Recensione a Insorta distesa – Plumes dans la tête
Un ammasso di corpi inermi, candidi: una scena di un massacro ormai congelata dal tempo, corpi divenuti statue. Potrebbero essere gli abitanti di Pompei, riportati alla luce dopo secoli di oblio, o le vittime civili di un qualsiasi passato conflitto: corpi che sembrano carbonizzati, ma bianchi. Nel mezzo del gruppo, una delle figure riprende vita.
Inizia così Insorta distesa, prima fase del progetto Formazione Pagana di Plumes dans la tête, ensemble nato del 2007 dall’incontro dell’attrice e performer Silvia Costa con il musicista e compositore Lorenzo Tomio.
In scena Nathaly Sanchez, lentamente, libera il suo corpo dalla coltre di gesso che la imprigionava: il suo ri-sorgere diviene un lento ma estenuante in-sorgere verso un percorso di liberazione che, dal biancore del rigido involucro, lascia sfuggire il movimento di un corpo scuro, statuario, potente. Il disegno sonoro tesse un climax che dalla sospensione e l’attesa coinvolge sempre più lo spettatore in un vorticoso ed intenso pulsare: il lavoro vibra di una delicatezza energica, vive di dettagli e piccoli significativi gesti.
Saturo di riferimenti sintomatici di un immaginario in costante arricchimento e ripensamento, Insorta distesa è un movimento performativo all’interno di una costellazione di momenti, piccoli oggetti, cenni. E come solo un occhio attento e curioso può, osservando il cielo, riconoscere e riscoprire le formazioni stellari, così lo spettatore deve cercare di cogliere questi indizi per poi tentare di ricongiungerli.
La scena viene lentamente invasa dai toni del rosso e del blu: dapprima piccoli elementi, per poi colorare geometricamente tutta la scena nel disegno luci di Giacomo Gorini. Dopo un ultimo atto di umanità verso i corpi rimasti a terra — in un tableau vivant che sembra ricostruire uno dei tanti banali monumenti ai caduti che nessuna località italiana si fa mancare — il lavoro subisce, infatti, un cambiamento totale e decisamente spiazzante: il percorso dell’insorta precipita rapidamente verso l’asetticità della ricerca scientifica e della catalogazione. Mentre i corpi distesi divengono puri reperti da ripulire e schedare, il pulsare vitale viene rinominato nelle sue parti anatomiche e ridotto a un puro contrasto cromatico: sangue arterioso e sangue venoso. In questo nuovo mondo che compare, per il breve momento finale, in scena, l’insurrezione si svuota di senso, e la donna torna ad occupare il suo posto tra i cadaveri di gesso. Si chiude così il cerchio di uno spettacolo che palesa un processo di ricerca articolato e, forse, ancora un po’ confuso perché traboccante di una creatività “al lavoro” che, pur disseminando alcune ingenuità, lascia scaturire una profonda riflessione e fa presagire sviluppi interessanti ed affascinanti.
Visto a B.Motion, Bassano del Grappa
Silvia Gatto