recensione ammaliata

Superstizioni danzate

Recensione a AmmaliataCompagnia Divano Occidentale Orientale

Ammaliata

Ammaliata

Alcune credenze arcaiche e lontane persistono e ancora percorrono la società contemporanea. Superstizione e tradizione trovano spazio nella quotidianità della gente comune: quando un gatto nero attraversa la strada i più superstiziosi aspettano ancora che passi qualcun altro e quando fanno cadere il sale ne gettano tre pizzichi dietro le spalle. Tutti piccoli accorgimenti che si prendono quasi inconsapevolmente senza sapere veramente chi ce li ha insegnati, senza conoscerne la provenienza. A volte non sappiamo nemmeno perché questi accadimenti “portino male” o quale sia il motivo di tale supposizione. Una volta ci volevano sette anni di lavoro da cameriera per pagare uno specchio rotto al padrone: gli scongiuri non servivano a molto.

Tre donne, un canto, una danza. Elementi fondamentali del rito. Proprio intorno al rituale dello scongiuro ruota Ammaliata messo in scena da Giuseppe Bonifati insieme alla Compagnia Divano Occidentale Orientale. «Ammaliata è l’appellativo col quale viene designata una persona che è stata colta dal fascino a motivo della sua avvenenza o semplicemente per invidia». La giovane compagnia locale propone uno spettacolo concerto per tre voci, un vero e proprio campionario di dialetti e rituali meridionali si mescolano al camdoblé e alle assonanze della musica brasiliana.

Ammaliata

Tre attori recitano nei panni di tre vecchie, due comari e una magara che danzando e cantando al ritmo della tammurriata scongiurano il malocchio e benedicono l’amore di due giovani del paese. Il lavoro di Bonifati è divertente quanto accurato, la contaminazione di generi musicali, riti e danze diverse rende lo spettacolo omogeneo e caratteristico al contempo. Samba e taranta si alternano ai balli dei dervisci nordafricani. I canti tradizionali accompagnati dal bravissimo percussionista Antonio Merola, si alternano a un testo quasi completamente in versi.  Intonato al ritmo, il testo si muove tra nenia, lamento e un rap supportato dalla rima baciata – divertente ma a lungo cacofonica. Buona la performance degli attori, soprattutto Luigi Tabita nell’interpretazione della magara dallo sguardo penetrante.  La scelta di dare a tre uomini personaggi femminili accentua la parodia di una pièce che nasconde una profonda ricerca antropologica. Una compagnia giovane che merita sicuramente di crescere e approfondire il proprio lavoro.

Visto a Primavera dei Teatri, Castrovillari

Camilla Toso