Recensione di Popstar – Babilonia Teatri
I giovani ed esplosivi Babilonia Teatri abbandonano alcuni elementi caratterizzanti del proprio lavoro per confrontarsi per la prima volta con un testo e una storia. Piuttosto che prendere una tematica, sviscerarla e analizzare in modo irriverente tutto ciò che gira intorno al mondo da loro preso in considerazione – che è per lo più l’universo del Nord Est italiano da cui provengono – Valeria Raimondi, Enrico Castellani e Ilaria Dalle Donne compiono un grande passo, iniziando anche a prendere piccole distanze da uno stile che li ha lanciati. Non sono più in tre a urlare in maniera martellante, all’unisono, rafforzando ciò che viene detto, ma, rappresentando tre diversi personaggi in scena, provano a differenziarli attraverso vari stili del loro parlato. Se Enrico urla sia verbalmente che fisicamente – dato che il suo corpo non riesce a contenere la sua agitazione -, Valeria rigetta tutte le sue parole sul pubblico in modo serratissimo, ma senza gridarlo; l’unica a cambiare quasi totalmente tendenza è Ilaria che, sempre senza alcuna intonazione, sembra recitare una litania: rallenta il ritmo e per questo andrebbe più frequentemente alternata agli interventi degli altri due interpreti.
Il dialetto veneto rimane protagonista del loro parlato, che diventa ancora più ironico e colorito nella sua quotidianità. Assente il linguaggio decostruito e rimontato in maniera divertente e allusiva che era proprio dei lavori precedenti: con Popstar lasciano più spazio alle storie delle tre identità in scena, ciascuna rinchiusa dentro una bara, che raccontano della loro personale realizzazione raggiunta solo nel momento del trapasso. I tre non rappresentano dei personaggi approfonditi: protagonisti del racconto sono tre lettere, A, B e C, ossia una madre che fa volontariato, una figlia depressa e un serialkiller.
Ad unirli un destino grottesco proprio nel momento del passaggio in un aldilà poco consono ai canoni dell’immaginazione classica. Il testo totalmente spersonalizzato acquista un’ennesima potenza reinterpretato dai Babilonia, attraverso l’aiuto drammaturgico anche di Vincenzo Todeschi. I giovani veronesi creano un cortocircuito interno: rendono ancora più anonimi i personaggi, non dandogli spessore, intonazione e immobilizzandoli nella loro gestualità. il testo dei tre defunti diventa con il loro stile, ancora più surreale e straniante, raggiungendo il massimo dell’assurdità quando i tre si gettano sopra il letto di fiori finti, in terra, cantando a squarcia gola la canzone di Laura Pausini, La solitudine. Inserendo il testo irlandese di O’Rowe in un contesto italianissimo come quello del festival di San Remo si apre uno spiraglio verso qualcosa di nuovo per il loro percorso; ma che ancora deve essere rodato per non perdere troppo la carica esplosiva che li ha contraddistinti finora, che qui tende un poco a diminuire per lasciare più spazio alla narrazione della storia.
Visto al Bastione Alicorno, Padova
Carlotta Tringali
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