recensione motus

Ti cerco in ogni (non) luogo

 

Festival Danae. XI edizione

Recensione di Ics.racconti crudeli della giovinezza – Motus

“Mi sto cercando. E tu?” Questo il testo del volantino che il gruppo riminense Motus ha distribuito nelle piazze, nei centri commerciali, nelle strade delle periferie dov’è nato e cresciuto Ics. racconti crudeli della giovinezza.l lavoro cerca l’anima di una giovinezza che non trova se stessa così comeil senso dello stare nel mondo che gli è stato tramandato: un mondo vuoto, piatto come la piazza di fronte al centro commerciale; monotono come i grattacieli che segnano il profilo delle periferie europee; desolante, come la solitudine delle panchine piantate sul cemento.

È dall’inchiesta sui territori, dagli incontri con una giovinezza bella e creativa, diversa dall’immaginario mediatico che la dipinge disinteressata e abulica, che nasce Ics: un interessante esperimento di lavoro territoriale e poetico, ma anche di interazione dei linguaggi. In scena, Silvia Calderoni, storica attrice dei Motus, è accompagnata da una formazione giovanissima, creata a partire dai casuali incontri di strada. Sergio, giovane argentino da poco residente in Italia, incontrato a Rimini con il suo basso; Mario, breaker e musicista, filippino, ha vissuto a Parigi ed ora è cittadino italiano: a loro si unisce in ogni movimento una persona diversa. Il terzo movimento vede in scena Ines Quosdorf, giovane musicista tedesca che, insieme ai due compagni, compone la splendida base musicale del lavoro. Lo spettacolo parla attraverso i loro corpi in scena, attraverso la musica ed infine attraverso il video: riprese in bianco e nero delle architetture, tanto desolate quanto potenti colossi della post modernità, e degli incontri con gruppi musicali, spazi prove nascosti in immensi palazzi vuoti; supermercati e scale mobili.

Silvia Calderoni: foto di Pierre Borasci

Silvia Calderoni, foto di Pierre Borasci

Un testo in voice off corona il lavoro, poetico e asciutto insieme, a raccontare la strada, la noia e il gioco continuo con la morte, che punteggia le bandane e le cinture in piccoli teschi. Attraversare saltando le auto è sfidare il destino, è l’onnipotenza della salvezza, è la possibilità adrenalinica di decidere qualcosa, nel mondo; la sensazione di impotenza pervade tutto il racconto di una fisicità violenta e potente, di una necessità di riconciliazione, che, come nelle belle storie, arriva alla fine.

Una vecchia partigiana si alza dalla platea, si siede sulla panchina al centro della scena ed inizia a raccontare: forse solo quella memoria può dare un senso, sembra dire Ics alla sua gioventù; o forse così ci piacerebbe quantomeno pensare.

Visto al Teatro Franco Parenti, Festival Danae, Milano

Anna Serlenga