covid selezione articoli

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Virginia Sommadossi

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Nel corso del lockdown tante sono state le letture che ci hanno accompagnato, oltre a libri e saggi, anche piattaforme online. Come “Che Fare” e “Thomas Project” che hanno selezionato, scelto e spinto a letture che oseremmo dire salvifiche per complessità, tematiche e paure che abbiamo cominciato a praticare tre mesi fa.

Una in particolare, da “Che Fare”, di Emanuele Coccia, col quale collaboriamo dal primo anno di Supercontinent e nel quale lavoro ci siamo visti riflessi sin dall’inizio; Emanuele è da qualche bel tempo un compagno di viaggio ma soprattutto una guida esperta e spericolata in questo incedere collettivo verso il futuro.

Emanuele Coccia, Rovesciare il monachesimo globale (Che Fare)

 

Virginia Sommadossi
Responsabile Comunicazione e identità visiva Centrale Fies
23 giugno 2020

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Stratagemmi

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Abbiamo scelto tre contenuti che attraversano questo momento storico da altrettanti punti di vista per noi centrali.

Il teatro ripensato come oggetto artistico transmediale: a partire dai progetti digital-performativi che hanno accompagnato gli spettatori in questi mesi di quarantena, Giovanni Boccia Artieri e Laura Gemini individuano diversi e inediti livelli di liveness, per immaginare e ridisegnare gli scenari online e offline del prossimo futuro del teatro.
Stefano Laffi decostruisce la retorica dei piccoli e confortevoli paradisi domestici di #iorestoacasa, strappando il velo delle disuguaglianze sociali, anagrafiche, di classe.
Infine, uno sguardo che dalla città porta alla casa e viceversa, per aprire la riflessione a un nuovo modo di vivere i nostri spazi e i nostri sistemi sociali e politici: per considerare, dalla dimensione domestica a quella urbana, le priorità di vita dell’uomo ma non solo, in un sistema ecologico che richiede orizzonti sempre più ampi.

Giovanni Boccia Artieri e Laura Gemini, Per un live di corpi a distanza (Doppiozero)

Stefano Laffi, Il teorema della ‘casa-mondo’ dimostra che la quarantena non è uguale per tutti (Che Fare)

Emanuele Coccia, Rovesciare il monachesimo globale (Che Fare)

 

Stratagemmi Prospettive Teatrali
12 giugno 2020

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Massimo Marino

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Cosa consigliare degli articoli usciti durante la pandemia? La mia rivista, “doppiozero.com” si è molto impegnata nello forzo di analizzare, discutere, capire, e ha perfino pubblicato un e-book gratuito con alcuni dei contributi usciti nella primissima fase: doppiozero.com/materiali/i-tempi-del-virus

Segnalo inoltre, sempre da “doppiozero.com”, due articoli di riflessione generale e tre riguardanti il teatro:
Il primo è un’intervento dello psicanalista Luigi Zoja, che analizza i portati paranoici della pandemia: doppiozero.com/materiali/paranoia-e-virus

Il secondo è una riflessione del filosofo Rocco Ronchi sull’irruzione dell’evento, pubblicato a pochissimo dalla chiusura totale dell’Italia, l’8 marzo, Le virtù del virus

I pezzi teatrali sono innanzitutto un’intervista in forma di lessico sui giorni della clausura fatta a Emma Dante. Siamo al 27 marzo: doppiozero.com/materiali/emma-dante-lessico-dei-giorni-di-crisi

Poi, tra i tanti articoli che cercano di ipotizzare necessità e strade per una ripresa del teatro, segnalo questo (e siamo alla fine di aprile): doppiozero.com/materiali/il-teatro-di-domani

Per concludere con una disamina del regista Massimiliano Civica su quella che potrebbe essere la situazione economica e produttiva della ripresa, con moltissimi caratteri di crisi:
doppiozero.com/materiali/il-teatro-delle-contraddizioni

 

Massimo Marino
11 giugno 2020

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Enrico Bettinello

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Sono andato a riguardare alcuni articoli letti durante questi mesi strani e tra i tanti che mi hanno interessato segnalo questo che è in realtà un ebook, ma si legge veloce. Lo ha pubblicato e reso disponibile gratuitamente la casa editrice nottetempo e si intitola Dopo il turismo. Lo ha scritto Lucia Tozzi e trovo che sia davvero una riflessione preziosa, sincera e senza quella mezze accondiscendenze che a volte anche ottimi spunti sull’argomento si concedono più o meno consciamente.
Per chi, come me, è di Venezia e sta assistendo a come la pandemia ha messo in luce le fragilità di questa monocultura, si tratta di un testo più che prezioso, ma credo possa far pensare anche chi magari non vive in città schiacciate dal turismo e però qualche domanda se la fa comunque.

Dopo il turismo, Lucia Tozzi (Semi/nottetempo)

Enrico Bettinello
7 giugno 2020

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Maurizio Busìa

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Presente remoto

Spesso ci troviamo a ricercare tra le righe di un saggio, di un articolo o di un libro dei punti di riferimento, magari delle certezze. In questo saggio di Pier Aldo Rovatti mi sono reso conto che ciò di cui personalmente avevo necessità era un tono, un registro, un atteggiamento attento e sensibile, privo di troppe certezze, forte della fragilità del momento che abbiamo attraversato e stiamo ancora vivendo. Quello di Rovatti è un diario filosofico realizzato nel periodo del lockdown che credo rappresenti uno strumento utile per ritornare sui nostri passi, nel momento in cui, come era forse prevedibile, cerchiamo di andare oltre, dimenticando quel che ci eravamo ripromessi.

Pier Aldo Rovatti, In virus veritas (il Saggiatore)

Il file è scaricabile in formato epub, convertibile gratuitamente in pdf da siti come Zamzar.

 

Maurizio Busìa
codirettore Festival Fabbrica Europa
20 giugno 2020

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Sotterraneo

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Suggeriamo un articolo di Wu Ming 1 sul rapporto fra Covid e Teorie del Complotto. È un articolo denso, che a sua volta rimanda ad altri interventi di Wu Ming sui mesi di lockdown e che include anche l’audio con slide di alcune lezioni universitarie tenute da Wu Ming 1. Lo segnaliamo perché secondo noi tocca una serie di conflitti e nodi di senso che riguardano questi mesi ma anche il nostro tempo in genere: competenza vs. rumore di fondo, pensiero critico vs. falsa percezione di realtà, narrazioni collettive e senso della catastrofe, spinte antidemocratiche e ecologia del dibattito pubblico.

Wu Ming 1, Coronavirus e teorie del complotto. Un vademecum e una lezione su #QAnon (Giap)

Sotterraneo
11 giugno 2020

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Daria Balducelli

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C’è stato un ascolto che durante le notti di quarantena ha radicalmente invertito la rotta dei mie pensieri, che ha annidato qualcosa sotto pelle e da lì ha iniziato un processo di combustione.
Non saprei come descrivere quello stato, un sentire e un esserci che sicuramente era reso possibile dai giorni di quarantena e da tutte quelle notti passate ad ascoltare la radio.
Ho provato a scrivere qualcosa al riguardo ma non ci riesco, allora ricopio qui degli appunti inviati all’autore di questo brano incredibile..

 

“Caro Attilio, ho finito ora di ascoltarti, che dire è stato un ascolto così diverso da tutte le altre cose che ho ascoltato fino ad ora.
Così diverso, e così segreto, che mi sembra quasi che tu lo abbia confidato solo a pochi. Anzi solo a me.
Quando ero una bambina intrecciavo le mie braccia tra le spalle e il collo di mio padre mentre lui guidava. Cantavamo, o meglio, lui cantava e io lo seguivo, “Sapore di mare” e io ero sicura che fosse una canzone scritta da lui e dedicata solo a me. Solo per me. Anni dopo scoprii la verità noiosa, e decenni e decenni dopo Virzì me la distrusse con il film “La pazza gioia” dove mi pare che la protagonista racconti un ricordo identico al mio, o più o meno lo stesso.
Ma perché ti dico tutto questo? Perché oggi con Paganelli si parlava di pensieri che hanno la consistenza dei sentimenti, e che se un pensiero nasce da un sentimento grande è normale che sia sentito allo stesso modo da persone che hanno abitato quei “luoghi” sentimentali.
E insomma — al di là delle mie digressioni e dei miei salti nel vuoto, volevo solo scriverti che per un’ora ho pensato che ti rivolgessi solo a me, che anche tu sapessi che la pandemia è arrivata per acquietare il tempo, per alzare la pelle di ognuno di noi, (che paradosso eh?), e che in quel giardino -visti dall’alto- c’erano con te e Daria, Artaud, Camus, Char, Celan, tua sorella, tua madre e tutti i vivi così vivi da affollare i rami delle piante.
Insomma volevo solo dire che a volte sembra che le nostre vite private abbiano delle risonanze strane e apocalittiche, ma l’ho detto malissimo prima e ancora di più ora.”

EXTRA: Giornale di Attilio Scarpellini (Radio India)

 

Daria Balducelli
26 giugno 2020

 

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Alessandro Iachino

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Alain Badiou, Sulla situazione epidemica (Filosofia in movimento)

«Queste dichiarazioni perentorie, questi appelli patetici, queste accuse enfatiche»: sarebbe sufficiente la tagliente efficacia con cui sintetizza l’iperproduzione di contenuti diffusi durante il lockdown, per annoverare il breve saggio di Alain Badiou tra le letture più illuminanti sull’era Covid-19.

Pubblicato in italiano il 23 marzo da Filosofia in movimento nella traduzione di Paolo Quintili, poi ripreso dal Rasoio di Occam e da Doppiozero, l’articolo di Badiou, pur dedicando ampio spazio alla specificità francese e alle modalità con cui la presidenza Macron ha affrontato la pandemia, getta uno sguardo universale sulle dinamiche che l’emergenza ha innescato, oltre a proporre significative indicazioni di metodo.

Nel rifiutare qualsiasi analisi che veda nell’epidemia un evento «politicamente innovativo», e al contempo nell’accettare come logica conseguenza della situazione la “bellicizzazione del linguaggio”, Badiou stila un breve manifesto profondamente antiutopico, e tuttavia non rassegnato al modello di sviluppo capitalista e neoliberista. È un testo disincantato e crudo, capace di rifuggire da qualsiasi facile, romantica soluzione che si proponga di risolvere una questione – o meglio, un grumo di questioni storico-politiche, sociali, economiche, finanche culturali – sistemica, e in quanto tale non affrontabile se non attraverso un esercizio di lucidità descrittiva. Il soggetto disegnato da Badiou misura la propria azione sulle «verità controllabili dalla scienza» e sulle «prospettive fondate di una nuova politica»: e il punto di fuga di queste linee prospettiche, lungi dall’essere un orizzonte astratto, è frutto di «esperienze concrete», di «scopi strategici», e di una «critica serrata» all’infodemia che annega ogni acribia di sguardo e testimonianza in un indistinto e incontrollato rumore.

Alessandro Iachino
10 giugno 2020

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Michele Mele

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Ecco le mie proposte di lettura:

Emanuele Coccia, Rovesciare il monachesimo globale (Che Fare)
In questo pezzo di Coccia quello che ho trovato interessante è il tentativo di “smontare” alcune categorie non più utili a identificare un campo di azione chiaro: la casa come paradigma interpretativo, ad esempio.
Il secondo motivo per cui segnalo questo pezzo è il fatto che mi è stato “mandato” da Barbara Boninsegna (direttrice artistica di Centrale Fies); in seguito ad uno scambio privato in cui le chiedevo informazioni su M63, l’orso trentino che ha sconvolto la quiete dei cittadini, Barbara mi ha fatto notare che lui, semplicemente, fa l’orso e poi mi ha mandato questo pezzo.

Perché la storia del cinema è politica, un’intervista con Maurizio Braucci, a cura di Giuliano Battiston (Che Fare)
Maurizio Braucci è uno degli artisti e delle voci a mio avviso più lucide che abbiamo in Italia in questo momento, ed è anche un mio vicino di casa.
La sua proposta di un progetto di alta formazione in ambito cinematografico a Napoli ha riscosso grande attenzione e interesse.
In questa intervista, Maurizio suggerisce agli artisti una posizione in questo momento necessaria: non rivendicare solo azioni economiche che di fatto confermino lo status quo antecedente al virus ma affrontare il problema reale delle forme e ancora di più dei contenuti dell’arte in un’ottica di cambiamento. Come per dire che se ci troviamo in questa situazione è anche perché gli artisti non si sono posti sempre domande che avessero un riscontro ampio e non fossero solo espressione di una ricerca personale.
Andando poi ancora più a fondo Maurizio dice: “La pandemia ci sollecita a ripensare l’arte come azione più collettiva, a riguadagnare una verità della cultura come impresa sociale. L’arte è sempre fatta da operatori sociali, nessuno può pensarsi privo di responsabilità verso la società. Siamo operatori sociali perché attraverso la cultura incidiamo sulla società, che ne siamo consapevoli o meno. Dobbiamo riguadagnare il senso di responsabilità verso il pubblico e verso la società, e dove possibile farlo insieme”.

Emanuele Masi: “I festival estivi saranno atti politici e simbolici”, intervista a cura di Luigi Aruta (Campadidanza)
Emanuele Masi (direttore artistico di Bolzano Danza) è uno degli operatori più lucidi e concreti che io conosca. In questo pezzo quello che trovo interessante è l’attenzione posta sui processi culturali e sulla loro natura ma soprattutto la chiarezza con cui definisce il ruolo dei programmatori. In particolare c’è un passaggio illuminante relativo alla relazione tra politici, artisti e pubblico: “è giusto che gli artisti facciano gli artisti e i politici facciano i politici. Perché un politico che va incontro a un artista non va necessariamente anche incontro al pubblico e alla comunità. Il punto di incontro dobbiamo trovarlo noi, programmatori e professionisti della cultura, che quotidianamente cerchiamo il punto di incontro giusto tra artisti e pubblico, tra artisti e società. Tra domanda e offerta, una mediazione che però mira a portare l’asticella di volta in volta più in alto”.

Michele Mele
11 giugno 2020

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Dario De Luca

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Immagino abbiate letto o abbiate ricevuto la lettera di Grossman che la Repubblica ha pubblicato sul finire di marzo, e che credo meriti di essere letta e sulla quale riflettere, anche alla luce della nostra ripartenza e delle ripartenze degli altri Stati nel mondo.

Io condivido questi quattro articoli che hanno un filo rosso che li percorre e cioè che in nome del bene abbiamo rinunciato al nostro bene e che questa rinuncia, imposta da uno Stato paternalista e un po’ padrone, ci abbia fatto abdicare ai nostri principi etici e politici; su tutti quello del “compianto ai morti”. La sospensione dei funerali, la solitudine delle esequie, le fosse comuni di New York, le benedizioni di cadaveri con lo smartphone sul torace, i camion dell’esercito piene di bare portate a bruciare chissà dove, sono immagini che non ci lasceranno più. Forse, come dice Agamben, abbiamo oltrepassato la soglia che separa l’umanità dalla barbarie.

In questi articoli c’è questo e, mi sembra, tanto altro, degno di essere riflettuto.

Coronavirus, la lettera di addio del nonno morto nella Rsa: se potessi tornare indietro… (Il Tempo)

Riccardo Manzotti, #iostoacasa: come la paura e la mancanza di ragione uccidono la libertà e la democrazia, (Leoni Blog)

Giorgio Agamben, Una domanda, (Quodlibet.it)

Laura Marchetti, La civiltà è Enea che porta Anchise sulle spalle, (Il Manifesto)

Dario De Luca
Scena Verticale
13 giugno 2020