Poetiche a confronto. Silvia Gribaudi e Chiara Frigo

Recensione alla prova aperta della residenza al Teatro Fondamenta Nuove di Silvia Gribaudi e Chiara Frigo

 

Teatro Fondamenta Nuove continua a stupire. Dopo aver arricchito l’arido inverno appena passato con la sua programmazione, risponde questa volta ai sempre maggiori tagli alla cultura proponendo una “co-residenza” all’interno del progetto Resi/Dance. Le protagoniste dell’operazione combinatoria sono state Silvia Gribaudi e Chiara Frigo, vincitrici delle ultime due edizioni del premio Giovane Danza D’Autore Veneto. Nel corso della residenza le coreografe hanno inizialmente lavorato singolarmente, sviluppando le proprie ricerche fatte a partire dal progetto Choreoroam 2009,  per poi giungere ad un’ultima fase in cui hanno lasciato comunicare i loro linguaggi fino alla presentazione, in una prova aperta, di un unico lavoro. L’ironia della Gribaudi si è accostata alla sacralità della Frigo con fare addizionale che tutto lascerebbe pensare tranne che la messinscena sia il risultato di un così breve incontro, di una collaborazione che ha consentito alle giovani artiste di confrontare le proprie estetiche in uno stesso spazio e in unico studio.

La ricerca di Silvia Gribaudi si concentra sulla comunicabilità, sulla relazione tra il corpo umano e i materiali in scena e tra questi e il pubblico, in una tripartizione di sguardi complici e dipendenti l’uno dall’altro. Waiting è il titolo del suo ultimo progetto. Ciò che emerge fin dall’inizio, pur considerando lo stato embrionale del lavoro e la presentazione di questo in condizioni differenti rispetto alla concezione originaria (il lavoro è pensato per più danzatori e non come solo), è il livello di attenzione richiesto. La danzatrice occupa la scena coprendosi il corpo con un pannello di polistirolo forato. Indaga il materiale, interagisce con esso, guarda il pubblico e “aspetta”. Attende che l’unione tra corpo e materia le permetta un’evoluzione: una reale e brusca rottura del materiale che a Fondamenta Nuove ha fatto sobbalzare lo spettatore. All’attesa e all’evanescenza di una meta finale fa da contrappunto la successiva sequenza in cui la Frigo, in una corsa circolare attorno ai resti di polistirolo, diviene ostacolo tra la Gribaudi e il materiale. Il progetto di Chiara Frigo, Non so stare, emerge gradualmente dal lavoro d’insieme. Come nella sua poetica, il movimento, per non apparire meccanico e artefatto, deve partire da gesti quotidiani, per poi potersi esprimere in tutta la sua bellezza e ritualità. Ed è proprio in chiusura che il corpo nudo della danzatrice accovacciato a terra, abbandona la sua materialità e attraversa lo spazio scenico come in un percorso estatico.

L’iniziale Chi pensi che io sia? posto come interrogativo dalla Frigo rimane aperto, così come altre affascinanti tematiche solo accennate. Che queste rientrino nel progetto dell’una o dell’altra artista non ha importanza perché la serata ha incuriosito così tanto che non si può che restare in attesa di vedere entrambi i lavori completi.

Visto al Teatro Fondamenta Nuove, Venezia

Elena Conti

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