toshiki okada

Viaggio in Giappone con Toshiki Okada

Recensione a Super Premium Soft Double Vanilla Rich – di Toshiki Okada

foto di Christian Kleiner

foto di Christian Kleiner

Protagonista di Super Premium Soft Double Vanilla Rich è il “conbini”, un negozio giapponese aperto 24 ore su 24. Ci si può trovare di tutto: dal cibo al collegamento a internet, dal pagamento delle tasse alla posta. Per noi, è un po’ difficile da capire, anche se i piccoli market delle grandi città si avvicinano sempre più a un’idea del genere; però in Italia l’orario di apertura resta limitato (di norma non oltre la tarda serata), così come l’offerta (che si circoscrive alle merci di consumo e non sfiora i valori istituzionali). Sono negozi di emergenza, dove si può recuperare in corner il pacchetto di sale o di pasta, una bottiglia di vino in vista di una cena improvvisata. Un’eccezione, più che un’abitudine.
In Giappone, invece, il “conbini” è un’istituzione ed è dappertutto: dà luminosità al paesaggio metropolitano notturno e attira i clienti come fossero falene, si dice nello spettacolo; è una certezza e un rifugio, anche una scusa per uscire di casa, dal proprio isolamento. E si inserisce tatticamente nelle prospettive commerciali e finanziarie del Paese, in quanto questi negozi fanno parte di catene e strutture di caratura nazionale, con le loro progettualità di marketing e di crescita: creano i loro prodotti, studiano i loro clienti, cercando in ogni modo di soddisfarne i desideri e di attirarne sempre nuovi e ulteriori. La declinazione estrema e attuale della produzione di massa (alla faccia di tutti quei pensatori che decretano, di questi tempi, la fine di quel sistema economico e sociale).
Il “conbini” è uno spiraglio attraverso cui sbirciare nella società contemporanea giapponese e – nel bel lavoro di Toshiki Okada – anche nella sua ricerca teatrale. Drammaturgo, regista, scrittore poco più che quarantenne è considerato uno degli artisti più interessanti della sua generazione. Negli anni ha costruito e diffuso attraverso il teatro una serie di allucinanti e vibranti ritratti, mai realistici o mimetici, del Giappone dei nostri tempi (non a caso il nome della sua compagnia, Chelfitsch, è una deformazione dell’inglese “selfish”); di questa cartografia vivida e amara che prova ad afferrare l’estremo Oriente post-capitalista e post-consumista nella sua quotidianità, i “conbini” sono una tappa importante.

Super Premium Soft Double Vanilla Rich si svolge tutto all’interno di uno di questi negozi. Mizutami è una commessa neo-assunta ancora piena di ideali; per questo è vessata dai due giovani colleghi, ormai abituati alla situazione: un risibile ribelle che tenta atti di auto-sabotaggio (cliccando informazioni diverse sul genere e l’età dei clienti al momento del pagamento), un altro invece convinto che può migliorare la situazione lavorando bene. La loro vita è scandita da fatti ripetitivi e vuoti: i nuovi e vecchi prodotti, le ordinazioni, l’omologazione del modo in cui dare il resto, il terrorismo interno. La loro routine è interrotta da un capo rompiscatole, dalle incursioni dell’ispettore dell’azienda che sembra un anchorman e da una varia selva di clienti, dalla ragazza sola che torna ogni notte al pseudo-sindacalista che cerca di smuoverli senza comprare nulla.

foto di Christian Kleiner

foto di Christian Kleiner

I performer si muovono felpati, quasi sospesi in un ambiente astratto, caratterizzato attraverso leggere proiezioni che fungono da scaffali, merci, cassa, eccetera, dai colori tenui, quasi evanescenti: tre rettangoli di luci sul pavimento segnano diversi scaffali, mentre quelli di fondo, a L, sono evocati tramite un tulle stampato con le figure (sarebbe meglio dire “icone”, in piena logica post-pop) delle merci che dovrebbero contenere. Le azioni sono cadenzate da una partitura fisica che attinge con curiosità alla gestualità quotidiana, la assorbe e rimastica per poi restituirla al pubblico nelle forme di una coreografia altrettanto astratta ed evanescente, che intreccia ripetizione e variazione, disequilibrio e morbidezza. Senza azzardare eresie, si potrebbe parlare di un lavoro che strizza l’occhio all’appeal della biomeccanica, inventata da Mejerchol’d a suo tempo proprio a partire dai movimenti svolti dagli operai (e capace così di portarne a emergere l’alienazione quotidiana); una biomeccanica dei consumi, che punta il dito sulla ripetitività bulimica dei nostri giorni, tanto come lavoratori quanto come utenti o clienti.

Ma Super Premium Soft Double Vanilla Rich non è uno spettacolo di danza, non solo. È tanto, e corposo, il testo che viene detto dai performer in scena. Peccato non poter assaporare più in profondità l’approccio alla dimensione della parola e della verbalità sperimentata da questo giovane scrittore che viene dall’altra parte del mondo (per via della incommensurabile distanza linguistica, comunque limitata dai sottotitoli ben fatti) e che a quanto pare è noto per un lavoro di grande rigore sulle pieghe e vertigini del linguaggio comune. Da quello che è possibile intuire, si potrebbe ipotizzare che, su questo piano, accada qualcosa di simile a quello che si è detto per la dimensione coreografica: l’eloquio sembra normale, quotidiano, ma è continuamente deformato e riformato tramite interventi vocali, che ampliano le parole, le rendono quasi cantate, le ripetono con insistenza.
Tendenza ai limiti più sulfurei dell’astrazione combinata con un deciso incardinamento nella matericità del linguaggio (corporeo, testuale, ecc.), sembra questa la cifra che si esprime in questo spettacolo firmato da Okada, che si colloca all’incrocio fra un bel pezzo di teatro-danza di ricerca e un’indagine sociologica dal retrogusto brechtiano (complice l’immediatezza con cui gli attori si rivolgono al pubblico).
La direzione sembra la medesima anche sul piano dei contenuti: ci sono situazioni classiche, comuni – i commessi che parlano male del capo, il cliente che s’incazza e l’altro che disturba, il responsabile di zona che spinge per performance sempre migliori –, ma rese surreali dall’insistenza con cui vengono proposte, dal grande trasporto emotivo con cui vengono trattati temi di banale normalità, dall’esasperazione e dalla solitudine che stemperano i dialoghi più consueti.
Anche qui, c’è un trattamento di un certo spessore del materiale: dilatazione del tempo e dello spazio, ripetizioni e refrain, deformazioni di ogni genere che convertono situazioni e incontri comuni in mostruosi affreschi delle atrocità della vita contemporanea.

foto di Christian Kleiner

foto di Christian Kleiner

Super Premium Soft Double Vanilla Rich è il nome di un nuovo tipo di gelato. Sostituisce il vecchio Super Soft Vanilla, uscito di produzione a causa delle vendite scarse (come il 70% dei prodotti dei “conbini” ogni anno, ci tengono a sottolineare gli attori, lasciando intuire che una sorte simile possa riguardare anche i lavoratori). La traiettoria socio-economica e quella emotiva si trovano qui a cortocircuitare con forza incredibile: l’eliminazione del vecchio gelato provoca una crisi dilagante e inaspettata in una cliente che, ogni notte, sola, si recava al negozio proprio per comprare unicamente quel prodotto. Appena Mitzumani scopre che il gelato sarà rimesso in commercio con un nuovo nome, si fionda dalla cliente per rivelarglielo. La felicità è grande ma dura poco, perché il nuovo gusto non soddisfa la giovane, non è esattamente identico al precedente: protesta con i commessi, pretende di parlare con un superiore, li tratta malissimo e Mitzumani si licenzia, per non essere stata all’altezza dei desideri del cliente.
Lo scarto è potente, fra la piccolezza dell’evento e lo strazio che provoca nella ragazza, la tenera possibilità di avvicinamento fra lavoratore e consumatore e l’abisso che si apre quando si mettono in moto gli ingranaggi di potere, le strategie che alimentano il consumismo globale e l’isolamento cui sono destinati gli esseri umani.

I “ritornelli” che tornano nello spettacolo (come il “grazie e arrivederci”) o gli interminabili elenchi dei prodotti in vendita, il senso di dispersione naif che generano e la nuvola di surrealtà che polverizzano intorno, la deformazione cui sono sempre sottoposti i diversi livelli drammaturgici in opera, autorizzerebbero a parlare di un neo-assurdo, come nel teatro di Ionesco, come nelle pitture di Chagall. Ma, l’amara verità che si cela dietro Super Premium Soft Double Vanilla Rich è che questa non è fantasia o simulazione, è la feroce assurdità quotidiana, campionata direttamente dalla realtà in cui oggi si vive.

Visto al Teatro delle Passioni, Vie Scenacontemporanea Festival, Modena

Roberta Ferraresi