Baccanti statuarie per Emiliani

Recensione a Le baccanti – regia di Giuseppe Emiliani

Foto di Arianna Novaga

Foto di Arianna Novaga

Euripide scriveva la sua ultima opera poco prima di morire, consegnando agli uomini un testo che nel 2009 si sceglie ancora di mettere in scena. Le tragedie greche sono infatti intramontabili e hanno la capacità di essere sempre attuali, di avere uno sguardo rivolto alla contemporaneità. I temi affrontati superano le barriere temporali e attraverso alcune scelte registiche si riesce a mettere in luce sfumature che vengono accentuate a seconda dell’epoca in cui si sta vivendo.

Giuseppe Emiliani, che firma la regia de Le baccanti, andate in scena in anteprima al Teatro Olimpico di Vicenza, si serve di una donna travestita da uomo per giocare sulle dualità che segnano quotidianamente le nostre vite, scegliendo di sottolineare il conflitto che divide l’universo maschile da quello femminile. Interpretato da una bellissima e statuaria Laura Marinoni, il dio Dioniso scende sulla terra travestito da uomo, portando con sé ogni tipo di contraddizione, scontro e follia. Egli è uno ‘straniero’ con la colpa di aver guidato verso la pazzia tutte le donne di Tebe che, rifugiatesi sul monte Citerone, celebrano i riti baccanali; proprio per questo il dio androgino attira su di sé l’odio del sovrano Penteo, il bravissimo ed energico Francesco Migliaccio. Il rovesciamento delle parti avviene ancora quando la Marinoni convince il giovane re a mascherarsi da donna per poter spiare le baccanti: ma proprio tra le irrazionali e invasate menadi questo trova la morte per mano della madre Agave – l’impeccabile Susanna Costaglione. Fuori di sé, non riconosce lo scalpo del figlio e comprende la tragicità dell’atto compiuto quando Cadmo, il vecchio re e padre della donna interpretato da Virgilio Zernitz, la riconduce alla ragione.

Foto di Arianna Novaga

Foto di Arianna Novaga

La contrapposizione tra universo femminile e maschile scivola via velocemente e risulta solo accennata in uno spettacolo che rimane molto statico e che trova invece la sua raison d’être nei singoli elementi che lo compongono. Oltre al cast preparatissimo – formato anche da Marcello Bartoli nei panni di Tiresia e Dely de Majo come prima baccante – molto interessante è l’idea di sostituire il coro attraverso le musiche originali di Christian Cassinelli che, nonostante appesantiscano leggermente il ritmo nel finale, producono un effetto austero che comporta un piacevole contrasto con il bel gioco di luci curato da Pieter Jurriaanse. Un ulteriore merito spetta alle scene di Matteo Torcinovich e alle sculture di Lucio Serpani: non è semplice aggiungere ornamenti in un teatro che Palladio ha reso architettonicamente e visivamente saturo. Ma le diverse grandezze appartenenti aiframmenti di una stessa statua, impossibile da ricomporre, riescono a creare un effetto straniante e spostano le coordinate temporali della tragedia. Anche i costumi di Nicolao Atelier risultano curati nel minimo dettaglio e colpiscono per l’originalità pur ricordando lo stile classico greco. Se la scrittura scenica si presenta spesso impeccabile, lo spettacolo non ottiene nel complesso lo stesso risultato: manca un principio di organicità che unisca i diversi tasselli che lo compongono. Più che una contemporaneità si ritrova così il gusto arcaico dell’epoca: uno sguardo che porta il pubblico a vedere Le baccanti come se si trovasse nell’antica Grecia.

Visto alla generale al Teatro Olimpico, Vicenza

Carlotta Tringali

 

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