spettacolo la purga

Cirillo mette in scena Feydeau e le sue assurde apparenze

Recensione a La purga – regia di Arturo Cirillo

foto di Marco Ghidelli

C’ è un qualcosa di stridente nel nuovo spettacolo di Arturo Cirillo presentato in anteprima al Teatro Sperimentale di Ancona, ma già riposto dentro un cassetto per essere ritirato fuori la prossima stagione. La Purga di George Feydeau è un lavoro intelligente, curato, in cui i 5 attori in scena danno vita a un gruppo compatto, affiatato, calato in un ritmo interno vorticoso e sempre in ascesa, in cui gli eventi esplodono e si accavallano in una specie di climax che rivela un tunnel di orrori umani.

Si ride – e molto – durante una messinscena in cui non c’è personaggio che non si collochi a metà tra il ridicolo e il supponente, tra l’ignorante e l’ipocrita; c’è chi è indaffarato a nascondersi dietro facciate borghesi e chi delle facciate borghesi non sa che farsene, così sputa tutto ciò che gli passa per la testa dando prova di comportamenti assurdi e paradossali. Di questa ultima particolarità è intriso il testo di Feydeau ed è lo stesso regista a parlarne nelle sue note: «si è sempre al limite del non senso, dell’esplosione, del meccanismo esasperato e portato al parossismo. Mi sembra che la sua scrittura anticipi quel teatro dell’assurdo, come schematicamente è stato definito, dove l’impasse, il concetto che non riesce a esprimersi, l’azione che non riesce a compiersi, l’incidente, diventano elemento sostanziale del farsi teatrale». Ma cosa si nasconde dietro il paradosso? L’apparenza dietro cui tutti cercano di mascherarsi, nella Belle Epoque come negli anni ’70 – epoca in cui Cirillo ambienta la sua Purga –, va di fretta disfacendosi: si trattano argomenti di cui solitamente non si proferisce parola, li si amplifica portandoli all’eccesso e mettendo alla berlina tutto il perbenismo di facciata. Ieri come oggi.

La purga, scritta dal drammaturgo francese nel primo decennio del ‘900, ha un tono di commedia, divertente e irresistibile. La compagnia guidata dal regista napoletano, qui nei panni anche del protagonista Follavoine, crea un quadretto familiare malridotto, dove marito e moglie si scontrano continuamente per motivi tra i più bizzarri, che fanno ridere per la loro natura aleatoria e imbevuta di non-sense; ma che allo stesso tempo dipingono dei meccanismi interni incrinati e incubatori di mostruosità che si riflettono nel frutto del loro non-amore: in Totò, il loro bambino di 7 anni che è un perfetto criminale in nuce, viziato e prepotente, un piccolo despota che utilizza le code dei suoi dinosauri di gomma come fossero coltelli.

foto di Marco Ghidelli

Ed eccolo il quadretto degli orrori: Luciano Saltarelli nei panni dello spietato adulto-bambino Totò che non si vuole purgare; Sabrina Scuccimarra nella protagonista Giulia Follavoine, una borghese-massaia il cui mondo gira intorno al figlio viziato; Arturo Cirillo interprete del marito Bastiano, un uomo diviso tra una casa piena di contraddizioni e una carriera in ascesa come venditore di vasi da notte; la serva Rosa che invece di adempiere al suo ruolo guarda la padrona pulire il bagno di casa e l’unica cosa che fa è portare il vaso in cui Totò ha riposto “quel tanto così” di bisogni che mostrano la sua costipazione; Rosario Giglio che utilizza corpo sghembo e gesti ingessati per trasformarsi nel funzionario della guerra Chouilloux, capitato in casa Follavoine per concludere un affare, così miope e impacciato che di guerra vera neanche ne ha fatta una; e infine sua moglie, la Signora Chouilloux restituita da Giuseppina Cervizzi – interprete anche di Rosa, è componente della giovane e fruttuosa compagnia Punta Corsara – che con una specie di vaso da notte in capo è animata da un marcio interiore che la costringe a fare puzze nei momenti di imbarazzo. Neanche la coppia dei due Chouilloux dà infatti prova di purezza, dato che il povero marito – che subisce tutte le stramberie della famiglia Follavoine – non è altro che un “cornuto”, come lo definiscono a gran fiato a turno un po’ tutti. Chi si salva in questo quadretto, inserito nella bella scenografia ideata da Dario Gessati – un’ambientazione che ricorda Buñuel, con un salotto dove al posto delle sedie si trovano 4 water – proprio non si sa. I personaggi-mostri per purificarsi avrebbero proprio bisogno di purghe (di cui si serve lo stesso Bastiano che alla fine beve il bicchiere destinato al figlio), per non tenersi tutto dentro come invece accade, poiché a correre in bagno è solo il povero Chouilloux, forse l’unica vera vittima de La purga.

Visto al Teatro Sperimentale, Ancona

Carlotta Tringali