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La regia di Bieito si perde nella nebbia

Recensione a Desaparecer – di Calixto Bieito

Forte curiosità e alte aspettative per lo spagnolo Calixto Bieito, raramente presente su territorio nazionale: finalmente in Italia era possibile vedere uno tra i più intriganti Maestri dell’arte performativa, descritto come ‘il regista dello scandalo’ o il ‘Quentin Tarantino del teatro’ dalla duplice natura, acclamato sui palcoscenici internazionali per le sue regie liriche e noto per l’anima ribelle volta alla prosa. Come perdersi quello che si credeva potesse essere il rivoluzionario Desaparecer?

Presentato al Teatro Goldoni di Venezia durante la 41. edizione del Festival Internazionale del Teatro, il “poema per due voci perse nella nebbia”, come da sottotitolo, di scalpore non ne solleva; la sensazione più profusa è quella di essere al posto sbagliato, di fronte a un recital di stampo classicheggiante, ben interpretato, cantato, musicato e semplicemente costruito, secondo una struttura lineare di prosa, poesia, canzone e racconto. Le due presenze in scena, una donna e un uomo mai in dialogo tra loro – a cominciare dalla scelta di due lingue non comunicanti quali l’inglese per lei e lo spagnolo per lui – richiamano in modalità differenti i pensieri del solitario passeggiatore, vicino all’orlo del precipizio, Robert Walser, con il racconto horror de Il gatto nero e la poesia Il corvo di Edgar Allan Poe.

Maika Makovski, che ricorda a tratti Tori Amos e in altri PJ Harvey, dà prova di essere una bravissima compositrice seduta al pianoforte e davanti al microfono, ma ha una debole presenza scenica quando lascia lo strumento per vagare sul palco; il celebre attore Juan Echanove sembra invece vestire i panni troppo stretti di un rigido cantante lirico: piuttosto che muoversi, se ne sta per la maggior parte del tempo immobile, troppo concentrato a impostare i suoi monologhi, come fossero partiture musicali. L’impressione è che a mancare sia proprio la regia: i due protagonisti si annullano nel vuoto rarefatto dell’ambientazione, non giustificando le loro posizioni all’interno di questo spazio sospeso, che ricorda l’interno di un piano-bar di una nave.
Lo spettacolo si perde – non solo letteralmente – in un mare di nebbia. Forse il suo aspetto più fascinoso e interessante è proprio quello di far sentire lo stesso pubblico naufragato in un luogo non tangibile, sospeso nel magma bianco che lo assorbe completamente sin dall’inizio, suscitando dei risolini curiosi. Una pseudo-allegria che viene meno quando, dal nulla, proviene una voce, quella di Echanove, che necessita di sovratitoli per essere compresa (per quanti non capiscono lo spagnolo ovviamente); si alza la testa alla ricerca disperata di una traduzione, ma si rimane a bocca asciutta per buona parte di Desaparecer: anche le scritte proiettate sono impossibili da vedere per il troppo fumo che appanna la vista. A questo punto non rimane altro che far galoppare la fantasia dello spettatore, facile per le anime romantiche presenti in sala; ma a metà spettacolo, quando l’attore racconta il processo che l’ha portato a uccidere la moglie con un’accetta, l’immaginazione inizia a incespicare e la nebbia che invade il teatro sembra piuttosto diventare un gas soporifero.

Bieito consegna a questa Biennale uno spettacolo ingessato e ingabbiato in un teatro che ricorda più una lirica di retroguardia. Un recital ben confezionato, con una musica che strizza l’occhio allo spettatore, e che ottiene, nonostante tutto, diversi consensi da chi ha un’alta capacità di sognare e lasciarsi sommergere dall’astrazione.

Visto al 41. Festival Internazionale del Teatro, Venezia

Carlotta Tringali

Questo contenuto è parte del quotidiano “L’Ottavo Peccato”, e della sua versione web, per il 41. Festival Internazionale del Teatro alla Biennale di Venezia.