Un festival dedicato all’incontro. Tra artisti e operatori, innanzitutto. E non soltanto italiani.
La quinta edizione di Luoghi Comuni, festival organizzato da Associazione Être in collaborazione con Residenza Idra, dal titolo Catch the Word!, è stata la dimostrazione di come si possa fare “rete” nell’era 2.0, utilizzando strumenti innovativi (per lo meno in Italia) e sperimentando nuove formule (veri e propri “format”, spesso importati dall’estero) che possano creare quel rapporto privilegiato tra domanda e offerta. Del resto è risaputo tra gli operatori che i migliori festival, a cui è fondamentale partecipare, sono quelli che si propongono come “vetrina” sul nuovo teatro. E se la vetrina diventa interattiva, dinamica e soprattutto facilmente accessibile, la partecipazione è assicurata.
«È stata una bella edizione – spiega Laura Valli, Presidente dell’associazione Être –, con una sua compattezza e un focus molto deciso: le compagnie erano diversissime tra loro, ma tutte hanno compreso su cosa bisognasse concentrare l’attenzione. L’edizione di Bergamo, lo scorso anno, era stata più in grande e di conseguenza aveva riscosso maggiore partecipazione da parte della città. A Brescia, invece, gli spazi erano più piccoli e comunque tutti pieni».
Ad aprire il festival è stato l’evento forse più rappresentativo del “metodo Être”, ospitato nel suggestivo salone dei ricevimenti della Caserma Goito – San Gaetano: lo “speed dating”, sei minuti di faccia a faccia di programmatori vs produttori per un colloquio informale e senza filtri. Un appuntamento, curato da Michele Losi, quest’anno in collaborazione con Interno5, che piace molto, a giudicare dalle iscrizioni, a entrambi i partecipanti (oltre 30 compagnie iscritte e una ventina di enti programmatori) e che a giugno sarà ripreso a Napoli, nell’ambito di E45 Napoli Fringe Festival.
Nuovo appuntamento, dal nome apparentemente inquietante, è stato “Mentor Room”, nato da un’idea di Lene Bang e sperimentato a Copenaghen, nell’ambito di IETM 2012 (International Network for Contemporary Performing Arts): cinque rappresentanti di altrettanti progetti artistici incentrati sulla nuova drammaturgia, si sono confrontati, in un’ora, con un “mentore”, un professionista teatrale che ha offerto loro la propria guida. A far da mentore sono stati in questa prima edizione: Mario Bianchi, Paolo Bonaldi, Carolina De La Calle Casanova, Maria Letizia Compatangelo, Mariano Dammacco, Renato Gabrielli, Michela Marelli, Roberta Nicolai, Donato Nubile, Michele Panella, Roberto Rizzente e Emanuele Valenti.
Aggiunge Laura Valli: «Mi piacerebbe sperimentare, nella prossima edizione, anche un laboratorio artistico all’interno del festival e un focus sulla distribuzione internazionale, visto che il nostro lavoro sull’internazionale cresce sempre di più. Per ora questa è soltanto una mia idea».
Nell’ambito del festival, dedicato quest’anno alla nuova drammaturgia, hanno presentato i loro studi, in forma di mise en espace, nove compagnie lombarde (Animanera, Atir, Araucaìma Teater, Compagnia Babygang, Compagnia Teatrale Dionisi, Nudoecrudo Teatro, Qui e Ora, Teatro Periferico e Sanpapiè).
«Il livello artistico – spiega Laura Valli – si è equilibrato: prima avevamo delle compagnie più mature e altre decisamente acerbe. Sicuramente avere una struttura più solida e una migliore organizzazione aiuta anche a crescere artisticamente. Il fatto di essere un network è per noi fondamentale: poter aiutare le strutture, aggiornare gli organizzatori, mettere continuamente le compagnie alle prova – qualcuno è anche andato in crisi per questo – fa sì che gli stimoli siano illimitati. Molti di noi non sarebbero riusciti ad arrivare a parlare d’Europa senza il network».
Seguita dal pubblico di operatori è stata anche la “lectio magistralis” tenuta da Jean-Marie Besset, direttore del Teatro dei 13 Venti, Centro Nazionale di Drammaturgia Languedoc-Roussillon Montpellier e già vincitore del Grand Prix du Théâtre dell’Académie Française; il convegno sulla nuova drammaturgia ha visto confrontarsi Antonio Rezza e Flavia Mastrella, famosi per “non scrivere” i loro spettacoli, una narratrice come Laura Curino, l’autore e blogger Carlo Garbantini, gli scrittori Paolo Cognetti, già vincitore del Premio Lo Straniero nel 2009, e Francesca Marchegiano.

«C’è stata – spiega Laura Valli – una strana tendenza dei testi a parlare di “adolescenza”, ma senza troppe mire introspettive: esseri piccoli e fragili, che si confrontano con una realtà brutale e violenta. Penso al monologo di Renata Ciaravino messo in scena con Adriana Scommegna o allo studio di Animanera».
Il lavoro simbolo dell’intero festival è stato senza dubbio lo spettacolo in apertura: All that is wrong dei belgi Ontroerend Goed & Laika, visti al festival di Edimburgo, capaci di partire dall’Io e, con consapevolezza e determinazione, coinvolgere tutto il mondo. In scena, la giovanissima Koba Ryckewaert non dice mai una parola: ripresa da una telecamera che proietta sullo sfondo, scrive in terra con un gessetto la parola IO e da lì partono infinite parole, associazioni mentali più o meno logiche, in un crescendo compulsivo e disturbante, fatto di legami e rimandi tra WAR e MONEY, con lo scopo di non dar tregua allo spettatore e coinvolgerlo intellettualmente in un mondo che gli appartiene.
Maddalena Peluso

