recensione tristi tropici

Una serata tra Bill T. Jones e Virgilio Sieni

Recensione a Another Evening: Venice/ArsenaleBill T. Jones/Arnie Zane Dance Company e Tristi tropici Compagnia Virgilio Sieni

Due compagnie molto diverse tra loro hanno dato vita nella stessa serata a spettacoli in anteprima, conducendo lo spettatore verso l’estremo, catturando o meno emozioni, proprio come indica il titolo di quest’anno della Biennale Danza di Venezia: Capturing emotions. L’afro-americano Bill T. Jones con la compagnia Arnie Zane Dance Company punta all’atleticità e alle coreografie di forte impatto dei suoi bravissimi ballerini con l’evento site specific Another Evening: Venice/Arsenale. L’italiano Virgilio Sieni porta la sua compagnia in territori inesplorati con Tristi Tropici, ispirato liberamente al testo omonimo di Claude Lévi-Strauss.

Biennale di Venezia - foto di A. Miyake

Con un cappello di paglia, una camicia a scacchi e dei grandi occhiali, il coreografo Bill T. Jones scruta i suoi ballerini che, al Teatro alle Tese, accompagnano il movimento del pubblico all’ingresso: costretto lungo un corridoio, lo spettatore si trova da un lato una donna e una bambina sedute su un sofà veneziano, ignare del passaggio di chi subito volta loro le spalle per soffermarsi ad ammirare le evoluzioni tecniche di alcuni danzatori della compagnia dall’altro lato. Another Evening: Venice/Arsenale esplora lo spazio di un teatro all’interno dell’arsenale lagunare: un evento site specific in cui la compagnia Arnie Zane Dance Company dà prova di tutta la propria bravura. Attraverso una passerella a vista, i nove ballerini intrecciano i propri corpi con una delicatezza sublime, creando una catena umana fatta di anelli/braccia allacciati, ma non in contatto tra loro: incredibile come nella parte successiva cambi la loro corporalità. Gli atleti-danzatori danno vita, sotto la supervisione di Bill T. Jones e di Janet Wong a delle coreografie di forte impatto, si sollevano, si scontrano, in un gioco di contact che li porta quasi fino allo sfinimento. Un’esasperazione cercata e trasmessa anche allo spettatore messo a dura prova con le musiche elettroniche e il sound design del bravo Sam Crawford e le voci urlate ai microfoni di cui si impossessano i ballerini. Una sorta di sogno-incubo, una schiera che avanza sotto un fascio di luce mentre una ballerina si ribella e frantuma un muro di corpi che indifferenti continuano nel loro cammino. «I do not know the meaning of that», dice una voce; e forse è proprio questo che manca a uno spettacolo tecnicamente perfetto: un legame, un senso, un intreccio sfiorato all’inizio e alla fine ma non raggiunto.

Diversissimo per coreografia e intensione Tristi Tropici della Compagnia Virgilio Sieni: atmosfere mistiche,

Biennale di Venezia - foto di A.Miyake

corpi immersi in un controluce opaco e annebbiato, simboli che appaiono per improvvisi frammenti. Ispirandosi a Tristes Tropiques dell’antropologo Claude Lévi-Strauss, Sieni apre a un mondo onirico, di difficile e criptico accesso: un mondo che attrae per la bellezza di alcune immagini corporee portate in scena dalle splendide ballerine che rendono questo spettacolo magico e disturbante allo stesso tempo. Simona Bertozzi e Michela Menguzzi compiono gesti rallentati e identici: sembrano esseri totemici provenienti da luoghi lontani e ancestrali, si stringono, come se volessero recuperare un’unità perduta. Se le due donne si sostengono a vicenda, Elsa De Fanti riesce invece ad aumentare l’apporto mistico semplicemente tramite la sua presenza corporea di incredibile potenza nonostante l’età di settant’anni: la sua figura si contrappone a una magnifica Ramona Caia che contorce il suo corpo, lo lacera, lo sfinisce. Sembra di trovarsi di fronte un rito antico, di natura oscura e inesplorata e ad aumentare questa sensazione aiuta la musica originale di Francesco Giomi: un continuo vibrare di note elettroniche che rimangono sospese su un vuoto senza mai aumentare di intensità. Il filosofo Lévinas parlava dei Tristi Tropici di Strauss come del «libro più disorientato e disorientante, un grande libro sulla desolazione umana». Qui, con Sieni, che cura ideazione, coreografia, scene e luci, il pubblico è disorientato, ma attratto da questo mondo inspiegabilmente fuori dal tempo e di altra ritualità.

Visto al Teatro alle Tese e al Teatro Piccolo Arsenale, Venezia

Carlotta Tringali