Teatro Valle

Quinto giorno di occupazione al Valle

Squilla, squilla il telefono di un’occupazione.
Fin da ieri uno strano cortocircuito s’è insinuato nelle reti telefoniche: al mattino e in diversi momenti, da Andria Michele Sinisi prima, Michele Santeramo poi, entrambi di Teatro Minimo, per far sentire la propria voce m’hanno chiamato per ribadire l’importanza della cronaca per chi è lontano dall’accadere, dopo un paio d’ore torna a vibrare il telefono e la voce è quella di Ermanna Montanari, attrice e co-fondatrice del Teatro delle Albe, quest’anno direttrice del Festival di Santarcangelo, che ribadisce – ma a me – la sua adesione: tante telefonate per dire una cosa soltanto, dal nord al sud, si sta facendo qualcosa di straordinariamente importante su scala nazionale, perché tale il Teatro Valle è sempre stato: il teatro nazionale della città. Proprio ieri listavo a lutto il mio articolo tricolore (e invito per questo alla lettura di un articolo di Rodolfo Di Giammarco su Repubblica di ieri, con parole di Franco Scaglia di TdR presidente), dichiarando la morte non del teatro che è pura retorica, ma di un’opportunità di discussione che pone in relazione i poteri che gestiscono e gli artisti che fanno, questo perché la grande mancanza di quest’epoca è assolutamente legata agli operatori e ai critici, ossia i mediatori culturali: si richiede si facciano scuole per tecnici, formazione di artisti, io chiedo a voce alta scuole di operatori, o meglio che a loro sia data l’opportunità di crescere e gestire le risorse, lo dico rispondendo ancora una volta alla querelle tra il “chi” e il “come”: gli uomini scelgono, le norme agli uomini sono soggette, l’etica nel carattere umano va ricercata.

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Quarto giorno di occupazione al Valle

Il giorno della chiarezza. Ieri mi trovavo a ragionare attorno a questa occupazione del Teatro Valle, al suo quarto giorno, chiedendo a voce alta che prima di tutto si parlasse del Valle, il cui destino appare sempre di più come un ago della bilancia di straordinaria efficacia, come gli stessi occupanti dichiarano fin dall’inizio. Finalmente l’assemblea di ieri venerdì si è svolta ricercando proprio un ponte di raccordo fra la protesta e l’opportunità propositiva che ne segue. Ma ancor di più l’assemblea ha finalmente sgomberato il campo da un fraintendimento colossale: il confine fra gestione e autogestione. È stato cioè puntualizzato con forza che gli obiettivi erano e sono quelli di discutere progetto artistico e copertura economica per affrontarlo, partecipare come artisti e cioè utilizzatori finali delle decisioni politiche al nucleo che ne deciderà le sorti, ma non certo proporre una gestione alternativa e naif che si troverebbe a scontrare così tante difficoltà burocratiche oggettive da perdere in consistenza dell’azione.

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