
Il 28 ottobre è andata in scena Accademia degli Artefatti che ha presentato My Arm di Tim Crouch diretto da Fabrizio Arcuri con in scena Matteo Angius ed Emiliano Duncan Barbieri; a discutere con loro dopo lo spettacolo: Simone Martini e Simone Nebbia di Teatro e Critica, il cui approfondimento è pubblicato qui sotto.
Ri-vedendo My Arm a Siena: portiamo i Teatri fuori dalla Scatola
di Simone Nebbia
TeatrInScatola. Sala Lia Lapini. Il programma che l’anno scorso era dentro una scatolina di cartone riciclato stavolta arriva dentro una boccettina di plastica, riciclata anch’essa, con il messaggio dentro. Certe piccole resistenze artistiche, mi dico, arrivano come trasportate dalle onde degli oceani, certi di una sponda – approdo – che diventi terra. La propria. Ormai l’autunno conta la tappa senese con una cadenza di estrema puntualità: segno delle buone iniziative è la loro affermazione nei progetti e nella memoria di chi le frequenta. Così anche in questo folle autunno Siena schiude la sua bellezza oltre le Porte dell’accoglienza monumentale: mai fu più dolce, entrare in un fortino. La rassegna, che aveva aperto venerdì 21 ottobre 2011 con Western di Massimo Schuster e andrà avanti fino al 27 novembre 2011, invita al secondo appuntamento uno spettacolo non “nuovo” – e questo ci sarà molto utile per l’analisi – di Accademia degli Artefatti: My Arm di Tim Crouch, con la regia di Fabrizio Arcuri e con in scena Matteo Angius ed Emiliano Duncan Barbieri. Questo invito è piuttosto comodo per introdurre l’altro, sequenziale, che coinvolge critici e operatori ad incontrarsi proprio sul tema larghissimo di cosa desideriamo intendere per “novità” in ambiti artistici e in generale sulla difficoltà di sistema nella gestione di produzione e circolazione delle opere. Il progetto, che si appoggia alla nostra ormai consueta Situazione Critica, chiama un diverso critico di una delle due webzine ogni volta all’incontro con un diverso operatore, dopo lo spettacolo.
My Arm è un’ottima conferma del progetto culturale di Accademia degli Artefatti attorno alla figura umana calata in una realtà che non sa più cogliere, scegliendo non a caso di dedicarsi alla drammaturgia contemporanea anglosassone che meglio di tutte ha saputo interpretare la moltiplicazione dei piani di realtà e ne ha portato a fondo il carattere grottesco che di essa è ovvia conseguenza…
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