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Michele Mele

Questo contenuto fa parte di unLOCKable. Una rassegna stampa corale

 

Ecco le mie proposte di lettura:

Emanuele Coccia, Rovesciare il monachesimo globale (Che Fare)
In questo pezzo di Coccia quello che ho trovato interessante è il tentativo di “smontare” alcune categorie non più utili a identificare un campo di azione chiaro: la casa come paradigma interpretativo, ad esempio.
Il secondo motivo per cui segnalo questo pezzo è il fatto che mi è stato “mandato” da Barbara Boninsegna (direttrice artistica di Centrale Fies); in seguito ad uno scambio privato in cui le chiedevo informazioni su M63, l’orso trentino che ha sconvolto la quiete dei cittadini, Barbara mi ha fatto notare che lui, semplicemente, fa l’orso e poi mi ha mandato questo pezzo.

Perché la storia del cinema è politica, un’intervista con Maurizio Braucci, a cura di Giuliano Battiston (Che Fare)
Maurizio Braucci è uno degli artisti e delle voci a mio avviso più lucide che abbiamo in Italia in questo momento, ed è anche un mio vicino di casa.
La sua proposta di un progetto di alta formazione in ambito cinematografico a Napoli ha riscosso grande attenzione e interesse.
In questa intervista, Maurizio suggerisce agli artisti una posizione in questo momento necessaria: non rivendicare solo azioni economiche che di fatto confermino lo status quo antecedente al virus ma affrontare il problema reale delle forme e ancora di più dei contenuti dell’arte in un’ottica di cambiamento. Come per dire che se ci troviamo in questa situazione è anche perché gli artisti non si sono posti sempre domande che avessero un riscontro ampio e non fossero solo espressione di una ricerca personale.
Andando poi ancora più a fondo Maurizio dice: “La pandemia ci sollecita a ripensare l’arte come azione più collettiva, a riguadagnare una verità della cultura come impresa sociale. L’arte è sempre fatta da operatori sociali, nessuno può pensarsi privo di responsabilità verso la società. Siamo operatori sociali perché attraverso la cultura incidiamo sulla società, che ne siamo consapevoli o meno. Dobbiamo riguadagnare il senso di responsabilità verso il pubblico e verso la società, e dove possibile farlo insieme”.

Emanuele Masi: “I festival estivi saranno atti politici e simbolici”, intervista a cura di Luigi Aruta (Campadidanza)
Emanuele Masi (direttore artistico di Bolzano Danza) è uno degli operatori più lucidi e concreti che io conosca. In questo pezzo quello che trovo interessante è l’attenzione posta sui processi culturali e sulla loro natura ma soprattutto la chiarezza con cui definisce il ruolo dei programmatori. In particolare c’è un passaggio illuminante relativo alla relazione tra politici, artisti e pubblico: “è giusto che gli artisti facciano gli artisti e i politici facciano i politici. Perché un politico che va incontro a un artista non va necessariamente anche incontro al pubblico e alla comunità. Il punto di incontro dobbiamo trovarlo noi, programmatori e professionisti della cultura, che quotidianamente cerchiamo il punto di incontro giusto tra artisti e pubblico, tra artisti e società. Tra domanda e offerta, una mediazione che però mira a portare l’asticella di volta in volta più in alto”.

Michele Mele
11 giugno 2020

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