spettacolo ballroom

Dal Festival Inteatro protagonisti la memoria e l’equilibrio

A string section - foto di Guido Calamosca

A string section – foto di Guido Calamosca

È caratterizzato da un’equilibrio precario il mondo in cui viviamo ogni giorno; siamo sempre alla ricerca di un punto non propriamente fisso, ma in asse, in leggero bilanciamento dove poter sostare o passare attimi di piacevole stasi, trovando, seppur per poco, un senso di prezioso ristoro. Questa sensazione la si può avere tra i colli marchigiani e più precisamente in un ambiente immerso nel verde come Villa Nappi, sede storica del Festival Inteatro di Polverigi. Svoltasi nel primo weekend di luglio e arrivata alla sua 36esima edizione, la rassegna era quest’anno intitolata proprio Punto di equilibrio:  una ricerca di “equilibrio” presente in ogni dove, negli spettacoli, nelle tematiche affrontate e nella stessa natura del festival che trova il suo contrappeso nelle residenze artistiche che ospita durante l’anno e che si mostrano – anche se non in maniera definitiva – durante le giornate di festival.

Si potrebbero tracciare delle macro linee per parlare di quello a cui si è assistito, come il tema della memoria (da Hospice di Glen Çaçi e a Ballroom  di Chiara Frigo), la presenza di uno strumento tagliente e distruttivo (le seghe in A string section di Reckless Sleepers e l’accetta in Hospice), il tentativo di sopravvivenza (da The last supper e A string section entrambi della compagnia Reckless Sleepers a Pollicino 2.0 La grande privazione di Collettivo PirateJenny); allo stesso tempo però sono linee che si sfilacciano diventando dei punti di appoggio intermittenti, brevi soste di pensiero che seguono un percorso proprio.

The last supper - foto di Alessandro Cecchi

The last supper – foto di Alessandro Cecchi

E sono brevi pensieri quelli contenuti nello spettacolo The last supper, performance scritta e diretta da Mole Wetherell di Reckless Sleepers di Manchester/Gent e riallestita nella sua versione italiana da Marche Teatro (il neo consorzio che vede uniti i quattro enti Inteatro, Teatro del Canguro, Fondazione Le Muse di Ancona e Teatro Stabile delle Marche): lo spettacolo, che gira ormai da più di 10 anni all’estero, è un invito a cena per il pubblico-commensale che ascolta gli ultimi messaggi lasciati da persone condannate a morte, personaggi famosi, eroi. Sara Allevi, Teodoro Bonci del Bene e Matteo Lanfranchi sono i bravi accompagnatori di questo viaggio tra amari ultimi piatti – realmente offerti al pubblico attonito, divertito e imbarazzato che non sa se mangiare quello che gli viene offerto dato che è stato l’ultimo vero piatto di un condannato –, strane e ironiche sentenze, scambi sottili di battute in vero stile britannico. Un intelligente percorso che invita a riflettere su quanto siamo diversi, dal messaggio da lasciare ai posteri all’affrontare quotidianamente la nostra esistenza.

Sempre della compagnia anglo-fiamminga Reckless Sleepers è la performance A string section dove è indagato l’equilibrio precario non imposto dal mondo esterno, ma da una propria scelta: cinque donne iniziano a distruggere con delle seghe, partendo dalle fondamenta, le sedie su cui sono poste. Con un’incredibile aplombe, le 5 performer mantengono una raffinata mimica impassibile, sfidando quasi lo spettatore, incredulo sulla sua sedia ben salda. Pur rimanendo sempre aggrappate a ciò che sta cedendo, le cinque donne rimangono sempre tra l’autodistruzione – inizialmente impercettibile perché lenta e a partire dalla base (della loro esistenza? Dei loro rapporti interpersonali? La sedia può metaforicamente rappresentare diverse cose) – e l’autoconservazione.

Pollicino 2.0

Pollicino 2.0

Lo stesso istinto di autoconservazione si ritrova in Pollicino 2.0 La grande privazione di Collettivo PirateJenny: tre trentenni – Elisa Ferrari, Davide Manico e Sara Castellani – tentano di uscire dal bosco della propria vita, in cui sono finiti non per proprio volere, ma perché, a un certo punto, intorno tutto si è fatto foresta. Propongono esercizi di sopravvivenza e meccanismi che si inceppano, soprattutto quando tutti i sassi (quelli di Pollicino sì, ma anche gli obiettivi raggiunti) che un ragazzo ha aggiunto al proprio percorso allontanano dalla meta e impediscono di tornare indietro. Una riflessione amara e ironica su una generazione che fa di tutto per sopravvivere e non soccombere, perdendosi nel vuoto degenerativo di una società che li esclude. Danza e teatro convivono in 20 minuti di frenesia che ricorda un po’ lo stile inizialmente esplosivo e frenetico di Teatro Sotterraneo.

Sono invece viaggi nella memoria gli ultimi due spettacoli visti al Festival Inteatro.

Hospice - foto di Guido Calamosca

Hospice – foto di Guido Calamosca

Hospice di Glen Çaçi – vincitore del Premio Equilibrio 2013-Roma per la danza contemporanea – è costruito su immagini evocative e non azioni, in una continuo passato richiamato che si perde nella quotidianità di gesti importanti. Sono foglie secche, petali di rosa, ventole che spostano tracce di persone invisibili, sospensioni di rintocchi di orologio, suono di cicale, brezza calda di un’estate senza tempo. In scena il corpo di Glen quasi si scioglie per scomparire nel bellissimo sound design che accompagna tutto Hospice e quello dell’altra interprete, Silvia Mai, si muove frenetico in una vasca che dà gioia, ma che è anche una trappola di sofferenza. L’incontro straziante tra i due è affidato a uno splendido gioco di mani, che potrebbe durare ancora e ancora, per raccontare un’intimità che si rifugia nell’impossibilità di un dialogo. Il tempo dell’uomo passa, passa nell’assenza, nelle foto di una vita che scorre, ma il paesaggio alle loro spalle, una finestra data da uno schermo video, rimane sempre lo stesso. Dopo l’inverno torna sempre la primavera, dopo le foglie secche, esplode il rosso delle rose.

Ballroom - foto di Elena Pelliccioni

Ballroom – foto di Elena Pelliccioni

Una serata lunga quella a Polverigi che si conclude con Ballroom e col nuovo percorso che la coreografa veneta Chiara Frigo ha iniziato con alcuni adolescenti. Siamo in una sorta di sala da ballo, al centro delle sedie attendono gli ospiti. Alcuni ragazzi chiamano il pubblico all’interno della “sala”, chi partecipa e chi resta fuori è dato dal caso. Chi scrive è entrata, ha preso parte al gioco e si è tuffata indietro nella memoria, cercando di rispondere alle domande adolescenziali poste dai ragazzi, bravissimi interpreti seri e preparati che Chiara ha scelto dal nord bassanese e vicentino e dai dintorni di Polverigi. E poi una raffica di domande: dal nome della discoteca che si frequentava, alla canzone del primo bacio, all’amore che accende la passione; si regredisce nel tempo, si torna bambini. Quei pensieri che tanti anni fa affollavano le nostre teste senza mai lasciarle, ora sono ricordi sbiaditi sotto lenti di ingrandimento sporche che non riescono a leggere le risposte, che non riescono a farci ricordare ciò che almeno una volta è stata la cosa più importante al mondo e nel nostro piccolo ci faceva battere il cuore all’interno della sala da ballo.

Carlotta Tringali