diario b motion 2011

Quinto giorno a B.Motion 2011: il buongiorno si vede dal mattino

Un origami di John Wu: il leone, simbolo del coraggio

In questi festival c’è un momento estremamente vitale, imperdibile, che rinnova il senso dell’antica convivialità e ne restituisce il lontano valore di confronto come di confutazione. A quell’ora del mattino a colazione nell’Istituto Scalabrini di missionari per gli emigrati – alloggio straordinariamente promiscuo (artisti, critici, operatori…) di risate e notturne guerre acquatiche senza esclusione di colpi né rispetto di ruoli morti da tempo – scopriamo che gli emigrati siamo noi questi giorni, esuli dalle nostre vite solitarie giunti qui per condividerle con il pretesto del teatro, mai pretesto fu più opportuno dell’arte; lo sforzo più grande è cercare un angolino di gruppo in cui sedersi e cercare in quello del dirimpettaio il proprio sguardo ancora assonnato.

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Quarto giorno a B.Motion 2011…

Città di Ebla - The dead (foto di Adriano Boscato)

A passeggio per un viale a mezza sera, con la vallata di fianco e le montagne quasi invisibili poco lontano, con solo qualche luce fioca che ne dice la fisicità imponente, mi trovo a ragionare con veemente sveltezza di pensiero e di passo con il direttore di questo B.Motion 2011 al quarto giorno, Carlo Mangolini, mentre ci rechiamo al Garage Nardini per vedere il lavoro ultimato di Anagoor dal titolo Fortuny, di cui altrove si darà conto; allora è un’altra percezione che mi cattura, quando scopro questi strani alberi buffi e simpatici lungo il viale, vicino al parapetto, tosati a forma di fungo; di questa buffa scoperta dico a Carlo, ma m’inchioda all’evidenza la mia percezione di superficie: lui mi invita a guardare meglio, sono gli alberi degli impiccati, dove i martiri della Resistenza hanno strozzato – ognuno a un albero diverso – l’ultimo respiro. Capisco oggi di più, quanto la prima vista sia fallace.

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Terzo giorno a B.Motion 2011: a chi corrispondono gli amorosi sensi?

 

Spic & Span - foto di Adriano Boscato

Stamattina promette pioggia, sopra le case, le chiese, la campagna laboriosa di questa Bassano di frontiera, paese di confine tra l’operosità e il silenzio. Acqua, tanta ne passa sotto i suoi ponti, a volte rischia di scendere dall’alto. È solo allora che ci si interroga sulla fragilità di certe coperture, sull’accessibilità dei ripari, sulla perentoria accortezza che ne limiti lo scroscio e l’intemperia. È questo il pensiero più accurato – e accorato – che scivola sotto gli altri e si va ad accovacciare dove la città gli regala il silenzio, dove può cercare in una riflessione che riannodi questi primi giorni di B.Motion 2011 e gli studi proposti dall’ultima generazione di Scenario 2011.

 

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Secondo giorno a B.Motion 2011 e prima immersione…

Abbiamo passato il primo giorno bassanese a immaginare, ascoltare, quasi voler misurare lo scorrere dell’acqua di qua e di là dal ponte, sul confine di due sponde che il Brenta tiene separate per soltanto non far credere agli uomini di poter tutto loro: puoi fare un ponte, mica unire le terre. Ma quel primo giorno a B.Motion 2011 era solo per prendere tempo, sapevamo già che poche ore dopo, in quel fiume, ci saremmo immersi tutti. E allora che immersione sia, nell’acqua e nel programma di questo festival che entra nel vivo, così da capire quanto di noi resterà asciutto, quanto si bagnerà a soltanto immaginare l’acqua, il teatro, sfiorarci la pelle.

 

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Primo giorno a B.Motion 2011…

 

foto di Adriano Boscato

All’inizio è soltanto un brusio poco lontano, si avverte dietro gli alberi e i tetti di tegole scoscese e diseguali che la natura e l’uomo gli hanno costruito intorno, disperde nel brulichio della sonorità ogni cosa gli suoni attorno, che siano sorrisi o tristezze, che siano voci o silenzio; subisce il fascino di una decadenza anche un fiume come il Brenta, cui s’inchina questa Bassano dal suo Ponte degli Alpini. All’inizio dunque è soltanto un brusio, soltanto dopo ti accorgi che scorre. L’anno passato proprio del ponte scoprivo quel tentativo di edificare a metà di un percorso, per non sentire la vertigine di una continuità destabilizzante, come facciamo da uomini per percepire di esserlo, oggi invece la vertigine passa per il sonoro e ben altro dice, la voce di questo fiume: con le braccia raccolte al parapetto di quel ponte, che si guardi all’origine o alla foce, lì sotto, la stessa acqua che scorre.

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