luca ronconi

Ronconi, il Nuovo Teatro e una nuova critica: alla Biennale del 1975

Lasciatemi divertire: un progetto su Luca Ronconi curato da Claudio Longhi per la stagione 2017 de La Soffitta, centro del Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna (20-22 febbraio). Una rivista, “Culture Teatrali”, tutta dedicata al tema della regia in omaggio al maestro; gli interventi degli autori che hanno partecipato; una due giorni di proiezione di video dall’opera ronconiana; e un pomeriggio di discussione, insieme a tutti quegli interlocutori (attori, costumisti, scenografi, ma anche organizzatori e critici) che negli anni si sono avvicinati a quell’«oggetto così sfuggente», complesso e molteplice che è stato il teatro di Ronconi.

Per ricordare il regista a 2 anni dalla sua scomparsa e tornare a riflettere su alcuni aspetti della sua opera, anche rispetto all’eredità che ha lasciato – com’era nello spirito del progetto curato da Longhi – pubblichiamo di seguito l’intervento preparato da Roberta Ferraresi per la sessione dedicata a Il gran teatro ronconiano della conoscenza: prospettive a confronto.

***

2012: L’ultima Biennale di Ronconi
C’è un Ronconi oltre i suoi bellissimi, grandiosi spettacoli. Oltre la regia. Oltre l’epoca del rapporto con gli Stabili e il teatro pubblico. È il Ronconi maestro, quello dell’instancabile impegno formativo (inteso però non solo direttamente, ma anche in un senso ampio e lato che giungerà a toccare anche la pratica critica e i nostri giorni). Un aspetto centrale in tutta la sua vicenda teatrale, che arriva fino all’esperienza emblematica del Centro di Santa Cristina e che in realtà si esprime anche nella sua ultima Biennale, quella del 2012; forse un episodio minore, ma significativo per diverse ragioni. Non solo perché è il mio ultimo contatto diretto con Ronconi (nel quadro di un laboratorio di critica insieme ad Andrea Porcheddu). Ma anche per le modalità stesse di presenza del regista in quel contesto: Ronconi partecipava con un laboratorio in una Biennale tutta College, strutturata solo per workshop e senza spettacoli; in più – come ebbe a dire lui stesso – aveva proposto un laboratorio “particolare” rispetto al consueto dei percorsi di lavoro con attori in vista di un nuovo spettacolo – un laboratorio di regia, dedicato soprattutto ad allievi registi al lavoro ciascuno con un gruppo d’attori su Questa sera si recita a soggetto (testo affrontato dal maestro in un celebre spettacolo del ’98 su cui intendeva tornare). In più, la presenza alla Biennale 2012 è significativa perché gli viene lì conferito il Leone d’Oro alla carriera. Un riconoscimento anche questo tutto particolare. Basti riascoltare il discorso tenuto alla cerimonia di premiazione dal Presidente Paolo Baratta, che non si presenta come il classico elogio delle qualità dell’artista e delle motivazioni che hanno spinto al premio, ma che è pervaso di una gratitudine – dice il Presidente – «speciale»: per «aver interpretato in modo nuovo la Biennale, come luogo dove si dischiude la conoscenza della creazione artistica» al tempo della direzione ronconiana dei settori musica e teatro dal 1975 al 1977 (e tanto di questo “modo nuovo” è a tutt’oggi un eredità preziosa, viva nell’articolazione delle proposte della Biennale).

Il Laboratorio Internazionale del Teatro del 1975
La Biennale Teatro del 1975, la prima diretta da Luca Ronconi, è anch’essa una Biennale del tutto particolare. Perché? Un’idea ce la si può fare anche solo scorrendo i nomi degli artisti in programma: oltre lo stesso Ronconi, presente a inaugurare la rassegna il 25 agosto con l’incredibile spettacolo Utopia da Aristofane, ci sono per esempio le punte dell’avanguardia internazionale (Living Theatre, Odin, Ariane Mnouchkine con il suo Soleil, Grotowski), nuovi artisti come Meredith Monk, numerosi italiani fra cui Giuliano Scabia.
Ma non è solo questo. Non è una Biennale “particolare” solo per i grandi nomi invitati a partecipare. Del resto, non erano mancati fino a quel momento nella rassegna veneziana, meritoria d’aver portato in Italia almeno dal decennio precedente il meglio dell’avanguardia internazionale. Fino al 1975 la Biennale era stata in effetti un evento unico, di grandissimo richiamo, ma tutto sommato restando ancorata alla forma-rassegna, cioè presentando una serie di spettacoli (certo bellissimi e indimenticabili, che hanno segnato la storia del teatro). Si chiamava “Festival Internazionale del Teatro”. Quando invece Ronconi arriva a dirigerla, a metà degli anni Settanta, introduce quella che Gianfranco Capitta – nell’incontro pubblico in occasione del Leone d’Oro 2012 (video) – definisce una vera e propria “parola magica” (poi il regista specificherà però che non è stato certo lui a “portarla” al festival). La Biennale del ’75 si intitola infatti: Laboratorio Internazionale del Teatro, dove la “parola magica” è ovviamente “laboratorio”.

IMMAGINI DALLE REPLICHE VENEZIANE 
DI “APOCALIPSYS CUM FIGURIS” (1975)

Infatti, quegli artisti importanti e ormai celebri che abbiamo nominato non sono invitati a Venezia a fare spettacoli. O, almeno, non soltanto, non primariamente. In realtà ci sono anche messinscene, seppur non certo tradizionali; ma anche coloro che portano i propri allestimenti sono impegnati inoltre a fare laboratori (come Meredith Monk) e tutti sono coinvolti in densi incontri con gli spettatori. Fra questi, c’è Jerzy Grotowski: in Biennale con il suo ultimo spettacolo, Apocalypsis cum figuris, nelle sue ultimissime repliche, a cui assistono 3.000 persone nella ventina di serate programmate. Ma il lavoro è allestito in una piccola isola della laguna, San Giacomo in Paludo e al pubblico viene data la possibilità, poi, di rimanere a confrontarsi con gli artisti, creando così un’esperienza di fruizione e contatto piuttosto anomala per lo spettatore. Ma c’è dell’altro: Apocalypsis cum figuris è di diversi anni prima, nel frattempo la ricerca del maestro polacco è andata da tutt’altra parte. In più, Grotowski e il suo gruppo lavorano lì per 2 mesi: sull’isola, con incontri quotidiani con gruppi italiani e internazionali, di confronto e condivisione di lavoro; con 8 diversi stage su tematiche differenti; fino alla conclusione del percorso con una 2 giorni di incontro pubblico a Mirano.
Su un’idea e una pratica diverse di teatro lavora anche il Living, presente in Biennale con la trilogia L’eredità di Caino, composta di 3 performance di argomento politico di cui una parte svolte come sit in nelle piazze della città. E su una modalità nuova di incontro con l’altro si concentra naturalmente anche il Teatro Vagante di Giuliano Scabia, impegnato per 3 mesi a “scrivere” la “storia” della città di Mira insieme ai suoi abitanti. Poi c’è l’Odin Teatret di Eugenio Barba, che arriva alla Biennale dopo un percorso di viaggio, ricerca e scambio in Veneto per un unico momento di contatto con il pubblico che il 24 settembre assume le forme di un lungo incontro composto da interventi di Barba sul ruolo e senso del teatro, dalla documentazione video-fotografica del percorso recente della compagnia e da dimostrazioni di lavoro degli attori.

IMMAGINI DELLA BIENNALE TEATRO 1975 
(RONCONI, LIVING, ODIN, MEREDITH MONK)

Lo sguardo della critica
Il titolo dell’incontro, Immagini da una realtà senza teatro, può spiegare molto della particolarità di questa Biennale di Luca Ronconi. E anche in realtà dei problemi e questioni che ha sollevato. Infatti, come testimonia lo stesso regista nell’intervista condotta da Capitta per il Leone d’Oro 2012, quella del Laboratorio ’75 è stata una «esperienza importantissima»: per esempio perché permette oggi di toccare diversi aspetti e livelli dell’opera ronconiana, dalla direzione artistica all’idea di laboratorio, delle pratiche formative intese però nel senso ampio della ricerca teatrale. Ma anche perché – è sempre Ronconi a ricordarlo – quelli erano «anni di straordinaria effervescenza per il teatro (…) dove quello che era nuovo era veramente nuovo, talmente nuovo» – riflette il maestro – «che spesso nemmeno piaceva». E qui veniamo a un altro punto-chiave, che rende quella Biennale anche oggi significativa: le reazioni diffusamente (e spesso pesantemente) negative della critica nei confronti del festival del ’75, come se quei grandi artisti dell’avanguardia internazionale, con le loro proposte riunite dal direttore Ronconi, avessero deluso e spiazzato le aspettative. “Ma questo è teatro? Fanno ancora teatro?” sono le domande che si leggono riecheggiare da una pagina all’altra dei giornali.

Che cosa stesse succedendo – lì e nella scena contemporanea – si può vedere ancora oggi sulle pagine del numero 13 della rivista “Biblioteca Teatrale”, che è una delle poche fonti complessive di documentazione sull’intero progetto della Biennale del ’75. Il dossier dedicato alla manifestazione porta un titolo singolare: I sintomi. Sintomi che si possono vedere proprio in quella Biennale. Sintomi di «una rassegna di dimissioni» dove «gli artefici della rivoluzione del teatro contemporaneo affermano la necessità di smetterla col teatro», mostrando «appena ancora, come l’ultimo fuoco nella brace, il virtuosismo e le vestigia di una vecchia ricerca». Così si legge su quel numero di “Biblioteca Teatrale”: «Ciò che i sintomi ci mostrano è un processo di ridefinizione, ma non la ridefinizione dei contenuti, delle proposte, della comunicazione teatrale; la ridefinizione dei confini stessi del teatro». E dunque:

«È comprensibile che chi sta sui bordi e guarda il luogo del teatro abbia la sensazione di un vuoto, di un’emorragia insensata e mortale. Sembra che l’organismo che sta esaminando si ritragga su di sé, si consumi quasi per un desiderio d’annullamento. (…) È prevedibile che tutto appaia così per un errore di prospettiva: in realtà quei gesti non sono rivolti a lui, non sono messaggi, sono i preparativi per la partenza; né quell’organismo si consuma, semplicemente si allontana».

Non sono “sintomi” da cogliere solo in senso negativo secondo gli autori (che pure commentano e riflettono intorno agli articoli della critica ufficiale sulla Biennale di Ronconi). Sono secondo loro «sintomi di un possibile futuro del teatro».

Il Nuovo Teatro dopo il ’68
Cosa stava succedendo nel Nuovo Teatro degli anni Settanta? Alcune risposte vengono da Franco Quadri, che 4 anni dopo cura il catalogo della Biennale ’75, con una distanza di tempo che secondo il critico consente di “misurarla meglio”: appunto per esempio rispetto alla possibilità di «aver verificato come il concetto di laboratorio (…) avrebbe poi dilagato nella sperimentazione (…) contrassegnando gli anni a venire». Quadri, nella sua introduzione, parla di un momento di crisi o, meglio, di “autocritica” della cultura di gruppo, i cui esponenti sono già alla ricerca di una nuova idea di teatro, fondata su una diversa concezione e pratica della relazione con il pubblico, che definisce «incontro non spettacolarizzato».
Marco De Marinis, nel suo libro dedicato al Nuovo Teatro tocca la questione ponendo questa particolare fase alla fine del proprio percorso e del volume, come orizzonte ultimo. Ne parla come del momento “della rottura dei limiti”, di una “messa in crisi” del teatro dopo il ’68 che si esprime in fenomeni come la dilatazione materiale del fatto teatrale, lo spostamento di interesse dal prodotto-spettacolo ai processi che innesca, una diffusione senza precedenti di interesse per le esperienze performative. Tanto per rendere l’idea attraverso alcuni esempi campionati dall’inventario di De Marinis, è l’epoca in cui Peter Brook fonda il CICT a Parigi, con cui compie i suoi viaggi-teatro e inaugura una originale ricerca interculturale; in cui l’Odin (come si vede in Biennale), dopo i grandi successi di Ferai Min Fars Hus si scioglie e ricombina, andando a cercare un diverso modo di pensare e fare il teatro, e di entrarvi in relazione – per esempio con la pratica oggi celebre del “baratto”–, in luoghi remoti e non abituati alla fruizione spettacolare in senso stretto (le esperienze a Ollolai in Sardegna e a Carpignano Salentino sono proprio del 1974/75); è il momento in cui – per restare alle presenze della Biennale del 1975 – anche il Living si scioglie e cambia modo, con un filone guidato da Julian Beck e Judith Malina che si impegna nell’attivismo politico (a partire dal Brasile). «Il teatro non mi interessa più», è la celebre frase pronunciata da Jerzy Grotowski in quel periodo, quando il regista abbandona il fare spettacoli e la sua attenzione si rivolge a una ricerca svolta attraverso il teatro. Così è anche in Italia, dal già citato Teatro Vagante di Scabia a per esempio il progetto CAMION di Carlo Quartucci o di Leo e Perla a Marigliano; o anche fino al temporaneo abbandono delle scene di Carmelo Bene (1968>1973) e del trasferimento oltralpe di Ronconi, che di lì a poco darà avvio (nel 1976) al Laboratorio di Prato.
Erano questi tutti «percorsi di fuga dal teatro» segnati, come riflette De Marinis, da «una crescente tensione al superamento dei limiti». Ma – si chiede lo studioso – una fuga verso dove, verso cosa? «Diciamo» – si risponde – «verso un dopo, un aldilà, un oltre il teatro, che per alcuni non avrà più niente a che fare con il teatro stesso (…) o per altri sarà un teatro talmente trasformato nelle sue modalità e nelle funzioni che non si riuscirà più a riconoscerlo come tale restando al di qua di quei limiti».

Biennale ’75, Nuovo Teatro e nuova critica
Questo è un momento molto, molto particolare del Nuovo Teatro. E la prima Biennale di Ronconi si può considerare un momento di congiuntura, un caso emblematico in almeno due sensi: è una Biennale “di riepilogo” rispetto al passato, in quanto riunisce a Venezia gli artisti di punta dell’ultimo decennio, che coi loro spettacoli avevano cambiato per sempre la scena contemporanea; ma dall’altro lato è anche una Biennale “di apertura” verso il futuro, perché certifica in modo assolutamente singolare i cambiamenti in corso che già stavano di nuovo radicalmente trasfigurando il profilo del teatro di quegli anni.
Ma la Biennale e il Nuovo Teatro dopo il ’68 non hanno un impatto radicale solo sulle arti sceniche e sulla ricerca teatrale. Penso da un lato alle accese perplessità che si sono scatenate sui giornali in occasione del festival veneziano del ’75, alle domande della critica tradizionale, e dall’altro lato a come e perché quel numero di “Biblioteca Teatrale” ne abbia documentato i lavori. Perché il fatto è piuttosto strano: non è una rivista specializzata o di settore, ma una pubblicazione accademica, diretta da Ferruccio Marotti e Cesare Molinari all’Università di Roma dal 1971, fra l’altro edita in un momento delicatissimo della storia del teatro italiana, appena nata come disciplina universitaria negli anni ’60, quindi ancora presa nella definizione del suo campo di studio, dei suoi oggetti di indagine e nella sperimentazione di modi e strumenti adatti per studiarli. La cosa è strana perché gli autori di “Biblioteca Teatrale” non sono critici nel senso tradizionale del termine, ma studiosi. E inoltre l’anomalia, la diversità rispetto ad approcci più tradizionali emerge anche a guardare la struttura stessa del numero 13 della rivista, le modalità di racconto che propone di quella Biennale: il lavoro di una selezione mirata di artisti in programma (Ronconi, il Living, l’Odin e Grotowski) è testimoniato tramite un mix – dicono gli autori – di «materiali, riflessioni, brani registrati, dichiarazioni dei protagonisti e cronache o divagazioni degli osservatori, citazioni», che dispiega una gamma piuttosto ampia di scrittura – a diverso titolo – critica anche rispetto ai differenti gradi di coinvolgimento possibile dell’osservatore nel proprio oggetto di indagine. Il racconto inoltre è scritto a più mani da persone di diversa provenienza, formazione, funzione: a teatrologi come Ferdinando Taviani e Franco Perrelli, con la collaborazione di Fabrizio Cruciani e Nicola Savarese si affiancano da un lato studiosi anche di altre materie (Guido Fink) e uno stretto collaboratore di Luca Ronconi in Biennale, Mario Raimondo. E i singoli contributi infine sono montati insieme in un discorso unitario, cadenzato da riflessioni di carattere generale e trasversale.

È in questo senso che la Biennale Teatro del ’75 diretta da Luca Ronconi non certifica solo il mutamento in corso nel Nuovo Teatro di quegli anni, ma testimonia anche le altrettanto radicali trasformazioni che questo nuovo corso delle arti sceniche – con l’investimento inedito sulla dimensione del laboratorio, sui processi creativi, sul tentativo di provare forme di relazione diverse con il pubblico – sembra aver richiesto con forza alla critica. Interrogando, mettendo in crisi e in discussione non solo il modo di fare teatro, ma anche di osservarlo, analizzarlo, raccontarlo: ponendo domande che hanno influenzato tutto il secondo Novecento – e che risuonano forti ancora oggi nella loro validità – sul senso stesso del teatro e anche della critica.

Roberta Ferraresi

Rassegna stampa 2015 #2: speciale Luca Ronconi

Se siete viaggiatori nel tempo circolare, potrete ritornare all’Albergo Infinito, altrimenti, seguendo il tempo lineare, si ritorna a casa“.
da Infinities, per la regia di Luca Ronconi

*****

La redazione del Tamburo di Kattrin ha realizzato uno speciale della rassegna stampa del web per rendere un omaggio e un saluto a Luca Ronconi, maestro della regia e riferimento del teatro che se n’è andato il 21 febbraio 2015.

Gli articoli segnalati coinvolgono unicamente gli ultimi spettacoli prodotti, cioè quelli presenti nel nostro archivio della Rassegna stampa (online dal 2011). Ogni spettacolo è accompagnato da ulteriori materiali: rassegna stampa cartacea disponibile su web, interviste e approfondimenti, un video dell’allestimento e dal link alla rispettiva scheda al Database degli spettacoli italiani, sorta di “Patalogo web” disponibile su Ateatro.it (e curato nel 2014 dal Tamburo) che cataloga tutte le produzioni della stagione in occasione del Premio Ubu.

Per un approfondimento più articolato e complesso dell’intero percorso di Ronconi, rimandiamo volentieri al sito www.lucaronconi.it, progetto del Centro Teatrale Santacristina e di Ateatro.

ARTICOLI DAL 21 FEBBRAIO 2015
L’eredità di Luca. Cosa lascia Ronconi al teatro di Oliviero Ponte Di Pino Ateatro
Addio Luca Ronconi, maestro di utopia di Massimo Marino Doppiozero
Luca Ronconi morto: ha rivoluzionato il teatro italiano. Ultimo spettacolo “Lehman Trilogy” di Camilla Tagliabue Il Fatto Quotidiano
In morte di Luca Ronconi, l’uomo che ha inventato la regia teatrale di Andrea Porcheddu Gli Stati Generali
Tutto quello che ci lascia Luca Ronconi di Graziano Graziani Internazionale
Luca i’vorrei… Ronconi, ultimo grande di una stagione irripetibile. Cosa resta? di Renzo Francabdandera PAC – Paneacquaculture
È morto Luca Ronconi, innovatore del Teatro amato in tutto il mondo di Anna Bandettini Post Teatro – Repubblica.it
Luca Ronconi, il suo ricordo nelle Marche di Carlotta Tringali Abracadamat

LEHMAN TRILOGY di Stefano Massini
debutto 29 gennaio 2015 – Piccolo Teatro di Milano

Lehman Trilogy, magistrale storia di un crollo di Maria Grazia Gregori Del Teatro
Lehman Trilogy. Conversazione con Stefano Massini di Massimo Marino Doppiozero
Mito e caduta dei Lehman Brothers di Maddalena Giovannelli Doppiozero
I Lehman di Massini e Ronconi: della sapienza e dell’arte di apprendere di Renzo Francabandera Krapp’s Last Post
Lehman Trilogy, il funerale del capitalismo di Nicola Arrigoni PAC – Paneacqua Culture
Lehman Trilogy di Maurizio Maravigna Persinsala
Lehman Trilogy, Parte seconda: Padri e figli – Piccolo Teatro Grassi (Milano) di Ilaria Guidantoni SaltinAria
Lehman Trilogy, Parte prima: Tre fratelli – Piccolo Teatro Grassi (Milano) di Emanuela Mugliarisi SaltinAria
“Lehman Trilogy”, non kolossal ma saga senza fronzoli di Egle Santolini La Stampa
Lehman Trilogy: crolla quel mondo fatto di soli uomini di Andrea Pocosgnich Teatro e Critica
Lehman Trilogy di Roberto Mazzone Teatro.it
PER APPROFONDIRE
>>> Rassegna stampa Piccolo Teatro di Milano
>>> Lehman Trilogy: la perdita della tradizione – Il Teatro di Radio3

Celestina laggiù vicino alle concerie in riva al fiume di Michel Garneau
debutto 30 gennaio 2014 – Piccolo Teatro di Milano

Il “buon teatro”: su Celestina e I pilastri della società di Laura Bevione Amandaviewontheatre
Maria Paiato, la Celestina di Laura Mariani Ateatro
La commedia nera di Celestina di Massimo Marino Controscene – CorrierediBologna.it
L’erotismo nero di Celestina di Maddalena Giovannelli Doppiozero
La Celestina di Ronconi: sì e no. Due giudizi a confronto di Mario Bianchi Krapp’s Last Post
Celestina, il Cinquecento si addice a Ronconi di Gianfranco Capitta Il Manifesto
Celestina (di Michel Garneau), regia di Luca Ronconi di Mattia Palma Potato Pie Bad Business
Celestina laggiù vicino alle concerie in riva al fiume – regia di Luca Ronconi di Nicola Arrigoni Sipario
Celestina di Corrado Rovida Stratagemmi
PER APPROFONDIRE dal sito Lucaronconi.it
>>> L’intervista a Luca Ronconi dal programma di sala
>>> La galleria fotografica dello spettacolo
>>> La rassegna stampa
PORNOGRAFIA di Witold Gombrowicz
debutto 6 luglio 2013 – Festival dei Due Mondi, Spoleto

Un raffinato e perverso gioco intellettual-teatrale: su Pornografia di Gombrowicz-Ronconi di Laura Bevione Amandaviewontheatre
Luca Ronconi. Tra pornografia e sensualità metafisica di Anna Di Cocco Artribune
Pornografia regia di Luca Ronconi di Valentina De Simone Che teatro fa – Repubblica.it
Pornografia di Rodolfo Di Giammarco Che teatro fa – Repubblica.it
Pornografia, regia di Luca Ronconi di Daria D. Corriere dello Spettacolo
Pornografia di Maria Grazia Gregori Del Teatro
Ronconi e Gombrowicz complici pornografi dell’anima al Piccolo di Francesca Motta Domenica-IlSole24ore.com
Pornografia, a Spoleto Ronconi teatralizza il romanzo di Gombrowicz di Giuseppe Distefano Domenica-IlSole24Ore.com
Ronconi: le voci di fuori di Mario Barenghi Doppiozero
Ronconi: la pornografia amara della vita e del teatro di Andrea Porcheddu L’onesto Jago – Linkiesta.it
Pornografia, di Luca Ronconi (al Piccolo Teatro Grassi) di Mattia Palma Potato Pie Bad Business
Spoleto56: Ronconi con “Pornografia” mostra un altro mondo narrativo di Anna Pozzali Recensito
Grande teatro con le regie di Luca Ronconi, Robert Wilson, Peter Stein di Ettore Zocaro Sipario
“Pornografia” di Gombrowicz secondo Luca Ronconi: di scandaloso c’è solo la perversione dei vecchi di Paolo Paganini Lo Spettacoliere
Gombrowicz con vista. Il romanzo (teatrale) di Luca Ronconi di Roberta Ferraresi Il Tamburo di Kattrin
Pornografia. Ronconi e la letteratura di Gombrowicz di Sergio Lo Gatto Teatro e Critica
PER APPROFONDIRE dal sito Lucaronconi.it
>>> Una selezione della rassegna stampa
>>> La nota di Francesco Cataluccio sul testo
IL PANICO di Rafael Spregelburd
debutto 15 gennaio 2013 – Piccolo Teatro di Milano

Ronconi e il panico di chi si sottomette di Stefano Castelli Artribune
In scena i territori della vita e della morte. Due conversazioni con Luca Ronconi a proposito del Panico di Rafael Spregelburd (intervista) di Oliviero Ponte di Pino Ateatro
Il folle mondo in bilico di Spregelburd e Ronconi conquista il Piccolo di Francesco Motta Domenica – ilSole24Ore.com
La verità è senza parole di Renato Palazzi Domenica – ilSole24Ore.com
Il Panico di Ronconi di Massimo Marino Doppiozero
Rafael Spregelburd incontra Luca Ronconi (intervista) di Valentina Gamma Dramma
Il Panico. Ritratto ronconiano sul terrore di vivere di Martina Melandri Krapp’s Last Post
Sette riflessioni critiche per “Il Panico” diretto da Luca Ronconi di Andrea Porcheddu L’onesto Jago – Linkiesta.it
Il Panico di Renzo Francabandera PAC – Paneacquaculture
Il Panico di Spregelburd: al Piccolo il nuovo Ronconi di Francesca Gambarini Teatro e Critica
PER APPROFONDIRE
>>> Il panico dei vivi secondo Ronconi da Piccolo WebTV
>>> Rassegna stampa del Piccolo Teatro
IN CERCA D’AUTORE. STUDIO SUI “SEI PERSONAGGI” DI LUIGI PIRANDELLO
diretto da Luca Ronconi con gli attori diplomati all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica “Silvio d’Amico”
debutto 7 luglio 2012 – Festival dei Due Mondi, Spoleto
studio_seipersonaggi
I sei personaggi di Ronconi e dell’Accademia di Rodolfo di Giammarco Che teatro fa – Repubblica.it
In cerca d’autore. Studio sui “sei personaggi” di Valentina De Simone Che teatro fa – Repubblica.it
In cerca d’autore. Studio sui “sei personaggi” di Rossella Porcheddu Che teatro fa – Repubblica.it
“In cerca d’autore”: Pirandello nel saggio scolastico firmato Ronconi di Andrea Ozza Critical Minds
Macché finzione, realtà signori, realtà… In cerca d’autore. Studio sui “Sei personaggi” diretto da Luca Ronconi di Mario Di Calo Corriere dello Spettacolo
Ronconi in cerca d’autore, mischiando finzione e realtà di Giacomo D’Alelio Krapp’s Last Post
Nella caverna della mente: Ronconi rilegge Pirandello all’insegna di Matrix di Laura Novelli PAC – Paneacquaculture
Luca Ronconi In cerca d’autore: risorgimento dell’arcipelago pirandelliano di Marianna Masselli Teatro e Critica
PER APPROFONDIRE dal sito Lucaronconi.it
>>> L’intervista a Luca Ronconi dal programma di sala
>>> La rassegna stampa
SANTA GIOVANNA DEI MACELLI di Bertolt Brecht
debutto 28 febbraio 2012 – Piccolo Teatro di Milano

E se Brecht e Beckett si dessero la mano? Una intervista a Luca Ronconi, in anteprima dal programma di sala di “Santa Giovanna del Macelli” di Bertolt Brecht, in scena al Piccolo Teatro di Oliviero Ponte di Pino Ateatro
“Santa Giovanna dei Macelli”. Il primo connubio Ronconi – Brecht funziona al meglio! di Stefano Duranti Poccetti Corriere dello Spettacolo
Santa Giovanna dei segni di Massimo Marino Doppiozero
Ronconi e la compattezza del cristallo di Renzo Francabandera Paneacqua
Santa Giovanna dei Macelli: in scena gli allievi della scuola di teatro del Piccolo. Intervista a Gilberto Giuliani di Camilla Lietti Stratagemmi
“Santa Giovanna dei macelli” ronconianamente brechtiana di Wanda Castelnuovo Teatro.org
LA MODESTIA di Rafael Spregelburd
debutto 24 giugno 2011 – Festival dei Due Mondi, Spoleto

Un imbroglione con un senso etico fortissimo. Un’intervista a Luca Ronconi sul teatro di Rafael Spregelburd dopo il debutto della Modestia di Oliviero Ponte di Pino Ateatro
La Modestia di Valentina De Simone Che teatro che fa – Repubblica.it
La complessa modestia di Spregelburd nello sguardo di Ronconi di Marco Menini Krapp’s Last Post
La vita modesta di Ronconi-Spregelburd di Bruna Monaco PAC – Paneacquaculture
La modestia di Mariacristina Bertacca Persinsala
“La Modestia” secondo Spregelburd e Ronconi è la mediocrità che sacrifica il talento di Vera Santillo Recensito
La modestia di Spregelburd: al Piccolo Ronconi non brilla per emozioni di Francesca Gambarini Teatro e Critica
PER APPROFONDIRE dal sito Lucaronconi.it
>>> La rassegna stampa