Il furore di Pennacchi colpisce ancora

Recensione di Il Tao di Bruce Lee di Andrea Pennacchi

Andrea Pennacchi

Andrea Pennacchi


Andrea Pennacchi
porta nuovamente Il Tao di Bruce Lee nell’intimo ambiente dei Carichi Sospesi di Padova. Lo spettacolo – presentato lo scorso 20 giugno in prima nazionale al Festival Teatri delle Mura di Padova – rinnova ad ogni replica una rara atmosfera confidenziale con gli spettatori. Questa volta, forse, anche di più, per l’intimità  forzata a cui costringono le dimensioni particolarmente ridotte del teatrino padovano, che permettono però all’attore di arrivare al suo pubblico senza barriere.

Il Tao è il sentiero, la via, e infatti lo spettacolo tratta della vita, delle scelte che indirizzano e segnano il cammino della formazione di ognuno. Pennacchi rievoca in particolare quelle delicate  fasi di crescita in cui si sceglie – o lo si prova a fare – chi voler diventare. Un racconto, quindi, della scoperta dei modelli da seguire durante i periodi della scuola, degli scontri tra bulli, del mettersi alla prova e perciò le prime occasioni in cui si viene chiamati a dimostrare il proprio coraggio: esporsi per difendere un amico, oppure scegliere di essere battuti al suo fianco. Nuove sfide, rivincite, in una ricerca della propria identità che forse non ha mai fine.

La narrazione si rivolge particolarmente a coloro che sono cresciuti negli anni ’70 e ’80 e va perciò a toccare i tasti più o meno sensibili che accomunano quella generazione: rievocando modi di dire, abbigliamento, gruppi musicali, film, telefilm. Tra i molteplici miti all’ombra dei quali si cresceva in quegli anni, Pennacchi mette in luce quel personaggio immortalato dal cinema e consacrato dalle arti marziali – anche in virtù della sua misteriosa morte – che è Bruce Lee. L’attore statunitense, di origini cinesi, non è semplicemente il protagonista di film d’azione hollywoodiani: con un’eccezionale padronanza delle arti marziali rivoluziona il kung fu e viene riconosciuto come filosofo e imitato come modello di vita. Combattente buono, sempre in difesa dei deboli, oltre che essere bello, atletico e agilissimo, Lee è un ideale cui ispirarsi con dedizione.

Lo spettacolo rievoca tutto questo con brevi episodi, frammenti di memoria, attraverso i quali viene ripercorso il delicato passaggio al mondo degli adulti, nell’ illusione che trovare modelli a cui ispirarsi sia la risposta ad ogni insicurezza.

Quest’ultimo lavoro appartiene in tutti i sensi a Pennacchi, che rinnova in esso il desiderio di ideare, scrivere e interpretare personalmente i propri spettacoli. Stavolta l’autore-attore volge l’attenzione a varie narrazioni, come dichiara: “Questa è una storia di storie. Ed è una storia sulla lotta tra le storie, su come abbiano bisogno di noi umani, per vivere, riprodursi, crescere.”

Spettacolo semplice e diretto. Tenero e sincero.

Visto al Circolo Culturale Carichi Sospesi, Padova.

 

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