Raccontare storie, rimanere all’ascolto di vite passate, mondi lontani e personaggi al confine tra realtà e fantasia, viaggiare con la mente e ripercorrere strade dimenticate. Strade che oggi sono molteplici: troppo facile perdersi nel labirinto dei mille frammenti narrativi che si trovano dietro ogni angolo – per lo più del web – grazie alla società multimediale in cui viviamo. La maggior parte delle volte questi racconti sono personali: ognuno ha il proprio spazio in cui parla del suo Io, di ciò che fa; condivide con chi capita sulla sua pagina on line stati d’animo o pensieri in un privato che diventa immediatamente pubblico. Un bisogno di farsi ascoltare o leggere, ma che fa perdere di vista la grande Storia, quello che è accaduto e quello che accade intorno al nostro presente: con un egocentrismo galoppante si ha un disinteresse verso la realtà che ci circonda e solo un crescente bisogno di affermare la propria esistenza e non mettersi più in ascolto. Ma ci sono strade dimenticate e forse in disuso che ancora esistono e sono percorribili, luoghi dove il racconto, le parole hanno una consistenza reale e mostrano come la Storia si affermi in tutta la sua grandezza e nel suo non voler essere dimenticata.
Con Museum. Sale teatrali per un museo mentale, progetto del drammaturgo Renato Carpentieri, la parola è protagonista in sei pièce messe in scena tutte le mattine per ben un mese in uno spazio d’eccezione: la Certosa di San Martino a Napoli. Un museo scrigno non solo di dipinti di valore, statue o stanze affrescate, ma anche di un passato che attraversa circa 700 anni di Storia. Arrivata alla sua dodicesima edizione, Museum ha dislocato questi spettacoli in alcuni tra gli angoli più belli della Certosa, come nel chiostro interno o sulla terrazza con vista sul Golfo di Napoli. E così Charles Darwin, Jusepe de Ribera, Carlo Pisacane e Jean Paul Sartre vengono rievocati in questi spazi nominati per l’occasione con termini che richiamano la stessa materia affrontata. Si ha la Sala degli Innocenti, dove prende vita la drammaturgia di Giuliano Longone ispirata alla storia de La crociata dei bambini tratta da Marcel Schwob e intrecciata a quella di Jukio Mashima Il mare e il tramonto per una regia firmata da Lello Serao; la Sala Sulfurea dove rivive Il diavolo innamorato di Jacques Cazotte, per una drammaturgia sempre scritta da Longone e una regia di Sara Sole Notarbartolo; la Sala della Storia Naturale, un omaggio a Darwin scritto da Amedeo Messina e diretto da Nicola Laieta. Altro tributo di Messina, ma per la regia di Giovanni Del Prete, avviene nella Sala delle Luci e delle Ombre, nei confronti del pittore Ribera, vissuto nel ‘600 e meglio conosciuto come lo Spagnoletto. Sempre di Messina, ma diretto da Stefano Jotti, è alla Sala della Spigolatrice il ricordo di Pisacane: la storia di chi è morto nel 1857 per aver creduto nella liberazione di un popolo in mano ai Borboni si collega strettamente al nostro presente, tanto che la compagnia ha dedicato lo spettacolo ad Angelo Vassallo, il sindaco di Acciaroli – comune del Cilento – ucciso dalla camorra a settembre. Ultima Sala è quella della Melancholia: uno splendido omaggio a Sartre, scritto e diretto da Renato Carpentieri, che attraversa la “nausea” di due personaggi perduti nella loro vuota esistenza.
In molti hanno lavorato, oltre registi e drammaturghi, tra attori, scenografi, costumisti, organizzatori e tecnici: un progetto importante in cui si dovrebbe credere proprio per la sua prerogativa di far sentire il teatro ancora un luogo in cui la memoria viene conservata, condivisa e rievocata; per la capacità di ascolto che queste pièce suscitano; per l’attenzione che il pubblico riversa su Museum, seguito appassionatamente – al punto che molti spettatori sono rimasti addirittura più volte in piedi pur di assistere – per tutta la durata della rassegna. Ma a causa dei tagli finanziari già da quest’anno il numero degli spettacoli è sceso da nove a sei rispetto all’anno precedente e forse quelle tre storie non raccontate oggi andranno perdute. Ma cosa ancor più grave rischia di non ripetersi l’anno prossimo lo stesso progetto: perché far morire Museum? Perché attiva la mente e spinge l’uomo a riflettere? Se il teatro e, in più ampia accezione, quella cultura ormai fanalino di coda del nostro presente sono necessari per far sentire l’uomo un essere pensante e capace di reagire alle aberrazioni, allora l’uomo non ha diritto di esserne privato. Quelle strade in disuso, ma che con fatica sono state costruite in passato, non devono essere distrutte ma ripercorse: sono proprio queste a farci riscoprire zone che avevamo dimenticato, zone che sono necessarie per la nostra esistenza.
Visto a La Certosa di San Martino, Napoli
Carlotta Tringali