La precarietà secondo Casales e Lisma

Recensione a La squadra di bowling – di Beppe Casales
L’Operazione – di Rosario Lisma

Tra sfumature di apatia e determinazione, entusiasmo e frustrazione, è un affresco amaro quello che si è osservato nella prima serata del Festival Pre-visioni al Teatro della Tosse di Genova. Con La squadra di bowling di Beppe Casales e L’Operazione di Rosario Lisma viene rappresentata la generazione dei trentenni di oggi, divisa tra la voglia di veder riconosciuto il proprio lavoro, sentirsi appagati e la noia in cui si ricade quando un’occupazione non la si ha.

La realtà irrompe in tutta la sua comica amarezza ne La squadra di bowling, scritto da Beppe Casales: tre amici passano le loro giornate sul divano di casa vestiti con la divisa per partecipare ai tornei del loro sport, il bowling. Giocano per gareggiare e vincere trofei, continuano a indossare sempre la stessa maglietta della squadra, ma in fondo non vanno al bowling da due anni: cercano il “quarto”, ma in realtà stanno seduti a bere birra in casa e trovare l’ultimo componente del gruppo sembra impossibile. Aspettano un Godot che non arriva e in fondo non lo cercano veramente: rimangono sospesi in un’apatia che giustifica il loro fare nulla e da cui non escono proprio perché non ne hanno la volontà: «dopo tutto, non ci si deve divertire sempre» come viene detto da uno dei tre ragazzi durante lo spettacolo. Il problema però è che non si divertono mai: Beppe, Davide, Marco – i nomi dei personaggi ma anche degli attori stessi, Beppe Casales, Davide Iacopini e Marco Taddei – sono bloccati in una paralisi di noia, i loro dialoghi diventano monologhi fini a se stessi che agli altri non interessano. Marco con la sua teledipendenza e anti-globalizzazione risulta uno “sfigato di sinistra”; Beppe parla agli amici del suo innamoramento per Giulia ma quando ha la sua vera occasione con lei si tira indietro; Davide polemizza sui discorsi dei suoi compagni continuando a leggere la sua rivista di moto. A ricadere nella noia non sono più i borghesi come ai tempi di Moravia, pieni di soldi e senza scopi, ma i giovani di oggi, frustrati e laureati disoccupati, con degli obiettivi che piano piano scemano perché non trovano una realizzazione; trentenni che si chiedono il motivo dell’esistenza della laurea in filosofia se poi con essa non ci si può far nulla. La squadra di bowling mostra un presente amaro in maniera leggera e ironica, strappa risate al pubblico nel suo semplice schema di sketch per cui i giorni passano e i tre rimangono nel loro immobilismo esistenziale. Una fotografia della generazione dei trentenni che sembra fatta non con una reflex, ma con una fotocamera compatta che rende l’immagine nitida e piacevole senza dare troppa profondità a una disillusa quotidianità.

L'Operazione di Rosario Lisma

Ne L’Operazione – spettacolo vincitore del Premio Nuove Sensibilità 2008 – l’amarezza esistenziale che traspare riguarda lo stesso sistema teatrale, ma getta uno sguardo ancor più ampio sul nostro Paese descritto come «il Paese dei favori, dei ladri, dei truffatori e dei servi» e soprattutto dove non esiste meritocrazia, mentre si potrebbe benissimo parlare di “convenienzocrazia”. Rosario Lisma – drammaturgo, regista e attore della pièce – gioca sul fattore meta-teatrale: all’interno de L’Operazione egli riserva per sé gli stessi ruoli, essendo a capo di una compagnia teatrale impegnata a mettere in scena un testo sul terrorismo dei brigatisti rossi. Affiancato da Andrea Nicolini, Andrea Narsi e Ugo Giacomazzi – e la partecipazione di Lino Spadaro – Lisma punta la luce sulla precarietà dei giovani attori o drammaturghi stessi, senza alcuna tutela e sospesi in una situazione instabile dove oggi si lavora e domani chissà. Tra rassegnazione, depressione ma anche attimi di entusiasmo e di energia, il loro cruccio e obiettivo diventa quello di ottenere una recensione dal «mammasantissima della citazione», il Critico per eccellenza che controlla tutto e grazie al quale si aprono le porte del successo e lavoro assicurato. Una commedia con attori di qualità, uno spettacolo che diverte per la costruzione dei personaggi e per le relazioni che tra loro intercorrono, a tratti comiche o tragicomiche, ma che si dilunga troppo in alcuni meccanismi: si succedono infatti diversi stati emotivi e problemi che in maniera circolare si reiterano per arrivare sempre a denunciare lo stato di malessere diffuso che come una polvere velenosa si propaga nel Belpaese. Polvere che è arrivata ad intaccare anche il sistema artistico-culturale che dovrebbe essere scevro invece di ogni gioco di potere. A essere preso di mira non è solo il critico Mezzasala, spesso nominato e visto come un cinico burattinaio che decide chi muovere e chi lasciare chiuso nel baule in cantina, ma coloro che assoggettandosi a un sistema di convenienze e di falsi sorrisi alimentano lo stesso impianto malato, proprio come fanno gli stessi personaggi de L’Operazione. Ma questa autocritica risulta forse solo una sfumatura di cui ci si dimentica una volta usciti da teatro: a risaltare è quel sistema di cui in fondo non sembra di essere mai complici, ma sempre e solo le vittime.

Visto al Festival Pre-visioni del Teatro della Tosse, Genova

Carlotta Tringali

Questo contenuto è parte del progetto Situazione Critica
in collaborazione con Teatro e Critica

 

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