Recensione a La Cosa 1 – Teatro Sotterraneo
Immobilità: una cosa sciocca. Più che sciocca, improbabile. Unica possibilità? Correre. Senza sapere dove si va, senza fermarsi un attimo a pensare. Semplicemente fare. La Cosa 1: una corsa, un fare, un procedere. Puro svuotamento di azioni e nessun sentimento, riflesso nel palco vuoto, senza alcuna scenografia. Il giovane gruppo Teatro Sotterraneo porta in scena un’energia folle, una frenetica esistenza fatta di un fare malato, disperato, esasperato: un fare che spesso non porta ad alcuna conclusione. Solo alla considerazione che devi correre. E per farlo devi essere ben attrezzato. Lo richiede la stessa sopravvivenza.
Il corpo dei quattro performer Iacopo Braca, Sara Bonaventura, Matteo Ceccarelli e Claudio Cirri vive una sofferenza, si ferma per pochi secondi: piccoli quadri, sketch di brevi episodi della propria vita, veri o inventati; situazioni. Il montaggio è serrato: Matteo sciorina al pubblico le violenze subite da tutti i suoi parenti, un mega pupazzo azzurro è sommerso di domande personali a cui non tenta neanche di rispondere, in una tenda da campeggio viene data una festa, su una panchina si susseguono dichiarazioni d’amore. Non si ha un vero discorso da fare: è una drammaturgia di azioni, non ci sono personaggi fittizzi, i performer si chiamano con i loro stessi nomi. Sono. E ancora situazioni: si regala una canzone romantica a cui si affidano i propri sentimenti. Forse anche essi vuoti. L’alternativa è scrivere una lettera. Inconcludente. O parlare in lingua giapponese. Incomprensibile. Non c’è tempo per soffermarsi troppo su quello che succede. Alle cose non si arriva preparati. Accadono. Passano.
Teatro Sotterraneo, fresco del Premio Ubu Speciale 2009, usa un linguaggio divertente, coinvolge il pubblico chiedendo dei numeri casuali che avranno poi delle conseguenze, una volta tradotti dai performer in azioni – schiaffi, baci, conti alla rovescia –: è il fare alla sua ennesima potenza. Daniele Villa, dramaturg di questo geniale collettivo teatrale, spinge il testo all’estremo, con situazioni al limite del paradossale; ma lo fa con un’intelligenza sottile che fa sorridere e che nasconde tutta la verità – e assurdità – del nostro vivere quotidiano.
Dopo essersi fermati per un’ora a teatro si esce e si ricomincia a correre, cercando di recuperare un tempo che però non è andato in questo caso perduto. Magari dopo aver visto questa corsa folle ci si soffermerà di più a vivere e a trattenere delle situazioni, riempiendole di significato, per non lasciarle correre via senza farne rimanere traccia. Dopo tutto: “si vive una volta sola”.
Visto al Teatro Aurora, Marghera
Carlotta Tringali