Situazione Critica

Iurilli incontra Bontempelli a Castel dei Mondi

Recensione a (a partire da) Minnie – di  Angela Iurilli

Al Festival Castel dei Mondi non sempre gli spettacoli vengono replicati, ma sempre si sovrappongono creando un puzzle di incastri per il quale pubblico, operatori e critici debbono freneticamente tuffarsi tra i vicoli andriesi per passare da una platea all’altra cercando di non perdere l’incipit di quello o il finale di quell’altro. In questo fitto programma bisogna saper scegliere, puntare sui cavalli giusti. Così nel mio terzo giorno di permanenza ad Andria, perseguendo con ostinazione la strada della curiosità per le esperienze locali – bisogna dirlo, non sempre felicissime – dopo improbabili Erodiadi di teatro-danza, Medee alla ricerca dell’agognato realismo contemporaneo e Libri Cuore dal sapore laboratoriale e giovanilistico, ecco un Bontempelli a cogliere il mio sguardo tra le pagine del programma.

L’ideatrice del lavoro è Angela Iurilli, artista due volte premio Scenario (1993-2005) che rivendica una formazione non accademica ma completata all’insegna della ricerca delle collaborazioni più stimolanti. Il suo curriculum, che dal teatro passa agilmente alla danza contemporanea, somiglia di più alla biografia di un animo cercatore, nomade, che negli anni si è lasciato ispirare da grandi maestri ma anche da incontri quasi fortuiti. Il risultato è l’eclettico percorso di una performer/autrice. La produzione è OrecchiAbili e Kismet Opera con il sostegno proprio di Castel dei Mondi, il testo da cui “partire” è Minnie la Candida di Massimo Bontempelli, scritto nel 1927.

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Castel dei Mondi 2011: visioni pittoriche e narrazioni salentine

Anagoor - foto di Carlo Bragagnolo

Altro giro altra corsa. Con l’autunno ancora lontano e l’estate in forze, si fugge ancora una volta da Roma, capitale afosa degli spiriti assopiti in ostaggio della solita estate romana, o almeno quella degli ultimi tempi. Quella dei Globe Theatre, dei fontanoni, del teatro da cartolina e ostaggio del sussidiario, fuori dal mondo e dal contemporaneo. “Me ne vado via da questa Roma…” cantava Remotti nella sua più famosa lirica, da questa estate tanto romana e poco teatrale in cui due o tre cose le salvi – il Festival del Pigneto, Il Festival Internazionale del Teatro Urbano e naturalmente Short Theatre – ma poco altro. Alcuni sono fuggiti verso il nord di Bassano, altri si sono dati il cambio e proprio dai piedi del Monte Grappa sono scesi ad Andria per accompagnarmi nella visione e nel racconto di questa seconda parte del Festival Castel dei Mondi 2011.
Seconda tranche di un festival che si inserisce perfettamente tra i bianchi e antichi palazzi del centro storico andriese, di una cittadina accogliente negli occhi e nei modi dei suoi abitanti, pulita e funzionante e soprattutto con un pubblico pronto a riempire le platee.

Sarà questo il refrain di una manifestazione guidata per il sesto anno da un direttore artistico, Riccardo Carbutti, arrivato a fine mandato con un futuro incerto per il cambio di colore politico nell’amministrazione comunale.

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Quinto giorno di occupazione al Valle

Squilla, squilla il telefono di un’occupazione.
Fin da ieri uno strano cortocircuito s’è insinuato nelle reti telefoniche: al mattino e in diversi momenti, da Andria Michele Sinisi prima, Michele Santeramo poi, entrambi di Teatro Minimo, per far sentire la propria voce m’hanno chiamato per ribadire l’importanza della cronaca per chi è lontano dall’accadere, dopo un paio d’ore torna a vibrare il telefono e la voce è quella di Ermanna Montanari, attrice e co-fondatrice del Teatro delle Albe, quest’anno direttrice del Festival di Santarcangelo, che ribadisce – ma a me – la sua adesione: tante telefonate per dire una cosa soltanto, dal nord al sud, si sta facendo qualcosa di straordinariamente importante su scala nazionale, perché tale il Teatro Valle è sempre stato: il teatro nazionale della città. Proprio ieri listavo a lutto il mio articolo tricolore (e invito per questo alla lettura di un articolo di Rodolfo Di Giammarco su Repubblica di ieri, con parole di Franco Scaglia di TdR presidente), dichiarando la morte non del teatro che è pura retorica, ma di un’opportunità di discussione che pone in relazione i poteri che gestiscono e gli artisti che fanno, questo perché la grande mancanza di quest’epoca è assolutamente legata agli operatori e ai critici, ossia i mediatori culturali: si richiede si facciano scuole per tecnici, formazione di artisti, io chiedo a voce alta scuole di operatori, o meglio che a loro sia data l’opportunità di crescere e gestire le risorse, lo dico rispondendo ancora una volta alla querelle tra il “chi” e il “come”: gli uomini scelgono, le norme agli uomini sono soggette, l’etica nel carattere umano va ricercata.

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Quarto giorno di occupazione al Valle

Il giorno della chiarezza. Ieri mi trovavo a ragionare attorno a questa occupazione del Teatro Valle, al suo quarto giorno, chiedendo a voce alta che prima di tutto si parlasse del Valle, il cui destino appare sempre di più come un ago della bilancia di straordinaria efficacia, come gli stessi occupanti dichiarano fin dall’inizio. Finalmente l’assemblea di ieri venerdì si è svolta ricercando proprio un ponte di raccordo fra la protesta e l’opportunità propositiva che ne segue. Ma ancor di più l’assemblea ha finalmente sgomberato il campo da un fraintendimento colossale: il confine fra gestione e autogestione. È stato cioè puntualizzato con forza che gli obiettivi erano e sono quelli di discutere progetto artistico e copertura economica per affrontarlo, partecipare come artisti e cioè utilizzatori finali delle decisioni politiche al nucleo che ne deciderà le sorti, ma non certo proporre una gestione alternativa e naif che si troverebbe a scontrare così tante difficoltà burocratiche oggettive da perdere in consistenza dell’azione.

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