Intervista a Massimo Paganelli

Intervista a Massimo Paganelli Direttore Artistico di Armunia Festival

Inequilibrio è il Festival di Teatro e Danza, che si è tenuto a Castiglioncello in provincia di Livorno, nella prima metà di luglio. È organizzato dall’associazione Armunia e diretto da Massimo Paganelli, quest’anno al suo ultimo anno come Direttore Artistico.

Inequilibrio, instabile e insicuro: parliamo del Festival o del Teatro in generale?

Il Festival, lo chiamiamo Festival perché la legge ce lo impone, ma per me non è un Festival, è una stazione intermedia, di scambio, dove star fermi. Lo considero una stazione perché il Teatro, come la vita, credo sia un’eterna ripartenza. È ripartire che conta. Cito Giogio Gargani, noto filosofo e amico: “Tutto ciò che ci accade è sempre la penultima cosa”, tutto quello che ci accade ci consente sempre di ripartire. Il Teatro per me è un po’ questo: non è soltanto far vedere cose, o garantire ad un artista la serenità nell’approccio alla sua materia ma è anche qualcosa che riguarda il nostro continuo desiderio di ripartire, navigare al margine, essere un po’ funamboli. Anche per questo si chiama Inequilibrio, perché la preoccupazione è che questa sottile fune su cui il funambolo cammina, si spezzi a fronte dell’ottundenza, che si perda la curiosità che è alla base del nostro fare Teatro.

Il programma del Festival ospita compagnie che lavorano sul territorio ma anche realtà esterne che sono state qui in residenza. Sembra molto importante per voi stabilire un contatto…

Sì, il progetto Armunia gira attorno alle residenze. I mesi invernali sono dedicati allo studio e all’applicazione e a costruire un rapporto con la comunità di Castiglioncello: vengono fatte prove aperte e discussioni con l’artista, dando la possibilità ai cittadini interessati di vedere cosa accade all’interno del Castello Pasquini. La stessa struttura d’estate ospita il Festival, al quale partecipano le compagnie che durante l’anno sono state in residenza, così che i cittadini possano vedere anche il risultato finale, e quindi entrare a far parte di un percorso e crescere. Per lo meno questo è l’auspicio, che si cresca attraverso la visione e l’incontro, si alimenti la curiosità, i dubbi e la passione. Ritenere la rappresentazione teatrale valida non solo in quanto rappresentazione, ma anche in rapporto ad un pubblico, che abbia la possibilità, sia per l’organizzatore che per l’artista, di affrancarsi dalla posizione di semplice pubblico e di diventare, in un certo modo, uno spettatore attivo.

Questo è l’ultimo anno come Direttore Artistico, è soddisfatto del lavoro svolto? Prospettive per il futuro?

Il prossimo anno non ci sarò. L’idea è quella di ripartire, e non parlo solo di una ripartenza personale, mi auguro che questa fune, su cui abbiamo camminato per qualche anno, sia rinsaldata nei suoi sfilacciamenti, che sono forieri di una possibile troncatura, e che sia nuovamente tesa.
Sono quasi trent’anni che navigo tra gli artisti con questa tensione, rivolta sempre con lo sguardo all’indietro, perché le macerie che lasci ti spingono avanti. Bisogna esser consapevoli che hai lasciato dietro di te macerie, anche quando è fatto, perché tutto quello che puoi aver costruito, non è mai sufficiente a dire basta. Allora è veramente la logica del penultimo di Gargani, è necessario guardare indietro, avere memoria delle cose che accadono per poter avanzare, e far accadere tutto ciò che avrebbe potuto, ma non è ancora accaduto. È un po’ come scriveva Glenn Gould in Piano solo: “La vita è una continua aria col daccapo” che si ripete sempre non ripetendosi mai.È questo il senso di un progetto culturale, che non amo definire Festival, è un progetto per una comunità, anche se spesso la comunità è sorda. I benefici di quello che è accaduto in questi anni a Castiglioncello, se ci saranno, li vedremo tra dieci, forse quindici anni, cioè quando questo sarà già maceria.


a cura di Camilla Toso

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