10 Domande a… Roberto Bonaventura


Roberto Bonaventura

Incontriamo i registi presenti al festival Primavera dei Teatri per rivolgere le nostre “10 Domande a…”. Uno scambio di battute brevi ma prettamente significative per conoscerli meglio. Risponde Roberto Bonaventura presente a Primavera dei Teatri con Patri I’ famigghia.

 

 

 

 

 

1. Come definirebbe il suo teatro?
In continuo movimento, in continua ricerca per essere il più popolare e il più coinvolgente possibile, cercando di coinvolgere tutti ma mantenendo un lavoro di un certo tipo con l’attore, anche di crescita, che parallelamente deve riguardare noi che facciamo teatro, l’attore che sta in scena e il pubblico. Il più possibile in movimento cercando di arrivare sempre più avanti

2. Che cos’è il teatro di ricerca?
Non mi piace parlare di “teatro di ricerca” perché sembra che sia una categoria precisa quando in realtà è una varietà talmente ampia… Però per me il teatro di ricerca è cercare di unire il più possibile l’attore e la compagnia con lo spettatore; cercare di fare arrivare il messaggio a più gente possibile. Quindi per fare questo bisognerebbe tornare quasi sulle strade per parlare con la gente. Il teatro dovrebbe essere una strada, una piazza in cui poter coinvolgere tutti. Non mi piace creare barriere e differenziazioni, mi piacerebbe rendere protagonista la gente in modo che si riconosca e che segua bene. Il teatro di ricerca per me è cercare sempre di più di avvicinare la gente

3. Come lo spiegherebbe ad un profano?
Non c’è un palcoscenico, ma c’è una piazza e dobbiamo quindi cercare di coinvolgere la gente, di non farla scappare. Dobbiamo fare in modo di creare l’attenzione. Il teatro dovrebbe essere una piazza, dovrebbe aprirsi un po’ di più, mantenendo comunque situazioni belle che ci sono in teatro, come le luci. Ma le immagini servono comunque a far sì che lo spettatore si senta coinvolto

4. Patri I’ famigghia in una frase.
C’è una frase del testo che può riassumere lo spettacolo: Non avemu patri, non semu patri! Sulu figghi sapemu essiri. L’impossibilità di essere veramente padri ma restare sempre figli. Non riuscire ad emergere da una situazione di confusione che si crea per la mancanza di un grande capo, il padre di uno dei tre cugini

5. Che cos’è per lei Primavera dei Teatri?
È
uno di quei pochi festival rimasti in cui vai veramente per fare teatro perché oramai ci sono intorno al teatro tante cose che un po’ confondono rispetto al vero motivo per cui lo si fa. Il teatro dovrebbe essere fatto in posti come questo dove vengono comunque gli addetti ai lavori ma anche la gente del paese; dove si crea un’attenzione attorno al teatro di un certo tipo che risveglia le coscienze

6. Se la sua vita fosse uno spettacolo teatrale chi sarebbe il regista?
Io faccio il regista, ma il regista deve essere uno che stimola gli attori e fa nascere le cose da loro. Quindi nella mia vita non ci sarebbe un regista a parte un’entità superiore a noi che magari ci muove ma sarebbe più una regia collettiva

7. Lo spettacolo che le ha cambiato la vita?
L’Ubu Re di Beppe Randazzo che ho visto quando avevo sei anni. Era giocato tutto sulle improvvisazioni, loro recitavano abbassati sulle ginocchia, sembravano tante palle che camminavano. Poi quando sono diventato grande, gli spettacoli di Leo de Berardinis mi hanno spostato la visione del teatro

8. Uno scrittore che metterebbe in scena o a cui chiederebbe di scrivere una drammaturgia per lei?
Beniamino Joppolo, che è un autore di Patti, in provincia di Messina che è morto a Parigi negli Anni ’60; è poco conosciuto in Italia ma ha scritto una cinquantina di atti unici mai rappresentati tranne qualcuno. Mi sarebbe piaciuto lavorarci, però… Io comunque continuo a lavorarci. È attualissimo e sposa bene la mia visione del teatro

9. Potendo scegliere: teatro come sede della compagnia o nomadismo?
Avendo coraggio fino in fondo nomadismo

10. Quali sono le possibilità che il teatro possiede e che lo fa essere un’arte fondamentale?
Quella che ha il contatto con la gente; quella che puoi sempre cambiare, puoi sempre cambiare un’intenzione, puoi sempre essere diverso. E poi ha la caratteristica che ti fa sentire vivo. Il teatro ti dà la possibilità di guardare negli occhi e quando guardi negli occhi puoi fare veramente magie

 

Biografia di Roberto Bonaventura
Inizia a lavorare in teatro nel 1996 come aiuto regista di Ninni Bruschetta con il quale collabora fino al 2002. Collabora stabilmente con la compagnia Scimone Sframeli (La Busta e Pali). A novembre del 2002 debutta nella regia al Teatro S. Leonardo di Bologna con il monologo Oratorio. Nel 2003 fonda l’associazione culturale Il Castello di Sancio Panza, della quale è direttore artistico. Dal 1999 al 2007 lavora nell’organizzazione del Festival Santarcangelo dei Teatri. Dal 2007 dirige una serie di laboratori con Universiteatrali e il progetto Officina Performativa del Teatro di Messina. Dopo lo spettacolo Oratorio, con la sua regia ricordiamo: La leggenda di Colapesce, Il testamento di Don Chisciotte tratto da Cervantes, Metamorphoseon libri XI da Apuleio, Mamma. Piccole tragedie minimali di Annibale Ruccello, I Microzoi di Beniamino Joppolo. Realizza con la sua compagnia anche spettacoli di Teatro ragazzi tratti dalle tradizioni popolari, da Ende, Cervantes e altri autori. (Biografia tratta da Patri I’ famigghia di Dario Tomasello, edito da E.A.R. “Teatro di Messina”)

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