Teatri di Vetro Last Night

Con la serata di domenica 24 maggio il festival Teatri di Vetro chiude la sua terza edizione. Sotto la direzione artistica e organizzativa di Triangolo Scaleno Teatro, per nove giorni si sono alternate varie forme d’arte: dal teatro al cinema, dalla danza alla video-installazione, dalla performance alla mostra. Lunga è la lista degli artisti e dei gruppi partecipanti, tutti o quasi appartenenti alla nuova generazione della scena contemporanea indipendente. È stata per tutti l’occasione di dare voce e di far vedere le innovazioni e le sperimentazioni delle pratiche artistiche. Come tutte le novità hanno bisogno di tempo per essere assimilate e se necessario rielaborate, ripensate, corrette, ampliate. Ma Teatri di Vetro vuole sopratutto essere il luogo, lo spazio da dove queste novità compiono i primi passi.

cristiani

L’ultima sera ha visto protagonisti: Alessandra Cristiani in Oro e Rosso, Giano + gramigna_ct in Betrayal Trauma e Giuseppe Provinzano in GiOtto.

Il primo è un esperimento di danza forsepoco riuscito. La danzatrice Alessandra Cristiani, immersa in un’atmosfera composta da luci fredde e accompagnata da una musica stridente, spesso fastidiosa, si agita sul palco come fosse presa da convulsioni. Il suo corpo androgino, muscoloso, scultoreo, si presenta al pubblico prima nudo, poi con un esile abitino color carne, poi ancora nudo. Alterna movimenti lenti e calibrati ad altri animaleschi, spasmodici, istintuali. Voleva essere un tentativo di dare visione ai luoghi interiori, intimi, privati (almeno così segnala la scheda di presentazione dello spettacolo). In realtà la nudità mostrata fin dall’inizio brucia subito l’eventuale possibilità di poter scoprire qualcosa di più di questa ballerina-protagonista. Tanto che quando si veste attira di più l’attenzione del pubblico. Alla fine dei quaranta minuti un timido applauso rivela una platea stanca di vedere le contorsioni poco convincenti di questo perfetto corpo femminile.

Con Giano + gramigna_ct in Betrayal Trauma si scopre lo spazio del lotto n.9, uno dei tanti luoghi all’aperto occupati per l’occasione da Teatri di Vetro. Un cortile molto ampio si apre al centro di un gruppo di palazzi alti nelle vicinanze del Teatro Palladium. La performance vede protagonisti due gruppi composti ognuno da quattro attori: uno tutto al maschile, l’altro tutto al femminile. Una registrazione in sottofondo rivela le identità di quegli uomini che, come modelli alla ricerca di scatti fotografici, si muovono lentamente sul perimetro del cortile fermandosi spesso in pose plastiche. Sono Cassio, Bruto e Cesare (del quarto non si precisa l’identità). Le loro parole raccontano la preparazione di quel complotto che porterà all’uccisione di Cesare. Le quattro attrici, intanto, posizionate agli angoli di un quadrato centrale, sono illuminate di rosso e anche loro si muovono lentamente in modo quasi impercettibile. Danzano la percezione della fine del grande Augusto. Una di loro porta sul petto il segno di quella che sarà la ferita mortale di Cesare, accorgimento che rende però il tutto un po’ scontato. Eccetto alcuni particolari, risulta una performance ben costruita: forte la contrapposizione tra i gruppi, impegnativa la volontà di voler rendere visibile attraverso i corpi femminili l’avvicinarsi di una morte annunciata.

È con Giuseppe Provinzano in GiOtto si conclude questa serata. Presenta la cronaca dei fatti del G8 di Genova del 2001, ma la narrazione viene scandita secondo le scansioni della tragedia greca: c’è un prologo, due episodi e un epilogo. È una tragedia moderna e i personaggi che in essa si contrappongono sono il giovane black block, e l’altrettanto giovane carabiniere del servizio d’ordine della ormai famosa zona rossa, la zona invalicabile (di cui metto per dovere di cronaca anche i loro nomi, Carlo Giuliani e Mario Placanica). Una drammaturgia ben costruita, piena di contenuti importanti ma forse troppo per il giovane attore Provinzano. Difficile per lui sdoppiarsi nelle due personalità in contrapposizione, difficile mantenere il ritmo incalzante delle battute per il tempo totale di un’ora e mezza di spettacolo. Probabilmente l’ora tarda e la stanchezza della lunga serata si fanno sentire sia per l’attore che per lo spettatore ormai quasi assopito nella poltrona di platea. Ci penserà un’improvvisa musica da discoteca e una maschera del Silvio nazionale a risvegliare gli animi. Così, con la ormai scontata rappresentazione di un potere fantoccio si chiude questa terza edizione di Teatri di Vetro.

Cala il sipario sulla scena indipendente, ora bisogna solo aspettare nuovi fermenti, nuove pulsioni per rianimare un panorama teatrale che appare troppo spesso sepolto sotto un grande strato di polvere.

Valentina Piscitelli

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