tangibile della sua capacità di forte reazione. Ma ad Arrigo Levi è toccata la stessa sorte che a noi è stata riservata quando, di fronte al caso Moro, abbiamo chiesto alle forze politiche, al Parlamento e al governo una reazione più rapida ed energica di quella che in concreto è stata svolta. Ci siamo esauriti in una serie di provvedimenti successivi e timidamente energici, che hanno dato l’impressione che dovessimo affrontare non problemi di un’urgenza estrema, ma problemi che sarebbero maturati a partire, per così dire, dagli Anni 80. Ora è questa incapacità di reazione che ci preoccupa e in certo senso ci umilia. E’ certo che su ogni problema del quale oggi, in condizioni di emergenza, si discute è facile fare appello alla Costituzione per respingere questa o quella proposta. Ma si dimentica che la Costituzione a cui ci si riferisce non avrebbe mai previsto lo stato di quasi sfacelo in cui si trova oggi la nostra società, da ogni punto di vista: economico, finanziario, sociale e istituzionale. Non da coloro che oggi avanzano proposte adeguate all’emergenza è violata la Costituzione, ma da quel complesso di azioni che per decenni sono state svolte e che hanno portato allo stato di degradazione attuale. Le forze politiche e sociali non salvano la loro coscienza appellandosi a questa o quella norma scritta della Costituzione, e spesso con accento retorico, ma salverebbero la toro coscienza se riuscissero, con provvedimenti idonei, a ricreare le condizioni di vita democratica, nel senso più largo della parola, cui la Costituzione mirava. Ed è tanto vero che di questo si tratta, e non di altro, che nessuno riesce a stabilire, nelle condizioni in cui oggi ci troviamo, come e quando usciremo dalla crisi e attraverso quale esatta consapevolezza della estrema gravità dei problemi da affrontare. Solo qualche cacciatore di farfalle può ritenere, per esempio, che le timide norme di ordine pubblico contenute nel recente decreto-legge, possono avere un tempo di scadenza, quando nessuno osa prevedere se andiamo verso il meglio o, come è più probabile, verso il peggio. Del resto se Arrigo Levi, in omaggio all’on. Moro ha parlato della sua elezione immediata alla Presidenza della Repubblica, non ha sollevato solo questo problema, ma l’altro, ben più importante anche se meno esplicito, dell’adeguatezza di quel massimo organo alle responsabilità richieste per il grave momento che attraversiamo. Per una serie di ragioni sulle quali non intendiamo insistere, quell’adeguatezza non c’è e forse lo stesso titolare di quella massima funzione ne è cosciente e se ne addolora profondamente. Ma il problema esiste e non è l’ultimo fra gli imponenti problemi che ci si sono andati ponendo. Una democrazia è degna di questo nome se sa affrontare i problemi che ne condizionano la stessa esistenza. Altrimenti essa si converte in un regime di rassegnazione.

archiviolastampa.it

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