L’astrattismo entra a teatro con Pathosformel

 

foto di Paola Villani

foto di Paola Villani

Recensione a La timidezza delle ossa e Concerto per harmonium e città –Pathosformel

Giovani e intellettuali. Intellettuali sì, ma senza l’eccessivo accademismo che li renderebbe incomprensibili. Il teatro di Pathosformel, compagnia formatasi a Venezia nel 2004 dall’incontro di Daniel Blanga Gubbay e Paola Villani, arriva allo spettatore in maniera diretta e con semplice stupore nonostante si serva, per farlo, di differenti strumenti teorici non sempre di facile accesso. Arte concettuale, astrattismo, costruttivismo e decostruttivismo sono solamente alcuni fattori che hanno ispirato La timidezza delle ossa, breve spettacolo che implica una totale messa in gioco dell’immaginazione dello spettatore. Centrale diventa la sottrazione di quegli elementi che solitamente costituiscono il nucleo primario degli spettacoli teatrali: il corpo dell’attore e la parola qui sono completamente negati, mentre si indaga lo spazio vuoto attraverso un potente impatto visivo, fatto di improvvisi e rapidi riempimenti. Un telo bianco e illuminatissimo, posto al centro del palco, abbandona a poco a poco la sua prerogativa di superficie piatta per far trasparire delle membra, parti del corpo riconoscibili o non. Un braccio, una mano, una gamba mostrano per pochi istanti la loro consistenza, la loro ossatura filtrata dal materiale plastico che si frappone tra corpo e pubblico.

La superficie deformata ricorda lo spazialismo di Lucio Fontana e gli esperimenti sul movimento delle tele di Enrico Castellani. Non ci sono però disegni geometrici, ma protuberanze che trasformano la dimensionalità in tridimensionalità: timidamente si assiste al contatto tra due mani, all’abbraccio rapsodico di due toraci, a una spina dorsale che percorre tutto lo spazio, nelle diverse direzioni. Sta allo spettatore trovare gli incastri, immaginare cosa possa spingere quei corpi a cercarsi o a respingersi. La storia da ricostruire spetta a chi osserva seduto in platea, diventando così soggettiva.

foto di Alvise Nicoletti dal Fopa09

foto di Alvise Nicoletti dal Fopa09

Se La timidezza delle ossa rivela una ricerca completa e originale, suscitando emozioni inaspettate e percorsi associativi personali in chi guarda, meno riuscito sembra Concerto per harmonium e città. Daniel Blanga Gubbay esegue una musica minimale che allo stesso tempo è sacrale, grazie all’uso di uno strumento particolarmente legato a melodie liturgiche come l’harmonium. Il suono del piccolo strumento a pedali tenta di stabilire un legame con il tracciarsi delle linee proiettate sulla faccia anteriore dell’harmonium. Ad accompagnare Gubbay, Lorenzo Senni che, al sintetizzatore, riproduce alcuni rumori di città. Il video di Paola Villani, che dovrebbe evocare il tessuto urbano in movimento, e l’interazione di quest’ultimo con la musica risultano deboli ed eccessivamente astratti, forse da approfondire ricercando relazioni più accessibili al pubblico.

Visto a Teatro Fondamenta Nuove, Venezia

Carlotta Tringali

6 thoughts on “L’astrattismo entra a teatro con Pathosformel

  1. Gaia says:

    è un po’ deludente scoprire, in questo sito, articolo dopo articolo, che la difficoltà degli spettacoli è considerata un elemento da temere. Il pubblico mi sembra più vivo e curioso che mai, possibile che la paura nasca nei giovani critici? critici che forse non hanno strumenti? sarà il pubblico ad allontanarsi (cosa che non credo perchè appare affamato e più scafato dei critici) o non saranno queste critiche a tenere il pubblico a debita distanza spaventandolo?

  2. Redazione says:

    Ci fa piacere che il pubblico segua con grande attenzione gli sviluppi della critica e del teatro contemporaneo e che esprima la sua opinione in proposito. Pubblichiamo questo commento sperando di aprire un dibattito sugli spunti proposti da Gaia o su altri che i lettori ritengono interessanti confrontare e discutere.
    Il rapporto tra criciti e teatro?Giovani e meno giovani, la fame del pubblico è diversa da quella dei critici? e quella degli artisti? diteci cosa ne pensate!
    Dunque, grazie Gaia e a voi la parola…

  3. teardrop.smile says:

    Credo che l’obiettivo di questo blog sia proprio quello di sfatare il mito della “difficoltà” del teatro perchè chiunque capisca che andare a teatro è un’esperienza che può segnare qualsiasi persona e non solo gli addetti al settore. Credo che il fatto che esista anche solo un sito gestito da persone giovani significhi molto. Però mi piacerebbe capire a cosa fai riferimento quando, Gaia, dici: “in questo sito, articolo dopo articolo, che la difficoltà degli spettacoli è considerata un elemento da temere.” Magari mi sfugge qualcosa che mi permetterebbe di capire meglio.

  4. sbekk82 says:

    Da giovane spettatore penso che non sia tanto la “difficoltà dello spettacolo” a spaventarmi, quanto il fatto che gli ultimi spettacoli che ho visto di teatro di ricerca erano da un lato ricchissimi dal punto di vista visivo, ma dall’altro difficilmente comprensibili dal punto di vista drammaturgico, tanto che spesso nei commenti tra il pubblico al bar dopo le “visioni” la critica popolare più comune può essere riassunta in “non so cosa significasse ma era bello”. Allora sorge in me spesso il dubbio “genio o ciarlatano”?
    Inoltre un’altra “moda” nel teatro sperimentale che ho ultimamente notato è il fatto che spesso lo spettacolo che mi trovo a vedere è una tappa di un percorso di spettacoli che sicuramente non ho potuto vedere perchè portati in scena in città lontane da dove vivo. Quindi in questi casi mi trovo sprovvisto da spettatore degli elementi per poter comprendere quello che mi trovo a vedere.
    In definitiva vi dico: Teatranti tornate a coniugare sperimentalismi e drammaturgia in spettacoli DEFINITIVI così che lo spettatore medio si possa trovare di fronte a OPERE di valore compiuto senza la paura di essersi “perso qualcosa”.

    P.S. Ancora complimenti alla redazione per il sito.

  5. Benedetta says:

    Il compito dei critici credo sia quello di divulgare la cultura teatrale. Oggi come non mai dato che il teatro acquista ogni giorno nuove forme non sempre di facile fruizione per uno spettatore medio e dato il marasma dell'”offerta spettacolare” che c’è oggi nella nostra società.
    E’ secondo me ammirevole quello che questa redazione on line fa.
    Non credo che il pubblico si spaventa, anzi il pubblico del teatro è il pubblico più cattivo che conosco, dopo l’opera lirica!, e non si lascia spaventare da articoli di critici giovani o no.
    Il fatto è che il pubblico non c’è, almeno qui dove vivo io, in provincia di Ancona. Quello che a fatica tento di fare è costruire una sensibilità teatrale nel mio territorio. Constatare che effettivamente la gente dica del mio spettacolo “bello davvero anche se non c’ho capito molto” da una parte va bene ma dall’altra mi rendo conto che è anche un limite quello di usare forme sperimentali o cmq non utilizzare un linguaggio tradizionale. Sono in sintonia con il consiglio di sbekk82 di “…coniugare sperimentalismi e drammaturgia in spettacoli DEFINITIVI…”

  6. Cha says:

    La percezione di uno spettacolo teatrale è soggettiva e questo ovviamente vale anche per i critici, liberi di dire la loro opinione, quanto sono liberi i lettori di dare più o meno peso alle loro parole.
    Concordo pienamente con chi ha sostenuto che “il fatto che esista questo sito gestito da persone giovani significhi molto”. Visto che sono appunto giovani critici e quindi alle prime armi, non mi sembra si siano fatti spavantare dagli spettacoli a cui sono andati e vanno incontro, se no non scriverebbero per questo sito.
    Dunque, tanto di cappello e grazie per i vostri articoli.

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