Santa Giovanna dei Macelli, oggi.

foto di Marcello Norberth (www.lebellebandiere.it)

foto di Marcello Norberth (www.lebellebandiere.it)

Recensione di  Santa Giovanna dei Macelli, ovvero, quando il desiderio è più forte della paura, ovvero, dell’arte del dubbio, progetto di Elena Bucci e Marco Sgrosso

 

Vedo chiaro il sistema (…) Qui c’è gente seduta. Pochi in alto e molti in basso. E quelli in alto gridano a quelli in basso: « Venite su, così saremo tutti in alto». (…) tutto il sistema è un’altalena a due capi, l’uno dipendendo dall’altro, e quelli in alto sono lassù perché gli altri son bassi e soltanto finché restano in basso: ché se quelli venissero su in alto, gli toccherebbe scendere. Così debbon volere che gli altri rimangano eternamente in basso e che mai salgano.

La giovane e idealista Giovanna Dark – protagonista di Santa Giovanna dei Macelli, di Bertolt Brecht – scopre con la disarmante tangibilità dell’esperienza diretta lo squilibrio ingiusto che governa la società, condensato nell’immagine dell’altalena.

A Chicago, alle porte della crisi del ’29, Giovanna fa parte dell’organizzazione dei Cappelli Neri che aiutano poveri e operai con canti e minestre calde, ispirati dalla parola del Signore. Vana missione però, se il nemico da combattere è l’invincibile potere del denaro che guida il sistema produttivo industriale. A personificare il male-che-sempre-vince, è il crudele Pierpont Mauler: il re della carne, colui che è a capo della maggiore industria di macellazione della città. Personaggio spietato e ambiguo, fintamente in balìa di regole economiche che – anche grazie agli amici di Wall Street – riesce sempre a far sfruttare a suo vantaggio. È un imprenditore inflessibile con alleati e avversari, ma che sembra intenerito da Giovanna, l’unica a cui presti ascolto. Nonostante, però, a tratti riveli un animo sensibile, nel dramma di Brecht, Mauler mantiene immutata una costante vigliaccheria che gli impedisce di incontrare i suoi dipendenti e i poveri della città, per il timore di esser sopraffatto dalla pietà.

Antagonista odioso quanto però necessario al sistema di cui è il vertice: nonostante sia per l’intero dramma l’artefice delle sofferenze di tutti, a seguito del fallimento dell’intero sistema produttivo, è lo stesso  meccanismo dei macelli a richiedere il suo intervento e ad invocarlo come unico possibile salvatore. Alla fine del dramma trionfa con asprezza e irrisione la sconfitta delle buone intenzioni di Giovanna – incapace di agire nel momento dell’azione – e viene riconfermata la condanna all’eterna sofferenza e sfruttamento della miserabile classe operaia. Tutto torna come prima: pochi al potere e tutti gli altri a patire fame e freddo, sfruttati per uno stipendio ulteriormente diminuito. Ma almeno – per ora –  la crisi è passata. Cinismo, realismo, parole crudeli e provocatorie, ma innegabilmente emerge la vita ingiusta e spietata che l’umanità troppo spesso si costringe a vivere.

Anche questa è la forza del testo – concepito da Brecht durante e dopo la crisi del ’29 –  che mostra un’umanità cruda e un destino spietato quanto le regole del mercato e propone una tematica oggi assolutamente attuale.

Un testo portato in scena nei giorni scorsi da Elena Bucci al Teatro Aurora di Marghera. Santa Giovanna dei Macelli, ovvero, quando il desiderio è più forte della paura, ovvero, dell’arte del dubbio, è un progetto nato in collaborazione con Marco Sgrosso – il quale affianca la Bucci sul palco e alla regia – e coprodotto da Le Belle Bandiere e dal Teatro Metastasio Stabile della Toscana.

La regista, assieme a Sgrosso, spiega che il testo “offre l’occasione per articolare le parole che non si riescono più a nominare: le illusioni cadute e quelle rimaste, alto e basso, potere, denaro, mercato, Dio, poveri, ricchi, crudeltà, ideale”.

Le parole di Brecht ci introducono ferocemente nel mondo dello sfruttamento operaio, dell’umile e pericoloso ambiente dei macelli di Chicago, città che storicamente, grazie alla macellazione meccanizzata, diviene il più grande marcato di bestiame del mondo, capace di macellare fino a duecentomila maiali al giorno. Nell’allestimento della Bucci, la sanguinosa città è evocata con una scenografia essenziale quanto efficace ed elegante, che funziona forse proprio perchè è una dimensione pulita e chiara ad ospitare luoghi fangosi e insanguinati, contrasto apparente che lascia spazio all’immaginazione dello spettatore.

La regia propone un coro mutevole e sfaccettato che racchiude in un’unica entità le voci della collettività: i cronisti, il popolo, i fabbricanti, gli azionisti e grossisti, i Cappelli Neri e gli operai. Corpo corale che, attraverso una coreografia di gesti ripetitivi, suoni, grugniti e muggiti, è capace di rievocare la complessa e precisa fabbrica di distruzione e morte organizzata che è il macello.

Ritmi incalzanti e travolgenti, ben orchestrati dalla regia, ricreano alla perfezione la frenesia dei cronisti quanto l’apprensione di chi vive nell’imprevedibile dinamica della borsa, riuscendo con fluidità a variare l’atmosfera da scene di strada animate da canzonette, a crudeli scenari di povertà e disperazione.

I personaggi sono ben caratterizzati e acquistano completezza anche grazie ai costumi di  Ursula Patzak nati– come spiega la regista – dall’assemblaggio di “riciclati abiti da grandi occasioni, tutti lustrini e paillettes, perché sia netta e dichiarata l’odierna impossibilità di coincidere con le parole di Brecht”.

Un cast compatto e di ottimo livello: assieme ad Elena Bucci e Marco Sgrosso– rispettivamente nei panni di Giovanna Dark e Pierpont Mauler – sono Maurizio Cardillo, Gaetano Colella, Renato Avallone, Andrea De Luca, Nicoletta Fabbri e Roberto Marinelli a dar vita all’opera.

Spettacolo efficace ed evocativo in ogni aspetto: dalle luci di Maurizio Viani, alle musiche composte da Andrea Agostini ed eseguite dal vivo da Dimitri Sillato.

Teatro che riesce ad essere chiaro e bello, esplicito e politico.

Un teatro che cattura il pubblico, il quale, una volta ogni tanto, esce davvero toccato da ciò a cui ha assistito.

foto di Marcello Norberth (www.lebellebandiere.it)

foto di Marcello Norberth (www.lebellebandiere.it)

Visto al Teatro Aurora, Marghera